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Recidiva e reati estinti: la Cassazione chiarisce

Un giovane è stato condannato in appello per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La Corte di Cassazione ha esaminato il suo ricorso, che sollevava questioni sulla prova dello spaccio, sull’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, soprattutto, sul calcolo della recidiva basato su un precedente reato dichiarato estinto. La Suprema Corte ha accolto quest’ultimo motivo: ha stabilito che un reato per cui è intervenuta l’estinzione non può essere utilizzato per contestare la recidiva. Di conseguenza, ha annullato la sentenza limitatamente al calcolo della pena, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova determinazione della sanzione senza l’aggravante della recidiva.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e reati estinti: la Cassazione annulla la pena aggravata

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di recidiva, stabilendo che un reato precedente, per il quale sia intervenuta una causa di estinzione, non può essere utilizzato per aggravare la pena di un nuovo illecito. Questa decisione chiarisce i limiti entro cui i precedenti penali di un imputato possono influenzare il trattamento sanzionatorio, con importanti conseguenze pratiche.

I fatti di causa

Il caso riguarda un giovane condannato dalla Corte di Appello di Roma a sei mesi di reclusione e 1.200 euro di multa per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. L’imputato era stato sorpreso a lasciar cadere un involucro contenente hashish, dal quale si potevano ricavare 84 dosi. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riconoscendo le attenuanti generiche come equivalenti alla contestata recidiva e rideterminando la pena.

I motivi del ricorso: focus sulla recidiva

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione articolando quattro motivi. Tra questi, spiccava la critica alla sussistenza stessa della recidiva. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente ritenuto sussistente l’aggravante, basandola su un unico precedente penale per il quale, però, era intervenuta una declaratoria di estinzione ai sensi dell’art. 445, comma 2, del codice di procedura penale. Altri motivi riguardavano il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e la contestazione del fine di spaccio.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, ma solo limitatamente al motivo concernente la recidiva. I giudici di legittimità hanno respinto gli altri motivi, considerandoli inammissibili. In particolare:

* Sul fine di spaccio: La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero motivato in modo logico e congruo la destinazione della sostanza allo spaccio, basandosi su elementi come le modalità di confezionamento, il tentativo di disfarsi della droga e l’assenza di giustificazioni plausibili.
* Sulla particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): Il ricorso è stato giudicato generico, poiché non si confrontava adeguatamente con la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva escluso l’applicazione dell’istituto non per l’abitualità, ma per la ‘non particolare tenuità del fatto’ e per un giudizio negativo sulla personalità dell’imputato basato sui precedenti.

Il punto cruciale della decisione risiede nell’accoglimento del terzo motivo. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: ai fini della recidiva, non si può tener conto dei reati per i quali è intervenuta una declaratoria di estinzione. Poiché l’unico precedente a carico dell’imputato rientrava in questa categoria, la contestazione dell’aggravante era illegittima. La causa di estinzione, infatti, opera di diritto e rende il precedente reato irrilevante per il calcolo della pena futura.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata, ma solo per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte di Appello di Roma, che dovrà procedere a una nuova determinazione della pena. Il nuovo calcolo dovrà escludere l’aumento derivante dalla circostanza aggravante della recidiva, ormai dichiarata insussistente. La decisione, pur confermando la colpevolezza dell’imputato, avrà come probabile effetto una riduzione della pena inflitta, riaffermando il principio di diritto secondo cui un reato estinto non produce più effetti negativi nel casellario giudiziale ai fini sanzionatori.

Un reato per cui è intervenuta l’estinzione può essere considerato ai fini della recidiva?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito, conformemente a un principio consolidato, che non si può tener conto dei reati per i quali è intervenuta la declaratoria di estinzione ai fini della contestazione e del calcolo della recidiva.

Perché la Corte ha ritenuto che ci fosse il fine di spaccio e non l’uso personale?
La Corte ha ritenuto provato il fine di spaccio sulla base di una valutazione complessiva degli elementi indiziari, quali le modalità di confezionamento della sostanza stupefacente, il fatto che l’imputato avesse cercato di disfarsene alla vista degli agenti e l’assenza di una giustificazione plausibile per la sua presenza sul posto in orario notturno.

Cosa significa “annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio”?
Significa che la Corte di Cassazione ha confermato la colpevolezza dell’imputato per il reato contestato, ma ha annullato la parte della sentenza che riguarda il calcolo della pena. Il caso viene quindi rinviato a un nuovo giudice d’appello che dovrà ricalcolare la pena senza considerare l’aggravante della recidiva, che è stata illegittimamente applicata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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