Recidiva e Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega i Limiti dell’Impugnazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti su due aspetti cruciali del diritto penale e processuale: l’effetto della recidiva sulla prescrizione e i limiti alla riproposizione dei motivi di appello in sede di legittimità. La decisione sottolinea il rigore con cui la Suprema Corte valuta i requisiti per accedere al suo giudizio, sanzionando le impugnazioni meramente ripetitive o basate su argomenti infondati.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Milano per diversi episodi di ricettazione. L’imputato, tramite i suoi legali, si è rivolto alla Corte di Cassazione contestando la sentenza di secondo grado sulla base di diverse argomentazioni. Durante il procedimento, si erano costituite come parti civili anche due note aziende del settore della moda, chiedendo il risarcimento dei danni subiti.
I Motivi del Ricorso: Prescrizione e Reiterazione
I legali dell’imputato hanno articolato il ricorso su due filoni principali:
1. Violazione di legge sulla prescrizione: Un primo motivo sosteneva che i reati di ricettazione fossero ormai prescritti. Secondo la difesa, la recidiva reiterata (una forma aggravata di recidiva per chi commette più volte reati dopo una condanna) non avrebbe dovuto influenzare il termine massimo di prescrizione, ma solo quello minimo. In caso contrario, si sarebbe violato il principio del ne bis in idem, che vieta di essere puniti due volte per la stessa cosa.
2. Vizi di motivazione e questioni già respinte: Un secondo gruppo di motivi lamentava l’illogicità della motivazione della sentenza d’appello, il travisamento dei fatti, la mancata dichiarazione di improcedibilità per un precedente giudicato su uno dei capi d’imputazione e la mancata esclusione della recidiva su un altro.
La Decisione della Cassazione: un ricorso inammissibile su due fronti
La Suprema Corte ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un’analisi distinta ma convergente dei motivi proposti.
L’impatto della recidiva sulla prescrizione
Sul primo punto, la Corte ha definito il motivo ‘manifestamente infondato’. Richiamando un proprio consolidato orientamento, ha ribadito che la recidiva reiterata è una circostanza a effetto speciale che incide sia sul termine minimo di prescrizione (art. 157 c.p.) sia, in presenza di atti interruttivi, sul termine massimo (art. 161 c.p.). Questa ‘duplice valenza’ non viola il ne bis in idem sostanziale né le tutele della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), poiché l’istituto della prescrizione non rientra nell’ambito di applicazione del principio come interpretato dalla giurisprudenza europea.
Il divieto di reiterazione dei motivi di appello
Riguardo al secondo gruppo di doglianze, la Cassazione ha rilevato un vizio procedurale insuperabile: i motivi erano una mera riproposizione di questioni già avanzate e dettagliatamente esaminate dalla Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado aveva fornito risposte logiche e giuridicamente ineccepibili, come evidenziato nelle pagine citate dalla stessa ordinanza. La Corte ha ricordato che il ricorso per cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove ridiscutere il merito dei fatti. È inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., presentare le stesse identiche questioni già rigettate in appello senza evidenziare specifici errori logici o giuridici nella decisione impugnata.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte si basano su due pilastri. In primo luogo, un pilastro di diritto sostanziale: la recidiva reiterata ha un effetto espansivo sui termini di prescrizione, giustificato dalla maggiore pericolosità sociale del reo, e ciò è conforme ai principi costituzionali e convenzionali. In secondo luogo, un pilastro di diritto processuale: la funzione della Corte di Cassazione è quella di garantire l’uniforme interpretazione della legge e non di riesaminare i fatti. Un ricorso che si limita a ripetere argomenti già vagliati e respinti in appello, senza una critica mirata e specifica alla motivazione del giudice precedente, abusa dello strumento dell’impugnazione e deve essere dichiarato inammissibile.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la prassi forense. Conferma che il ricorso per cassazione deve essere fondato su motivi nuovi o su critiche puntuali e specifiche ai vizi della sentenza impugnata, non sulla semplice riproposizione di tesi difensive già sconfitte. Inoltre, consolida l’interpretazione giurisprudenziale sull’impatto della recidiva reiterata, chiarendo che essa prolunga significativamente i tempi necessari per l’estinzione del reato. La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali, di una sanzione a favore della Cassa delle ammende e la rifusione delle spese legali alle parti civili.
La recidiva reiterata aumenta anche il termine massimo di prescrizione?
Sì. Secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, la recidiva reiterata, in quanto circostanza ad effetto speciale, incide non solo sul termine minimo ma anche su quello massimo di prescrizione, in presenza di atti interruttivi del procedimento.
È possibile riproporre in Cassazione gli stessi motivi già presentati e respinti in appello?
No. La Corte ha stabilito che non possono essere riproposte in sede di cassazione questioni che sono già state oggetto dei motivi di appello e sulle quali la Corte di merito si è già pronunciata in modo logico e giuridicamente corretto. Una tale riproposizione rende il ricorso inammissibile.
Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende è una sanzione pecuniaria prevista dalla legge come conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, per aver adito la Corte di Cassazione con motivi privi dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46040 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46040 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 27/09/1962
avverso la sentenza del 04/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
considerato che il motivo di ricorso firmato dall’avv. NOME COGNOME con cui si deduce la violazione di legge per la mancata declaratoria di prescrizione dei delitti di ricettazione di cui a capi 5), 6), 7), è manifestamente infondato posto che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la recidiva reiterata, in quanto circostanza ad effetto speciale, incide sul termine minimo di prescrizione ex art. 157, co. 2 c.p. e, in presenza di atti interruttivi, anche sul termine massimo ex art. 161, co. 2 c.p., senza che tale duplice valenza comporti una violazione del principio del “ne bis in idem sostanziale” o dell’art. 4 Protocollo n. 7 della CEDU come interpretato dalla sentenza COGNOME c. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizione ( Sez. 4 , n. 44610/2023 , RV: 285267);
considerato che i motivi di ricorso proposti dall’avv. NOME COGNOME con i quali si deduce l’illogicità della motivazione e il travisamento dei fatti, in relazione al capo 5); la mancata declaratoria di improcedibilità per precedente giudicato in relazione al capo 6) e la mancata esclusione della recidiva ihrelazione al capo 7), sono inammissibili perché reiterativi di doglianza già avanzate in grado di appello e sulle quali la Corte di merito si è già espressa con argomentazioni logico giuridiche ineccepibili ( si vedano in particolare pagg. 16, 19, 20 e 21).
Deve, infatti, a questo riguardo rilevarsi che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non possono essere riproposte questioni che avevano formato oggetto dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606, terzo comma, ultima parte, cod. proc. pen.;
lette le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME per la parte civile RAGIONE_SOCIALE e dell’avv. NOME COGNOME per la parte civile RAGIONE_SOCIALE, con le quali è stata richiesta la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi proposti nell’interesse dell’imputato e la condanna alla rifusione delle spese in favore delle parti civili costituite, come da nota spese allegata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna inoltre l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.686,00 e RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3500,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, in data 5 novembre 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente