Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14660 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14660 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SIRACUSA il 18/05/1976
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catania che ha confermato la condanna dell’imputato per il delitto di furto;
rilevato che con il primo motivo il ricorso denunzia la violazione di legge in relazion trattamento sanzionatorio;
ritenuto che esso non sia consentito dalla legge in sede di legittimità e sia manifestamente infondato, atteso che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e all diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rien nella discrezionalità del giudice di merito alla luce dei criteri indicati dagli artt. 132 e pen.; e che, nella specie, l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in parti pag. 2-3 della sentenza impugnata);
rilevato che con il secondo motivo di ricorso la difesa deduce l’inosservanza della legg penale in ordine al calcolo del termine di prescrizione del reato, richiamando una pronunci secondo cui, in tema di prescrizione, è possibile tenere conto della recidiva reiterata al dell’individuazione del termine prescrizionale-base, ai sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen., o del termine massimo, ai sensi dell’art. 161, comma secondo, cod. pen., ma non contemporaneamente per tali fini, diversamente ponendosi a carico dell’imputato lo stesso elemento, in violazione del principio del ne bis in idem sostanziale (così Sez. 6, n. 47269 del 09/09/2015, COGNOME, Rv. 265518 – 01);
ritenuto che il motivo sia manifestamente infondato alla luce dell’orientamento del tutt maggioritario della giurisprudenza di legittimità secondo cui la recidiva reiterata, q circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen. e, in presenza di atti interruttivi, anche su que del termine massimo, in ragione della entità della proroga, ex art. 161, comma secondo, cod. pen. (Sez. 2, n. 5985 del 10/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272015 – 01; Sez. 6, n. 50089 del 28/10/2016, COGNOME Rv. 268214 – 01; Sez. 3, n. 50619 del 30/01/2017, COGNOME, Rv. 271802 – 01); orientamento, questo, che non comporta alcuna violazione del ne bis in idem in senso sostanziale (essendo sempre il legislatore a indicare i criteri pe applicare l’elemento astrattamente suscettibile di assumere doppia valenza), né dell’art. 4 de Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine vs. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto d prescrizione (Sez. 5, n. 32679 del 16/07/2018, Píreddu, Rv. 273490 – 01);
ritenuto, infatti, che nel caso di specie il tempo necessario a prescrivere ex art. 157 c pen. sia di 6 anni, muovendo dalla pena detentiva inflitta per il reato di furto (pari a 3 a reclusione ex art. 624, primo comma, cod. pen.), considerato l’aumento di due terzi fino a 5 anni in applicazione della recidiva reiterata infraquinquennale e specifica ex art. 99, quarto comma, ultima parte, cod. pen., e giungendosi quindi 6 anni; termine che deve essere aumentato in relazione alle interruzioni, ex art. 161, secondo comma, cod. pen., in considerazione della ritenuta recidiva, nella misura di 4 anni, pari a due terzi rispetto al termine di 6 anni indiv
ai sensi dell’art. 157 cod. pen., giungendosi così a un termine complessivo di 10 a termine di prescrizione che maturerà, dunque, il 24 maggio 2026;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con con ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in fav
Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 marzo 2025.