Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10359 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10359 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo, conun unico motivo, vizio motivazionale in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato contestato (art. 95 D.P.R. 115/2002 commesso in Taranto il 2.10.2014).
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il profilo di doglianza sopra richiamato è manifestamente infondato, in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
In primis, va rilevato che, anche a voler seguire la tesi prospettata dall’imputato, il termine di prescrizione sarebbe di anni 10, per cui andrebbe a spirare il 2/10/2024.
Quanto poi alla doglianza del ricorrente relativa alla mancata motivazione, in ordine al computo dei termini di prescrizione, per quel che concerne il riconoscimento della recidiva reiterata non qualificata, da parte della Corte di appello, una volta da quest’ultima esclusa la recidiva reiterata, vi è da rilevare come i giudici di merito abbiano già chiarito in motivazione sul punto. Nella specie, la Corte rileva che, nonostante tra la data del commesso reato, del 2.10.2014 e la data del 2.10.2009 non vi sia alcuna condanna irrevocabile per delitto, prima del 2.10.2014 risultino comunque numerose condanne, motivo per il quale si induce a ritenere che l’imputato abbia continuato a delinquere, mostrando abitualità e, dunque, maggiore colpevolezza e più elevata pericolosità sociale.
Con motivazione logica e congrua, oltre che corretta in punto di diritto -e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità- la Corte territoriale riti di aderire a quell’orientamento giurisprudenziale ormai decisamente consolidato da epoca ben precedente alla proposizione dell’odierno ricorso, che anche il Collegio condivide ed intende rafforzare –pur consapevole dell’esistenza dei precedenti ormai isolati che il ricorrente richiama costituiti da Sez. 6, n. 47269 de 09/09/2015, Falliani, Rv. 265518 – 01, Sez. 3 n. 50763 del 19/10/2016, COGNOME, non mass. e Sez. 5 n. 22197 del 7/12/2016, dep.2017, COGNOME, non mass. che opinano in senso contrario- secondo cui la recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, infatti ai sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen. e, in presenza di atti interruttivi, anche su quello del termine massimo, in ragione della entità della proroga, ex art. 161, comma secondo, cod. pen. dovendosi escludere che ciò comporti una violazione del principio del “ne bis in idem” sostanziale o dell’art. 4 del Protocoll n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso RAGIONE_SOCIALE /c Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto
della prescrizione (Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023, Bisiccè, Rv. 285267 – 01; conf. Sez. 4, n. 6152 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272021 – 01; Sez. 6, n. 50089 del 28/10/2016, COGNOME, Rv. 268214; Sez. 2, n. 13463 del 18/2/2016, COGNOME, Rv. 266532 nonché Sez. 6, n. 48954 del 21/09/2016, COGNOME, Rv. 268224; Sez. 3, n. 50619 del 30/01/2017 Zandomeneghi Rv. 271802 01; Sez. 2, n. 5985 del 10/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272015 – 01; Sez. 5, n. 32679 del 13/06/2018 COGNOME Rv. 273490 – 01; Sez. 2, n. 57755 del 12/10/2018, Saetta, Rv. 274721 – 01 nella cui motivazione, la Corte ha condivisibilmente chiarito che una diversa interpretazione rimetterebbe al giudice la scelta della rilevanza da attribuire alla recidiva qualificata caso per caso, contraddicendo il principio costituzionale di tassatività).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2024
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