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Recidiva e prescrizione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per diffamazione aggravata. La Corte chiarisce che la recidiva, anche se non usata per aumentare la pena, rileva nel calcolo della prescrizione, escludendo la violazione del divieto di reformatio in peius.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Prescrizione: Come si Calcola il Tempo per Estinguere il Reato?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 10857 del 2024, offre un importante chiarimento su un tema tecnico ma cruciale della procedura penale: il rapporto tra recidiva e calcolo della prescrizione. La Corte ha stabilito che la recidiva, una volta ritenuta esistente dal giudice, incide sull’allungamento dei termini di prescrizione anche se non viene utilizzata per aumentare concretamente la pena finale. Analizziamo questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti: Un Caso di Diffamazione Televisiva

Il caso nasce dalla condanna di un soggetto per il reato di diffamazione, commesso in più occasioni tramite il mezzo televisivo. La condanna, emessa dal Tribunale di Avellino, era stata confermata dalla Corte di Appello di Napoli. All’imputato erano state contestate diverse aggravanti, tra cui l’uso di un mezzo di pubblicità e la recidiva specifica reiterata, quest’ultima poi ritenuta dal giudice solo nella sua forma specifica.

Il Ricorso in Cassazione: Recidiva e Divieto di “Reformatio in Peius”

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello avesse erroneamente considerato la recidiva ai fini del calcolo della prescrizione. Secondo la difesa, poiché il Tribunale di primo grado non aveva applicato un aumento di pena per la recidiva, la Corte d’Appello, nel tenerne conto per stabilire i tempi di estinzione del reato, avrebbe violato il divieto di reformatio in peius. Questo principio, sancito dall’art. 597 del codice di procedura penale, impedisce al giudice dell’impugnazione di peggiorare la posizione dell’imputato quando è stato solo lui a presentare appello.

Le Motivazioni della Cassazione: la Recidiva e i suoi Effetti sulla Prescrizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo completamente la tesi difensiva. Il ragionamento della Suprema Corte si articola su due punti fondamentali.

La Rilevanza della Recidiva nel Calcolo della Prescrizione

Il primo punto, e il più importante, è che il calcolo del tempo necessario a prescrivere un reato non si basa sulla pena concretamente inflitta, ma sulla pena massima prevista dalla legge per quel reato, tenendo conto di tutte le aggravanti contestate e ritenute sussistenti. Gli articoli 157 e 161 del codice penale stabiliscono parametri oggettivi e astratti per questo calcolo.

Nel caso specifico, anche se il giudice di primo grado non ha aumentato la pena in virtù della recidiva, ne ha comunque riconosciuto l’esistenza. Tale riconoscimento è sufficiente per far scattare gli effetti che la legge collega alla recidiva in materia di prescrizione. In particolare, la recidiva qualificata comporta un aumento della metà del termine di prescrizione dopo un’interruzione. Pertanto, la Corte d’Appello ha correttamente considerato questo allungamento dei tempi, concludendo che il reato non era ancora prescritto al momento della sua decisione.

L’Insussistenza della Violazione del Divieto di Reformatio in Peius

Di conseguenza, la Corte ha escluso qualsiasi violazione del divieto di reformatio in peius. La Corte d’Appello non ha peggiorato la pena inflitta all’imputato, che è rimasta invariata. Si è limitata a compiere un’operazione tecnica e doverosa: calcolare correttamente il termine di prescrizione applicando le norme di legge, che impongono di tenere conto della recidiva una volta che questa è stata giudizialmente accertata. Il semplice fatto di riconoscere un effetto legale (sulla prescrizione) di un elemento già presente nel giudizio di primo grado (la recidiva) non costituisce una “riforma in peggio” della sentenza.

Le Conclusioni: Un Principio Fondamentale per la Procedura Penale

La sentenza ribadisce un principio di diritto consolidato e di grande importanza pratica. La recidiva ha una duplice valenza: può essere una circostanza aggravante che incide sulla determinazione della pena, ma è anche uno status giuridico che produce effetti automatici su altri istituti, come la prescrizione. La decisione di non aumentare la pena non cancella l’esistenza della recidiva, che continua a produrre i suoi effetti previsti dalla legge. Questa pronuncia conferma che il calcolo della prescrizione segue regole proprie, basate su criteri oggettivi e non sulla discrezionalità del giudice nella commisurazione della sanzione finale.

La recidiva aumenta sempre la pena?
No. Come chiarisce la sentenza, il giudice può riconoscere la sussistenza della recidiva senza necessariamente applicare un aumento di pena. Tuttavia, il suo riconoscimento ha altre conseguenze legali.

In che modo la recidiva influisce sulla prescrizione del reato?
La recidiva, quando contestata e ritenuta sussistente, aumenta il termine massimo di prescrizione. Nello specifico, il termine di interruzione della prescrizione viene allungato (in questo caso, è pari alla metà del tempo base), anche se il giudice non ha applicato un aumento di pena concreto per la recidiva stessa.

Se la Corte d’Appello considera la recidiva per calcolare la prescrizione, sta violando il divieto di reformatio in peius?
No. La Corte Suprema ha stabilito che non c’è violazione del divieto di reformatio in peius se la Corte d’Appello si limita a riconoscere gli effetti della recidiva (già ritenuta sussistente in primo grado) sul calcolo della prescrizione. Questo perché la pena inflitta all’imputato non viene peggiorata; viene solo applicato correttamente il calcolo del tempo necessario a estinguere il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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