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Recidiva e prescrizione: il calcolo della Cassazione

Un imputato, condannato per furto, ha presentato ricorso in Cassazione contestando il calcolo del termine di prescrizione. Sosteneva che l’applicazione della recidiva reiterata sia per determinare il termine base sia per calcolare l’aumento massimo violasse il principio del ‘ne bis in idem’. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che, secondo l’orientamento maggioritario, la recidiva incide su entrambi i calcoli senza violare alcun principio, in quanto è una scelta del legislatore attribuire tale duplice valenza.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Prescrizione: La Cassazione sul Doppio Effetto della Recidiva Reiterata

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce su un tema tecnico ma cruciale del diritto penale: il rapporto tra recidiva e prescrizione. La Suprema Corte ha confermato l’orientamento maggioritario secondo cui la recidiva reiterata ha un duplice effetto sul calcolo dei termini di prescrizione, senza che ciò violi il principio del ne bis in idem. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso e i Motivi del Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato, condannato in appello per il reato di furto. La difesa ha sollevato due questioni principali davanti alla Corte di Cassazione. La prima, relativa al trattamento sanzionatorio, è stata rapidamente respinta in quanto la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, se adeguatamente motivata. La seconda, ben più complessa, riguardava l’asserita violazione di legge nel calcolo del termine di prescrizione del reato.

La Tesi Difensiva sul Principio del Ne bis in idem

Il punto centrale del ricorso era la modalità di calcolo della prescrizione in presenza di una recidiva reiterata. Secondo la difesa, la recidiva non poteva essere utilizzata due volte: una prima volta per determinare il termine base di prescrizione (ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p.) e una seconda volta per aumentare il termine massimo in caso di atti interruttivi (ai sensi dell’art. 161, comma 2, c.p.). Agire in tal modo, secondo il ricorrente, avrebbe significato porre a carico dell’imputato lo stesso elemento (la recidiva) per due volte, in violazione del principio sostanziale del ne bis in idem (divieto di essere puniti due volte per la stessa cosa).

Le Motivazioni della Cassazione sul tema Recidiva e Prescrizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il motivo manifestamente infondato, allineandosi all’orientamento giurisprudenziale dominante.

Il Doppio Rilievo della Recidiva Reiterata

I giudici hanno chiarito che la recidiva reiterata, qualificata come circostanza ad effetto speciale, incide legittimamente su entrambi i fronti del calcolo. In primo luogo, essa concorre a definire il termine di prescrizione minimo del reato, come previsto dall’art. 157 c.p. In secondo luogo, in presenza di atti che interrompono la prescrizione, la stessa recidiva giustifica un’estensione maggiore del termine massimo, come stabilito dall’art. 161 c.p.

L’insussistenza della Violazione del Ne bis in idem

La Corte ha spiegato che tale meccanismo non viola il principio del ne bis in idem. La ragione è che è lo stesso legislatore a indicare i criteri per l’applicazione di un elemento che, per scelta normativa, è “astratttamente suscettibile di assumere doppia valenza”. In altre parole, non si tratta di una doppia punizione decisa dal giudice, ma dell’applicazione di una regola precisa voluta dal legislatore per definire i tempi della prescrizione per i soggetti che dimostrano una maggiore pericolosità sociale.
Inoltre, la Corte ha specificato che tale interpretazione non contrasta nemmeno con l’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, poiché l’istituto della prescrizione non rientra nell’ambito di tutela del ne bis in idem delineato dalla giurisprudenza europea (caso Zolotoukhine vs. Russia).

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato e di notevole importanza pratica. La recidiva reiterata ha un peso determinante nel calcolo della prescrizione, estendendo significativamente i tempi necessari per l’estinzione del reato. La decisione conferma che questo duplice impatto è pienamente legittimo e non viola i principi fondamentali del nostro ordinamento. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’analisi della posizione di un imputato recidivo richiede un’attenzione particolare al calcolo dei termini, che risultano più lunghi sia nella base di partenza sia nel loro tetto massimo invalicabile.

La recidiva reiterata può essere usata sia per calcolare il termine base di prescrizione sia per aumentare il termine massimo in caso di interruzioni?
Sì, secondo l’orientamento maggioritario confermato dalla Corte di Cassazione, la recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, incide legittimamente sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo (art. 157, comma 2, c.p.) sia sull’entità della proroga del termine massimo in presenza di atti interruttivi (art. 161, comma 2, c.p.).

Utilizzare la recidiva per calcolare sia il termine base che il termine massimo di prescrizione viola il principio del ‘ne bis in idem’?
No. La Corte ha chiarito che non si configura alcuna violazione del principio del ‘ne bis in idem’, poiché è una scelta del legislatore attribuire a tale elemento una duplice valenza nel definire i tempi di estinzione del reato, senza che ciò comporti una doppia punizione per lo stesso fatto.

La graduazione della pena decisa dal giudice di merito può essere contestata in Cassazione?
Generalmente no. La Corte ha ribadito che la graduazione della pena, inclusa la valutazione di aggravanti e attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, a condizione che la decisione sia supportata da una motivazione congrua e logica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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