Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22830 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22830 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI BRESCIA nel procedimento a carico di: COGNOME nato a Brescia il 24/04/1976
avverso la sentenza del 09/01/2025 del Tribunale di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale ha chiesto che la sentenza impugnata venga annullata con rinvio;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 09/01/2025, il Tribunale di Brescia dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di truffa, commessa il 05/01/2015, di cui al capo a) dell’imputazione, e di ricettazione di un assegno, commessa in data antecedente e prossima al 05/01/2015, di cui al capo b) dell’imputazione, per essere gli stessi reati estinti per prescrizione.
Avverso tale sentenza del 09/01/2025 del Tribunale di Brescia, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Brescia, affidato a un unico motivo, con il quale lamenta, in relazione all’art. 606, comma
1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 99, quarto comma, 157 e 161 cod. pen., per avere il Tribunale di Brescia erroneamente dichiarato la prescrizione dei reati «nonostante fosse contestata, e non esclusa, la recidiva qualificata (reiterata specifica infraquinquennale)», circostanza aggravante a effetto speciale.
Il ricorrente deduce che tale circostanza aggravante, la quale sarebbe stata «chiaramente riferita ad entrambi i delitti contestati, l’uno strumentale alla perpetrazione dell’altro, per come pure si evince dal previo richiamo all’articolo 99 comma 4 secondo periodo c.p. anteposto alla contestazione di tutti e due i reati», non era stata esclusa dal Tribunale di Brescia e dovrebbe essere ritenuta in quanto i delitti sub iudice «sono espressione di maggiore pericolosità del soggetto ripetutamente condannato per furti anche in abitazione, ricettazioni e rapine».
Tanto dedotto, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Brescia argomenta che, posto che la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale, in quanto aggravante a effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo, ex art. 157, secondo comma, cod. pen., sia in presenza di atti interruttivi della prescrizione, quale, nella specie, il decreto citazione a giudizio – sul calcolo del termine prescrizionale massimo, ex art. 161, secondo comma, cod. pen., quest’ultimo applicabile termine massimo sarebbe, per il reato di truffa, di sedici anni e otto mesi e, per il reato di ricettazione, ventidue anni, due mesi e venti giorni. Termini che non erano decorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo è manifestamente infondato con riguardo a entrambi i reati di truffa e di ricettazione.
Quanto a quest’ultimo reato, si deve rilevare che, come si è detto, il ricorrente Procuratore generale ha affermato che la contestazione della recidiva era «chiaramente riferita ad entrambi i delitti contestati».
Tale affermazione non è condivisibile.
Dall’esame dell’elenco delle imputazioni, risulta infatti che la recidiva qualificata (reiterata specifica e infraquinquennale) era stata contestata all’imputato esclusivamente in relazione al reato di truffa di cui al capo a) e non anche in relazione al reato di ricettazione di cui al capo b).
Ciò acclarato, il Collegio ritiene di dare continuità all’orientamento della Corte di cassazione, da esso condiviso, secondo cui la recidiva è una circostanza aggravante e, come tale, per essere ritenuta in sentenza, deve avere formato oggetto di precisa contestazione con puntuale riferimento al singolo reato cui viene riferita dal giudice (Sez. 5, n. 20104 del 21/02/2024, M., Rv. 286519-01, relativa a una fattispecie in cui la Corte ha escluso l’applicabilità della recidiva in relazione
al reato di atti persecutori, sebbene fosse stata formalmente contestata con riferimento a un altro capo d’imputazione, avente a oggetto il medesimo titolo di reato ai danni di una diversa persona offesa; Sez. 3, n. 51070 del 07/06/2017, COGNOME, Rv. 271880-01, relativa a una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non applicabile la recidiva per un reato diverso da quello in relazione al quale era stata formalmente contestata, escludendo, altresì, che la stessa potesse intendersi riferita a ciascuna delle imputazioni, non essendo stata contestata in calce alle stesse; Sez. 6, n. 5075 del 09/01/2014, COGNOME, Rv. 258046-01, relativa a una fattispecie in cui la Corte ha escluso l’applicabilità della recidiva per un reato diverso da quelli in relazione ai quali la circostanza era stata formalmente contestata, ritenendo, inoltre, irrilevante l’addebito che era stato formulato nell’ordinanza di misura cautelare).
La Corte di cassazione ha altresì affermato – muovendosi, in realtà, sempre nel solco dell’orientamento interpretativo che si è appena rammentato – la possibilità che la recidiva, in quanto circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, sia contestata in calce a più imputazioni, nel quale caso essa si può intendere riferita a ciascuna delle stesse, a condizione che i reati siano strettamente collegati tra loro, in quanto commessi in concorso formale o anche in concorso materiale, se realizzati nella stessa data e riconducibili alla stessa indole (Sez. 2, n. 38714 del 12/09/2023, COGNOME Rv. 285030-01, con la quale la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso del Procuratore generale avverso la decisione che aveva ritenuto applicabile la recidiva al solo reato rispetto al quale era stata formalmente contestata sul rilievo che gli altri reati indicat nell’imputazione, ancorché della stessa indole, erano stati commessi in date diverse; Sez. 2, n. 22966 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281456-01).
Nel caso di specie, tuttavia, la recidiva non è stata contestata in calce alle imputazioni, con la conseguenza che, anche aderendo all’orientamento della Corte di cassazione che si è appena richiamato, si deve in ogni caso escludere che la stessa recidiva si possa ritenere contestata anche con riguardo al reato di ricettazione di cui al capo b) dell’imputazione.
Ne discende che del tutto correttamente il Tribunale di Brescia ha ritenuto che la recidiva qualificata non fosse stata contestata con riguardo a tale reato di ricettazione e non ne ha di conseguenza tenuto conto ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere lo stesso reato.
Tale termine è stato perciò esattamente determinato dal Tribunale di Brescia in dieci anni (otto anni, massimo della pena edittale per il reato di ricettazione, aumentati di un quarto ex art. 161, secondo comma, cod. pen.), con la conseguenza che, posto che il reato ricettazione era stato contestato come commesso in data antecedente e prossima al 05/01/2015, lo stesso termine di
dieci anni era maturato, al più tardi, il 05/01/2025, cioè prima dell’emissione dell’impugnata sentenza del Tribunale di Brescia (che è del 09/01/2025), che ha pertanto correttamente ritenuto l’estinzione del reato per prescrizione.
Quanto al reato di truffa – con riguardo al quale la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale era stata invece effettivamente contestata ed era stata ritenuta dal Tribunale di Brescia («computata la recidiva contestata») – si deve osservare che, nel caso di delitti che sono puniti, nel massimo, con una pena edittale inferiore a sei anni di reclusione (come nel caso della truffa), qualora sia contestata una circostanza aggravante a effetto speciale (come la recidiva reiterata specifica e infraquinquenale), l’aumento per tale circostanza aggravante va operato sulla pena massima che è stabilita per il reato consumato o tentato (nel caso di specie, tre anni) e non sul termine di sei anni che è previsto dall’art. 157, comma 1, cod. pen. (Sez. 3, n. 26868 del 19/04/2019, Cilente, Rv. 27601601; Sez. 4, n. 101 del 11/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265578-01; Sez. 3, n. 3391 del 12/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262015-01), come mostra di ritenere invece il ricorrente col reputare che il tempo necessario a prescrivere la truffa aggravata dalla menzionata recidiva qualificata sia pari a dieci anni.
Pertanto, nel caso di specie, posto che la truffa è punita con la pena massima di tre anni, essendo tale reato aggravato dalla recidiva reiterata specifica e infraquinquennale, il massimo della pena edittale è di cinque anni (tre anni, aumentati di due terzi ex art. 99, quarto comma, ultima parte, cod. pen.), con la conseguenza che trova applicazione la regola subordinata che è stabilita dalla seconda parte del primo comma dell’art. 157 cod. pen. secondo cui la prescrizione estingue il reato decorso «comunque un tempo non inferiore a sei anni».
L’interruzione del corso della prescrizione, per effetto del decreto di citazione a giudizio, comporta poi, a norma dell’art. 161, secondo comma, cod. pen., l’aumento di due terzi del suddetto tempo di sei anni, con la conseguenza che il reato di truffa si prescriveva in dieci anni.
Poiché lo stesso reato è stato contestato come commesso il 05/01/2015, tale termine prescrizionale era maturato il 05/01/2025, cioè prima dell’emissione dell’impugnata sentenza del Tribunale di Brescia (che è del 09/01/2025), che ha pertanto correttamente ritenuto l’estinzione del reato per prescrizione.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, attesa la manifesta infondatezza del suo unico motivo.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 16/05/2025.