LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Recidiva e ricorso inammissibile: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per ricettazione. L’ordinanza chiarisce due principi fondamentali: la recidiva reiterata incide sia sul termine minimo sia su quello massimo di prescrizione del reato, e non è possibile riproporre in sede di legittimità le stesse questioni già esaminate e rigettate dalla Corte d’Appello. Tale reiterazione rende il ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega i Limiti dell’Impugnazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti su due aspetti cruciali del diritto penale e processuale: l’effetto della recidiva sulla prescrizione e i limiti alla riproposizione dei motivi di appello in sede di legittimità. La decisione sottolinea il rigore con cui la Suprema Corte valuta i requisiti per accedere al suo giudizio, sanzionando le impugnazioni meramente ripetitive o basate su argomenti infondati.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Milano per diversi episodi di ricettazione. L’imputato, tramite i suoi legali, si è rivolto alla Corte di Cassazione contestando la sentenza di secondo grado sulla base di diverse argomentazioni. Durante il procedimento, si erano costituite come parti civili anche due note aziende del settore della moda, chiedendo il risarcimento dei danni subiti.

I Motivi del Ricorso: Prescrizione e Reiterazione

I legali dell’imputato hanno articolato il ricorso su due filoni principali:

1. Violazione di legge sulla prescrizione: Un primo motivo sosteneva che i reati di ricettazione fossero ormai prescritti. Secondo la difesa, la recidiva reiterata (una forma aggravata di recidiva per chi commette più volte reati dopo una condanna) non avrebbe dovuto influenzare il termine massimo di prescrizione, ma solo quello minimo. In caso contrario, si sarebbe violato il principio del ne bis in idem, che vieta di essere puniti due volte per la stessa cosa.

2. Vizi di motivazione e questioni già respinte: Un secondo gruppo di motivi lamentava l’illogicità della motivazione della sentenza d’appello, il travisamento dei fatti, la mancata dichiarazione di improcedibilità per un precedente giudicato su uno dei capi d’imputazione e la mancata esclusione della recidiva su un altro.

La Decisione della Cassazione: un ricorso inammissibile su due fronti

La Suprema Corte ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un’analisi distinta ma convergente dei motivi proposti.

L’impatto della recidiva sulla prescrizione

Sul primo punto, la Corte ha definito il motivo ‘manifestamente infondato’. Richiamando un proprio consolidato orientamento, ha ribadito che la recidiva reiterata è una circostanza a effetto speciale che incide sia sul termine minimo di prescrizione (art. 157 c.p.) sia, in presenza di atti interruttivi, sul termine massimo (art. 161 c.p.). Questa ‘duplice valenza’ non viola il ne bis in idem sostanziale né le tutele della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), poiché l’istituto della prescrizione non rientra nell’ambito di applicazione del principio come interpretato dalla giurisprudenza europea.

Il divieto di reiterazione dei motivi di appello

Riguardo al secondo gruppo di doglianze, la Cassazione ha rilevato un vizio procedurale insuperabile: i motivi erano una mera riproposizione di questioni già avanzate e dettagliatamente esaminate dalla Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado aveva fornito risposte logiche e giuridicamente ineccepibili, come evidenziato nelle pagine citate dalla stessa ordinanza. La Corte ha ricordato che il ricorso per cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove ridiscutere il merito dei fatti. È inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., presentare le stesse identiche questioni già rigettate in appello senza evidenziare specifici errori logici o giuridici nella decisione impugnata.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si basano su due pilastri. In primo luogo, un pilastro di diritto sostanziale: la recidiva reiterata ha un effetto espansivo sui termini di prescrizione, giustificato dalla maggiore pericolosità sociale del reo, e ciò è conforme ai principi costituzionali e convenzionali. In secondo luogo, un pilastro di diritto processuale: la funzione della Corte di Cassazione è quella di garantire l’uniforme interpretazione della legge e non di riesaminare i fatti. Un ricorso che si limita a ripetere argomenti già vagliati e respinti in appello, senza una critica mirata e specifica alla motivazione del giudice precedente, abusa dello strumento dell’impugnazione e deve essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la prassi forense. Conferma che il ricorso per cassazione deve essere fondato su motivi nuovi o su critiche puntuali e specifiche ai vizi della sentenza impugnata, non sulla semplice riproposizione di tesi difensive già sconfitte. Inoltre, consolida l’interpretazione giurisprudenziale sull’impatto della recidiva reiterata, chiarendo che essa prolunga significativamente i tempi necessari per l’estinzione del reato. La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali, di una sanzione a favore della Cassa delle ammende e la rifusione delle spese legali alle parti civili.

La recidiva reiterata aumenta anche il termine massimo di prescrizione?
Sì. Secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, la recidiva reiterata, in quanto circostanza ad effetto speciale, incide non solo sul termine minimo ma anche su quello massimo di prescrizione, in presenza di atti interruttivi del procedimento.

È possibile riproporre in Cassazione gli stessi motivi già presentati e respinti in appello?
No. La Corte ha stabilito che non possono essere riproposte in sede di cassazione questioni che sono già state oggetto dei motivi di appello e sulle quali la Corte di merito si è già pronunciata in modo logico e giuridicamente corretto. Una tale riproposizione rende il ricorso inammissibile.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende è una sanzione pecuniaria prevista dalla legge come conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, per aver adito la Corte di Cassazione con motivi privi dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati