Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8171 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 8171  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME,
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s.
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RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 28/03/2023 la Corte d’appello di Firenze, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, in parziale riforma della sentenza del 19/04/2016 del Tribunale di Siena (impugnata anche dall’odierno ricorrente), che aveva condannato l’imputato alla pena di anni 3 /mesi 4 di reclusione ed euro 10.000 di multa in ordine al reato di cui all’articolo 73, comma 4, d.P.R. 309/1990, disponeva l’espulsione dell’Errabah dal territorio dello Stato.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo, violazione di legge in riferimento agli artt. 157, 161 c.p. e 649 c.p.p., non avendo il giudice di appello risposto correttamente alla doglianza contenuta nell’atto di appello relativa alla intervenuta prescrizione del reato.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
A pagina 2 della sentenza impugnata, la Corte di appello riferisce della non intervenuta prescrizione del reato perché, «tenuto conto del doppio aumento conseguente alla recidiva (in relazione alla quale non è stato proposto appello), essendo tale aggravante pienamente sussistente per i plurimi precedenti specifici dell’imputato in materia di stupefacenti – avrà scadenza il 17 marzo 2025».
Il Collegio evidenzia come l’isolata pronuncia (Sez. 6, n. 47269 del 09/09/2015, Fallani, Rv. 265518 – 01) citata dal ricorrente, secondo cui in tema di prescrizione, è possibile tener conto della recidiva reiterata al fine dell’individuazione del termine prescrizionale-base, ai sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen., o del termine massimo, ai sensi dell’art. 161, comma secondo, cod. pen., ma non contemporaneamente per tali fini, altrimenti ponendosi a carico del reo lo stesso elemento, in violazione del principio del “ne bis in idem” sostanziale, è stata ampiamente superata dalle successive e concordi pronunce della corte (ex plurimis, si vedano Sez. 2, n. 13463 del 18/02/2016, Gic:COGNOME, Rv. 266532 – 01; Sez. 6, n. 48954 del 21/09/2016, COGNOME, Rv. 268224 – 01; Sez. 6, n. 50089 del 28/10/2016, COGNOME, Rv. 268214 – 01; Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023, Rv. 285267 – 01), secondo cui la recidiva reiterata, in quanto circostanza a effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ex art. 157, comma secondo, cod. pen., sia, in presenza di atti interruttivi, su quello del termine massimo,
ex art. 161, comma secondo, cod. pen., senza che tale duplice valenza comporti violazione del principio del «ne bis in idem» sostanziale o dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizione.
Il ricorso è quindi manifestamente infondato, in quanto non si attiene ai principi stabiliti dalla giurisprudenza consolidata della Corte.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente l’issata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.