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Recidiva e prescrizione: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. L’ordinanza sottolinea due punti chiave: un motivo di ricorso non può essere presentato per la prima volta in Cassazione se non sollevato in appello, e la prescrizione del reato non matura se è presente una recidiva qualificata, in quanto quest’ultima estende significativamente i termini previsti dalla legge.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Prescrizione: l’Ordinanza della Cassazione che Blocca il Ricorso

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sull’interazione tra la recidiva qualificata e l’istituto della prescrizione nel diritto penale. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, ribadendo principi procedurali e sostanziali di grande rilevanza pratica. Analizziamo come la precedente condotta criminale dell’imputato abbia precluso la possibilità di estinguere il reato per decorso del tempo.

I fatti del processo

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria per il reato di ricettazione commesso nel 2011, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due principali argomentazioni. In primo luogo, contestava l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva. In secondo luogo, sosteneva che il reato dovesse essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione.

Inammissibilità del motivo sulla recidiva: una lezione di procedura

La Suprema Corte ha immediatamente respinto il primo motivo di ricorso, qualificandolo come inammissibile. La ragione è puramente procedurale ma fondamentale: la contestazione relativa all’applicazione dell’aggravante della recidiva non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ossia nell’atto di appello.

L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. La contestazione sull’aggravante non rientrava in questa categoria, rendendo la doglianza tardiva e, quindi, inaccettabile.

L’impatto della recidiva qualificata sulla prescrizione

Il cuore della decisione si concentra sul secondo motivo, relativo alla mancata declaratoria di prescrizione. La Corte lo ha giudicato ‘manifestamente infondato’. La difesa dell’imputato non aveva tenuto conto degli effetti dirompenti della specifica forma di recidiva contestata all’imputato: reiterata, specifica ed infraquinquennale.

Questo tipo di recidiva non è una mera circostanza comune, ma un’aggravante ‘ad effetto speciale’. La sua presenza modifica radicalmente le regole per il calcolo della prescrizione, agendo su due fronti:

1. Termine base di prescrizione: Ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p., la presenza di tale aggravante comporta un aumento del termine di prescrizione ordinario.
2. Proroga per atti interruttivi: In base all’art. 161, comma 2, c.p., in caso di atti che interrompono il corso della prescrizione (come un decreto di citazione a giudizio), l’estensione massima del termine non è più di un quarto, ma può arrivare fino a limiti molto più ampi, impedendo di fatto la maturazione della prescrizione nei tempi ordinari.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha basato la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale consolidato, citando una precedente sentenza (Sez. 2, n. 57755 del 12/10/2018). Il ragionamento è lineare: la recidiva qualificata, essendo un’aggravante ad effetto speciale, incide direttamente e pesantemente sui termini di prescrizione. Ignorare questo dato normativo e giurisprudenziale ha reso la tesi del ricorrente palesemente infondata e in contrasto con la legge. Pertanto, il calcolo del tempo necessario a prescrivere il reato, una volta considerata la recidiva, risultava ben lontano dall’essere completato.

Le conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione riafferma due principi cardine. Dal punto di vista processuale, sottolinea la necessità di articolare tutte le proprie difese nei gradi di merito, poiché le omissioni non possono essere sanate in sede di legittimità. Dal punto di vista sostanziale, conferma che la recidiva qualificata non è un mero dettaglio, ma un elemento che trasforma la fisionomia del reato e delle sue conseguenze, inclusa la sua estinzione per il passare del tempo.

È possibile contestare l’applicazione di un’aggravante per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che la censura doveva essere dedotta come motivo di appello. Non farlo la rende inammissibile in sede di legittimità, come prescritto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

In che modo una recidiva qualificata influisce sulla prescrizione di un reato?
La recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, essendo una circostanza aggravante ad effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine-base di prescrizione (art. 157 c.p.), aumentandolo, sia sull’entità della proroga in presenza di atti interruttivi (art. 161 c.p.).

Qual è stata la decisione finale della Corte e perché?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il primo motivo era proceduralmente irricevibile perché non sollevato in appello, mentre il secondo era manifestamente infondato perché la tesi della prescrizione era in palese contrasto con la normativa e la giurisprudenza consolidata sugli effetti della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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