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Recidiva e ricorso inammissibile: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata contro la valutazione della recidiva effettuata dalla Corte d’Appello. Il ricorso è stato ritenuto una mera riproposizione di censure già correttamente respinte in secondo grado. La Suprema Corte ha confermato che la motivazione del giudice di merito, basata sulla capacità a delinquere e sulla perdurante inclinazione al delitto desunta dai precedenti, era adeguata e non superficiale, giustificando così l’inammissibilità dell’appello e la condanna alle spese.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La valutazione della recidiva è un momento cruciale nel processo penale, poiché incide direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui è possibile contestare tale valutazione in sede di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: il ricorso non può essere una semplice riproposizione di argomenti già esaminati. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il punto centrale della contestazione riguardava la sussistenza della recidiva, un’aggravante che il giudice di merito aveva ritenuto applicabile. Secondo la difesa, la valutazione della Corte territoriale era errata. La questione è quindi approdata dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, chiamata a verificare la correttezza giuridica della decisione impugnata.

La Decisione della Corte e la Valutazione della Recidiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale decisione risiede nella natura stessa del motivo di ricorso presentato. I giudici supremi hanno rilevato che le argomentazioni della difesa non erano altro che una riproposizione della stessa censura già avanzata in appello, la quale era stata “adeguatamente vagliata e disattesa con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito”.

In sostanza, il ricorso non evidenziava un vizio di legittimità (cioè un errore di diritto o un vizio di motivazione grave), ma si limitava a contestare nel merito una valutazione che rientra nella discrezionalità del giudice, purché adeguatamente motivata. E, nel caso di specie, la motivazione è stata ritenuta più che sufficiente.

Le Motivazioni

La Corte ha sottolineato come il giudice d’appello avesse sviluppato una “pregnante e affatto superficiale valutazione” incentrata sugli aspetti relativi alla capacità a delinquere dell’imputata. Questo è un punto chiave. Il giudice, nell’esercitare il suo potere punitivo, deve calibrare la pena in base al grado di colpevolezza, utilizzando i criteri forniti dall’articolo 133 del codice penale.

In questo contesto, è stato ritenuto pienamente soddisfatto l’onere di motivazione riguardo all’influenza delle precedenti condanne come “fattore criminogeno”. La Corte di merito aveva infatti valorizzato la condotta criminosa dell’imputata come un chiaro indicatore di una “perdurante inclinazione al delitto”. Di conseguenza, la decisione di considerare la recidiva non era arbitraria, ma fondata su un’analisi concreta della personalità e della storia criminale del soggetto. Poiché il ricorso non ha saputo scalfire la logicità e la completezza di tale ragionamento, è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine del giudizio di Cassazione: la Suprema Corte non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma assicurare l’uniforme interpretazione della legge e controllare la logicità della motivazione delle sentenze. Quando un giudice di merito fornisce una motivazione solida e giuridicamente corretta, come nel caso della valutazione della recidiva, un ricorso che si limita a ripetere le stesse obiezioni senza individuare un reale vizio di legittimità è destinato all’inammissibilità. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a monito contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati.

Quando un ricorso in Cassazione sulla recidiva viene dichiarato inammissibile?
Quando si limita a riproporre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, senza sollevare effettivi vizi di legittimità della sentenza impugnata.

Quali criteri deve usare il giudice per motivare l’impatto della recidiva?
Il giudice deve basare la sua valutazione sui criteri dell’art. 133 del codice penale, analizzando la capacità a delinquere dell’imputato e spiegando come le condanne precedenti dimostrino una perdurante inclinazione al delitto, agendo come fattore criminogeno.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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