Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44698 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44698 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Muro Lucano il 30/06/1969 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
avverso la sentenza del 06/12/2023 della Corte di appello di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata e di quella emessa dal Tribunale di Potenza con rinvio a quest’ultimo per nuovo giudizio; lette le conclusioni scritte depositate in data 17/09/2024 dal difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Potenza ha confermato la pronunzia emessa in data 05/11/2020 dal Tribunale di Potenza che aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile dei delitti di estorsione tentata e consumata commessi nel dicembre 2008 e gennaio 2009 (capi a e b di imputazione) e condannato lo stesso, previo riconoscimento di attenuanti generiche e della diminuente di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. con giudizio di prevalenza sulla ritenuta recidiva specifica e reiterata, alla pena di anni due mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di multa, con declaratoria di delinquenza abituale ai sensi dell’art. 103 cod. pen. e applicazione della misura di sicurezza del divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche per anni due.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett.b), cod. proc. pen., violazione di legge con riferimento agli artt. 516, 517, 519 e 520 codice di rito.
Rileva il ricorrente che all’udienza dibattimentale del 12/10/2020 il pubblico ministero aveva modificato, ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen., l’imputazione sub c) di violenza privata in quella più grave di estorsione consumata; che il giudice di primo grado aveva notificato il verbale di udienza all’imputato, detenuto per altra causa presso il carcere di Lucera ed “assente per rinuncia”, con avviso della facoltà di chiedere un termine a difesa ma omettendo di avvertirlo, ai sensi dell’art. 520 cod. proc. pen., della possibilità di formulare entro l’udienza successiva richiesta di giudizio abbreviato e di applicazione di pena.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., violazione di legge con riferimento agli artt. 178 e 179 codice di rito.
Rileva il ricorrente che l’imputato, durante la celebrazione del giudizio, era detenuto per altra causa presso la casa circondariale di Lucera, che non è stata
disposta la sua traduzione, né è stato attivato collegamento in videoconferenza, con conseguente nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado di tutti gli att compiuti, ivi compresi i provvedimenti conclusivi di entrambi i giudizi.
Ulteriore causa di nullità si individua nella mancata citazione in dibattimento della persona offesa che doveva essere nuovamente disposta dopo la modifica dell’imputazione.
3.3. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. violazione di legge con riferimento agli artt. 157 e 99 cod. pen. per non avere la Corte di appello dichiarato l’estinzione dei reati ascritti all’imputato per intervenuta prescrizione.
Osserva il ricorrente che la ritenuta recidiva reiterata e specifica è stata ritenuta subvalente rispetto alle riconosciute attenuanti, sicchè di essa non doveva tenersi conto ai fini del calcolo dei termini di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
LI1 ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso con il quale si deduce violazione di legge per omesso avviso all’imputato – a seguito della modifica della imputazione sub capo C) ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen.- della possibilità di formulare entro l’udienza successiva richiesta di giudizio abbreviato e di applicazione di pena.
Trattasi di doglianza non proposta nell’atto di appello lrv – eniva lamentato, invece, un diverso profilo e cioè il mancato all’imputato della facoltà di chiedere un termine a difesa (pag. 3 e 4 del gravame) rispetto al quale la Corte territoriale si è correttamente pronunciata evidenziando l’infondatezza della censura poiché il giudice di primo grado, all’udienza del 12/10/2020 ove era stata operata la modifica dell’imputazione sub c) da parte del pubblico ministero, aveva concesso l’invocato termine a difesa . la trattazione del dibattimento al giorno 07/11/2020.
Si è dunque al cospetto di un motivo di ricorso non consentito, come disposto dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
In ogni caso, la censura si connota per manifesta infondatezza.
Il giudice di primo grado non era infatti in alcun modo tenuto a dare avviso all’imputato della possibilità di formulare entro l’udienza successiva richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione di pena poiché la modifica dell’imputazione è avvenuta all’udienza celebrata il 12/10/2020 e l’onere di avvertimento di cui sopra è stato introdotto dall’art. 30, comma 1 lett. m, n. 2, del D.L.vo 10 ottobre 2022
n. 150 entrato in vigore il 30.12.2022. Sino a quella data, l’art. 520 cod. proc. pen. prevedeva, in caso di imputato assente, la sola notifica per estratto all’imputato del verbale di udienza contenente la modifica dell’imputazione e la sospensione del dibattimento con fissazione di nuova udienza.
Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso relativo alla nullità di tutti gli atti (ivi compresi i provvedimenti conclusivi di entrambi i giudizi) che sarebbe verificata, da un lato, per omessa traduzione in udienza dell’imputato che, durante il giudizio di primo grado, era detenuto in carcere per altra causa e, dall’altro, per mancata citazione della persona offesa dal reato di cui al capo c) rche avrebbe dovuto essere disposta dopo la modifica dell’imputazione operata dal pubblico ministero.
3.1. Il primo profilo è manifestamente infondato. Anche tale questione non risulta essere stata dedotta nell’atto di appello, tuttavia, se fondata, si sarebbe al cospetto di una nullità assoluta ed insanabile rilevabile in ogni stato e grado del procedimento che determinerebbe l’annullamento della sentenza sia di primo che di secondo grado.
Vanno ricordati i principi affermati con la pronunzia Sez. U, n. 7635 del 30/09/2021, dep. 2022, Costantino, Rv. 282806 secondo cui il giudice che procede -nell’ipotesi in cui emerga, in qualsiasi modo, dagli atti la circostanza che l’imputato, libero nel suo procedimento, sia in condizioni di restrizione di qualsiasi natura per altra causa (caso nel quale il legittimo impedimento è in re ipsa) deve attivarsi a disporre l’ordine di traduzione ed il rinvio del procedimento qualora tale ordine non sia eseguibile per l’udienza già fissata con correlato obbligo di rinnovo dell’avviso.
Solo la eventuale espressa rinuncia dell’imputato a comparire comporta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 484, comma 2 bis, e 420 quinquies, comma 1, cod.proc.pen, la inoperatività delle disposizioni sull’impedimento a comparire di cui all’art. 420 ter codice di rito.
Nel caso in cui, invece, la condizione detentiva per altra causa non emerga dagli atti è onere dell’imputato, correttamente citato, o al suo difensore, comunicare la condizione di sopraggiunta restrizione che abbia effetto impeditivo della libertà di accesso all’udienza.
Dall’esame degli atti processuali, consentito al Collegio in ragione della natura del motivo di ricorso dedotto, emerge la seguente sequenza processuale:
in data 08/03/2011 era emesso nei confronti dell’imputato decreto dispositivo del giudizio, all’esito di udienza preliminare celebrata in contumacia;
il processo dibattimentale aveva inizio il giorno 13/06/2011 con dichiarazione di contumacia avvenuta all’udienza del 14/03/2012 v alla quale seguivano numerosi
differimenti per ragioni di varia natura ( 13/02/2013, 09/12/2013, 14/07/2014, 04/05/2015, 11/01/2016, 10/10/2016, 26/01/2017, 23/11/2017, 28/06/2018), 11/04/2019) sino a giungere all’udienza del 15/07/2019 nel corso della quale il difensore rappresentava per la prima volta al giudice lo stato di detenzione (per altra causa) dell’imputato, in atto a far tempo dal maggio 2018.
-a fronte di tale prospettazione, era disposto rinvio del processo all’udienza cel 10/10/2019 con ordine di traduzione dell’imputato che tuttavia rinunziava a presenziarvi; analoga espressa manifestazione di volontà interveniva per ciascuna delle successive udienze del 05/12/2019, 16/12/2019, 12/10/2020 e, infine, del 05/11/2020, mentre quella originariamente fissata per il 19/03/2020 non era celebrata per emergenza sanitaria e rinviata d’ufficio.
La verifica degli atti processuali porta, dunque, ad affermare che lo stato di detenzione per altra causa dell’imputato veniva a conoscenza del giudice solo all’udienza del 15 luglio 2019, momento a partire del quale era emesso nei suoi confronti, anche in relazione a tutte le udienze successive, la traduzione a cui tuttavia seguiva, ogni volta, espressa rinuncia a comparire.
Il giudizio di primo grado è stato,quindi,celebrato assicurando la presenza in udienza dell’imputato allorquando il decidente veniva a conoscenza dello status detentivo, sicchè nessuna nullità si è verificata.
3.2. Manifestamente infondato è anche l’ulteriore profilo di nullità dedotto sempre nel secondo motivo di ricorso e cioè quello relativo alla mancata citazione della persona offesa NOME COGNOME successivamente alla modifica dell’imputazione di cui al capo c).
Premesso che, come risulta dall’esame degli atti processuali, tale soggetto pacificamente non è stato nuovamente citato a comparire, in capo al ricorrente non si ravvisa alcun interesse concreto a dolersi di tale mancato adempimento che è concepito esclusivamente a tutela della persona offesa. Ed invero, laddove nel corso del dibattimento il pubblico ministero proceda a contestazione suppletiva ai sensi degli artt. 516, 517 e 518 del codice di rito, viene introdotta nel processo una nuova “causa petendi” in relazione alla quale la persona offesa, ove già costituita parte civile, deve essere messa nelle condizioni di modificare il rapporto già processuale già instaurato sia con riferimento alla “an” (estendendolo alla nuova o diversa contestazione) che al “quantum” della pretesa risarcitoria vantata (Sez. 3, n. 10660 del 27/09/1995, COGNOME, Rv. 202704; Sez. 2, n. 9933 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262571).
Né può parlarsi di inutilizzabilità della testimonianza della persona offesa raccolta in dibattimento in un momento precedente alla modifica dell’imputazione.
Censura in tal senso non è stata proposta dal ricorrente nel giudizio di appello e neppure in questa sede e, quand’anche dedotta, risulterebbe ad ogni modo
manifestamente infondata non avendo mai l’imputato avanzato richiesta di nuova escussione della vittima del reato.
Va infatti ricordato l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, condividendolo, secondo il quale, nel caso di contestazione suppletiva di reato connesso (ma le considerazioni possono essere estese per eadem ratio anche all’ ipotesi, come quella di specie, di modifica dell’imputazione ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen.), le prove acquisite precedentemente nel corso dell’istruzione dibattimentale sono legittimamente utilizzabili anche ai fini della decisione relativa ai fatti oggetto della nuo contestazione qualora il difensore si sia limitato a prendere atto della contestazione suppletiva, senza chiedere, ai sensi dell’art. 519, commi 2 e 3, cod. proc. pen., di effettuare un controesame della fonte dichiarativa specificamente relativo all’oggetto della suddetta contestazione (Sez. 6, n. 39235 del 25/10/2011, Cortese, Rv. 251062; Sez. 3, n. 47666 del 08/10/2014, P., Rv. 261159; Sez. 5, n. 12345 del 12/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272856).
Parimenti inammissibile è il terzo motivo di ricorso con il quale si deduce violazione di legge per mancata declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione maturata nelle more del giudizio di appello.
Correttamente i giudici di secondo grado (pag. 4 della sentenza impugnata) hanno escluso la causa estintiva dovendosi tenere conto della ritenuta recidiva reiterata specifica, ancorchè stimata subvalente alle riconosciute attenuanti generiche e del danno lieve.
E’ infatti consolidata la giurisprudenza di legittimità secondo cui la recidiva reiterata, essendo una circostanza aggravante ad effetto speciale, rileva ai fini della determinazione del termine di prescrizione, anche qualora nel giudizio di comparazione con le circostanze attenuanti sia stata considerata equivalente (Sez. 6, n. 39849 del 16/09/2015, COGNOME, Rv. 264483; Sez. 2, n. 4687 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 275639; Sez. 2, n. 21704 del 17/04/2019, COGNOME. Rv. 275821; Sez. 6, n. 50995 del 09/07/2019, COGNOME, Rv. 278058; Sez. 1, n. 36258 del 07/11/2020, COGNOME, Rv. 280059; Sez. 4, n. 38618 del 05/10/2021, Ferrara, Rv. 282057).
Va altresì richiamato il principio altrettanto consolidato per il quale la recidiva reiterata, sempre in ragione della sua natura di circostanza a effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ex art. 157, comma secondo, cod. pen., sia, in presenza di atti interruttivi, su quello del termine massimo, ex art. 161, comma secondo, cod. pen., senza che tale duplice valenza comporti violazione del principio del “ne bis in idem” sostanziale o dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU
del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizione (Sez. 6, n. 50089 del 28/10/2016, COGNOME, Rv. 268214; Sez. 3, n. 50619 del 30/01/2017, COGNOME, Rv. 271802; Sez. 2, n. 5985 del 10/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272015; Sez. 5, n. 32679 del 13/06/2018, COGNOME, Rv. 273490; Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023, COGNOME, Rv. 285267).
Tanto premesso, per il reato di tentata estorsione di cui al capo A) ril termine di prescrizione massimo (in ragione delle intervenute cause interruttive) è pari ad anni 14, mesi 9 e giorni 23 decorrente dal giorno 1/12/2018 con perfezionamento il 24/09/2023 al quale vanno, tuttavia, ulteriormente aggiunti giorni 389 di sospensione ex lege (dal 11/01/2016 al 10/10/2016 per istanza difensiva di rinvio, dal 15/07/2019 al 15/09/2019 per impedimento a comparire dell’imputato, dal 16/03/2020 al 11/05/2020 per emergenza sanitaria e, infine il giorno 16/12/2019 ancora per impedimento a comparire dell’imputato a seguito della sua partecipazione alle esequie del padre defunto).
Il reato si estinguerà, dunque, per prescrizione, in data 18/10/2024.
Quanto al delitto di estorsione consumata di cui al capo B), come modificato ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen., il termine di prescrizione massimo (in ragione delle intervenute cause interruttive) è pari ad anni 22, mesi 2 e giorni 20 decorrente dal giorno 30/01/2009 con perfezionamento il 17/04/2031 al quale vanno ulteriormente aggiunti giorni 389 di sospensione ex lege (dal 11/01/2016 al 10/10/2016 per istanza difensiva di rinvio, dal 15/07/2019 al 15/09/2019 per impedimento a comparire dell’imputato, dal 16/03/2020 al 11/05/2020 per emergenza sanitaria e, infine il giorno 16/12/2019 ancora per impedimento a comparire dell’imputato a seguito della sua partecipazione alle esequie del padre defunto).
Il delitto si estinguerà, dunque, per prescrizione, soltanto in data 11/05/2032.
5. Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che l’impugnazione è stata esperita per ragioni manifestamente infondate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 02/10/2024