Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 801 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 801 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOMECOGNOME nato a Palermo il 12 marzo 1991; NOME COGNOME nato ad Agrigento il 10 novembre 1965; COGNOME NOMECOGNOME nato Torino 1’8 settembre 1967;
avverso la sentenza del 26 ottobre 2022 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato nei confronti di NOME COGNOME limitatamente alla recidiva, inammissibilità nel resto; nonché dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi proposti nell’interesse degli imputati COGNOME e COGNOME uditi gli avv.ti COGNOME che si riporta alle conclusioni scritte che deposita unitamente alla nota spese; NOME COGNOME che deposita conclusioni scritte nei confronti del solo COGNOME e si riporta alle stesse
depositando nota spese; NOME COGNOME che si riporta alle conclusioni scritte che deposita insieme alla nota spese; NOME COGNOME che si riporta alle conclusioni scritte che deposita unitamente alla nota spese; NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’annullamento° con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
1. I fatti oggetto di giudizio si inseriscono in una più ampia attività di indagine finalizzata all’accertamento di un’organizzazione criminale dedita alla commissione di truffe ai danni di compagnie assicurative, al riscatto di premi per polizze relative al ramo vita e alla connessa falsificazione di una pluralità di atti attestanti, fr l’altro, la falsa morte del titolare della polizza.
Oltre alle acquisizioni documentali, si procedeva ad una serie di verifiche di natura bancaria e patrimoniale al fine di verificare l’accredito delle somme liquidate e il flusso di denaro transitante in favore del beneficiario, accertando, così, che, in breve tempo, tutto il denaro ricevuto veniva stornato attraverso svariate operazioni bancarie verso altri destinatari.
Venivano, così, contestati a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (unitamente a NOME ed NOME COGNOME e a NOME COGNOME, giudicati separatamente) il reato di associazione per delinquere (capo A), una pluralità di truffe (capi da B1 a B20), altrettanti falsi (capi da C1 a C13) e, al sol COGNOME, due specifici fatti di autoriclaggio (capi D ed E).
Celebrato il giudizio di primo grado, tutti gli imputati venivano ritenuti responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti e condannati alla pena ritenuta di giustizia e la sentenza veniva sostanzialmente confermata dalla Corte d’appello (che si limitava a rideterminare la pena irrogata al COGNOME).
Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione tutti gli imputati.
2.1. Il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME si compone di tre motivi d’impugnazione, tutti formulati sotto i profili della violazione di legge e del vizio d motivazione.
Il primo attiene ai capi D) ed E) e deduce, quanto alla prima contestazione, che la condotta non potrebbe integrare il delitto di autoriciclaggio in quanto, essendo i pagamenti avvenuti mediante operazioni tracciabili, alla luce di una valutazione ex ante, difetterebbe l’effettiva capacità dissimulatoria della complessiva operazione economica posta in essere. Quanto ai fatti contestati al capo E), da un canto, l’acquisto oggetto dell’imputazione risulta finalizzato al mero godimento personale dell’immobile e non già allo svolgimento di “attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative”, come, invece, impone il
precetto normativo; dall’altro, non vi sarebbe prova che sul conto intestato alla compagna (utilizzato per l’acquisto dell’immobile) fossero confluiti i proventi dell’attività delittuosa posta in essere dal Di COGNOME.
Il secondo motivo attiene al profilo sanzionatorio e, in particolare, alla sussistenza della recidiva specifica, illogicamente ritenuta dalla Corte territoriale nonostante che il ricorrente fosse gravato da un unico precedente penale definito con sentenza di patteggiamento, divenuta irrevocabile il 19 settembre 2011 e, quindi, oltre il quinquennio rispetto ai fatti sub judice. Cosicché il reato dovrebbe ritenersi estinto e cessati i relativi effetti penali, con conseguente impossibilità d poterlo valutare (anche) ai fini della sussistenza della circostanza aggravante in oggetto.
Il terzo attiene alla dosimetria della pena e deduce la radicale carenza di motivazione in ordine alla specifica censura sollevata dalla difesa nella parte in cui si rilevava la contraddittorietà tra la parte motiva della sentenza di primo grado (laddove si riconosceva il contributo collaborativo offerto dal ricorrente ritenendolo idoneo a giustificare la determinazione della pena nel minimo edittale) e la successiva concreta quantificazione, superiore di due anni rispetto al minimo.
2.2. I ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME si compongono, ciascuno, di un unico motivo di censura, formulato sotto il profilo della violazione di legge, a mezzo del quale si censura il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, escluse, si sostiene, sull’illogico presupposto della mancanza di un concreto atteggiamento collaborativo. Laddove il COGNOME non solo avrebbe mostrato un operoso ravvedimento fin dall’udienza di convalida, ma non avrebbe mai trasgredito alle prescrizioni correlate alla misura applicata; il COGNOME, parallelamente, avrebbe confessato anche episodi non oggetto di contestazione.
Il 10 novembre 2023, l’avv. NOME COGNOME nell’interesse della parte civile costituita Allianz s.p.a., ha depositato una memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso con vittoria di spese e competenze.
Il 28 novembre 2023, l’avv. COGNOME COGNOME nell’interesse della Generali Italia s.p.a., costituita parte civile, ha depositato una memoria difensiva con la quale chiede la conferma della sentenza impugnata, con vittoria di spese e competenze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato nei limiti indicati di seguito.
1.1. Entrambe le censure sollevate con il primo motivo sono manifestamente infondate.
Va premesso che l’art. 648-ter.1 cod. pen. sanziona quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto, che abbiano la caratteristica precipua di essere idonee ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Si tratta, quindi, di fattispecie di pericolo concreto, che, quindi, presuppongono, effettivamente, l’idoneità specifica della condotta posta in essere dall’agente ad impedire l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni.
Il criterio da seguire ai fini dell’individuazione della capacità dissimulatoria della condotta è quello della idoneità ex ante, sulla base degli elementi di fatto sussistenti nel momento della sua realizzazione, ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, senza che il successivo disvelarnento dell’illecito per effetto degli accertamenti compiuti (e della connessa tracciabilità delle operazioni poste in essere) determini automaticamente una condizione di inidoneità dell’azione per difetto di concreta capacità decettiva (Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 27940: 7 ; Sez. 2, n. 16908 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276419).
E tanto dà conto della manifesta infondatezza della censura sollevata, in quanto, alla luce di quanto osservato, l’intervenuta tracciabilità delle operazioni di trasferimento delle utilità provenienti dal delitto presupposto (circostanza invocata dalla difesa) non esclude l’idoneità ex ante della condotta volta ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Ad identiche conclusioni anche con riferimento alla seconda censura.
Ed invero, quanto al primo profilo è sufficiente rilevare c:ome la nozione di attività economica o finanziaria è desumibile dagli artt. 2082, 2135 e 2195 cod. civ. e fa riferimento non solo all’attività produttiva in senso stretto (diretta a crea nuovi beni o servizi), ma anche a quella di scambio e di distribuzione dei beni nel mercato del consumo, nonché ad ogni altra attività che possa rientrare in una di quelle elencate nelle menzionate norme del codice civile (Sez. 2, n. 33076 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 267693). E la deduzione relativa ad una mera pretesa attività di godimento è rimasta allo stato di semplice allegazione.
Quanto alla provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto del terreno, la Corte territoriale dà atto esplicitamente che dalle conversazioni intercettate emerge non solo la diretta riferibilità dell’acquisto al COGNOME, ma anche che la provvista derivava dalla corposa disponibilità di denaro riconducibile alle illecite attività fraudolente poste in essere ai danni delle compagnie di assicurazione. Il ricorrente non si confronta con le argomentazioni offerte nel provvedimento impugnato, ma si limita a riproporre le medesime argomentazioni già prospettate
al giudice d’appello, confutandone l’accertamento di merito, senza considerare che tale vaglio, presupponendo un apprezzamento in fatto, è insindacabile in sede di legittimità, quando la decisione sia sorretta da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei Fatti (tra le altre, Sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, COGNOME, Rv. 237014; Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, COGNOME, Rv. 254006).
1.2. Fondato è invece il secondo motivo in quanto la declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 cod. proc. pen. (che non richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione) comporta l’estinzione degli effetti penali, sicché non può tenersi conto di tale reato ai fini della contestazione della recidiva (Sez. 2, n. 994 del 25/11/2021, dep. 2022, Raccuia, Rv. 282515).
La sentenza impugnata, quindi, deve essere annullata, in relazione alla posizione del COGNOME e limitatamente alla riconosciuta recidiva, che deve essere eliminata, con conseguente rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo per la rideternninazione del trattamento sanzionatorio; con conseguente assorbimento della terza censura.
2. Inammissibili sono, invece, i ricorsi proposti nell’interesse del Frenna e del Tanti 110.
Va preliminarmente osservato come le circostanze attenuanti generiche, in quanto dirette ad adeguare la pena da irrogare alla concreta gravità del fatto, non possono mai essere date per presunte, non costituiscono oggetto di un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma necessitano dell’esistenza, in positivo, di elementi ritenuti idonei a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Rv. 271315; Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Rv. 252900; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590). E il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi dedotti dalle parti o rilevabili dagl atti, poiché è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi da tale valutazione (lex mu/tis Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899).
Ebbene, la Corte territoriale ha dato ampiamente conto delle ragioni per le quali le predette circostanze non sono state riconosciute, evidenziando, per entrambi: l’oggettiva gravità dei delitti, gli ingenti danni patrimoniali e l’assenz di significativi elementi positivamente valutabili e, parallelamente, l’irrilevanz della pur intervenuta confessione (parziale e riconducibile all’imponente quadro
accusatorio). La motivazione è logica e coerente con i dati processuali richiamati e, in quanto tale, insindacabile in questa sede.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata, in relazione alla posizione del COGNOME e limitatamente alla riconosciuta recidiva, che elimina, con conseguente rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo per la sola rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
I ricorsi proposti dal NOME COGNOME devono, invece, essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di euro tremila in favore della Casa delle ammende.
Segue la condanna, per il solo per COGNOME (essendo i ricorsi del COGNOME e del Tantillo relativi alla sola determinazione del trattamento sanzionatorio, rispetto al quale la parte civile non è legittimata ad interloquire), alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite, nella misura determinata In dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla recidiva che elimina e rinvia per la rideterminazione della pena ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso del COGNOME.
Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME COGNOME Santi e COGNOME Giuseppe e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna l’imputato NOME COGNOME Danno alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Generali Italia s.p.a., che liquida in complessivi euro 3600,00, oltre accessori di legge; dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 3600,00, oltre accessori di legge; dalla parte civile Allianz s.p.a., che liquida in complessivi euro 3600,00, oltre accessori di legge; dalla parte civile Poste Vita s.p.a. che liquida in complessivi euro 3600,00, oltre accessori di legge; dalla parte civile Poste Assicura s.p.a. che liquida in complessivi euro 3600,00, oltre accessori di legge; dalla parte civile Axa Assicurazioni s.p.a.RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3100,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 29 novembre 2023
COGNOME Il Presidente
Il Consigliere NOME