Recidiva e Prescrizione: Quando il Passato Criminale Impedisce l’Estinzione del Reato
L’interazione tra recidiva e prescrizione rappresenta un punto cruciale del diritto penale, capace di determinare l’esito di un processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione discrezionale del giudice di merito sulla personalità dell’imputato è decisiva per l’applicazione della recidiva e, di conseguenza, per il calcolo dei termini di prescrizione. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e violazione della legge sul diritto d’autore (L. 633/1941), ha presentato ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza era l’intervenuta prescrizione dei reati contestati. Secondo la difesa, i termini per l’estinzione del reato sarebbero decorsi se solo si fosse esclusa la recidiva, che gli era stata contestata e applicata nei precedenti gradi di giudizio.
La Valutazione della Recidiva e Prescrizione in Appello
La Corte territoriale aveva già respinto la richiesta di escludere la recidiva. La decisione si basava su una valutazione approfondita della personalità del ricorrente, della sua spiccata capacità a delinquere e della sua pericolosità sociale. Era emerso, infatti, che l’imputato aveva precedenti per reati della stessa indole. Di conseguenza, il giudice di merito aveva ritenuto corretto applicare la cosiddetta “recidiva qualificata”, un’aggravante che incide direttamente sul calcolo dei tempi necessari a prescrivere il reato, allungandoli.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea dei giudici di merito. Il principio cardine ribadito è che le determinazioni relative al trattamento sanzionatorio, inclusa l’applicazione della recidiva, non sono sindacabili in sede di legittimità, a patto che siano supportate da una motivazione logica e priva di vizi giuridici.
Nel caso in esame, la motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata pienamente adeguata. La Corte d’Appello aveva correttamente considerato gli elementi soggettivi e la storia criminale dell’imputato per giustificare il mantenimento della recidiva qualificata. Poiché tale recidiva è stata legittimamente applicata, il termine di prescrizione non era ancora maturato al momento della sentenza. Pertanto, la richiesta del ricorrente è stata respinta, confermando la condanna e aggiungendo il pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un importante orientamento giurisprudenziale: la lotta contro l’estinzione dei reati attraverso la prescrizione passa anche da un’attenta valutazione della personalità del reo. Quando un giudice, con motivazione congrua e logica, riconosce la sussistenza di una recidiva qualificata basandosi sulla pericolosità e sulla propensione a delinquere dell’imputato, tale valutazione diventa un baluardo difficilmente superabile in Cassazione. La decisione evidenzia come il passato criminale di un individuo non sia un mero dato statistico, ma un elemento concreto che il sistema giuridico utilizza per calibrare la risposta sanzionatoria e per impedire che il trascorrere del tempo vanifichi l’azione della giustizia.
Può la recidiva impedire l’estinzione di un reato per prescrizione?
Sì. L’applicazione della recidiva, in particolare quella qualificata, comporta un aumento dei termini necessari per la prescrizione del reato, potendo di fatto impedirne l’estinzione entro i tempi ordinari.
La valutazione del giudice sulla personalità dell’imputato è importante per applicare la recidiva?
Assolutamente sì. La Corte ha confermato che la decisione di applicare la recidiva si è basata correttamente sulla valutazione della personalità del ricorrente, sulla sua capacità a delinquere e sulla sua pericolosità sociale, elementi che giustificano un trattamento sanzionatorio più severo.
È possibile contestare in Cassazione la decisione di un giudice sulla recidiva?
È possibile solo se la motivazione del giudice di merito presenta vizi logici o giuridici evidenti. Se la motivazione è adeguata e coerente, come nel caso di specie, la decisione sulla recidiva non è sindacabile dalla Corte di Cassazione, che non può riesaminare i fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23012 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con la qual affermata la penale responsabilità per il reato di cui agli artt. 648 cod, pen e 171 ter comma lett. d) e comma 2 lett. a) L.633/1941, deducendo, con unico motivo di ricorso, intervenut prescrizione dei reati in contestazione, previa esclusione della contestata recidiva.
Le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio sono insindacabil in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso d specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale disatteso la richiesta di disapplicazione della recidiva, contestata anche reati della stessa indole rispetto a quelli per i quali si procede, considerata la personalit ricorrente, la sua capacità a delinquere e la sua pericolosità sociale. Correttamente, pertanto, giudice territoriale non ha dichiarato i reati estinti per prescrizione, cori siderato che al ric è contestata ed applicata la recidiva qualificata, ragione per quale il termine prescrizionale momento della emissione della sentenza impugnata non era decorso.
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente