Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8218 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8218 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato il 23/02/1948 a Bovalino avverso la sentenza del 10/10/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Reggio Calabria, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, rideterminava in tre anni e sei mesi di reclusione la pena inflitta in primo grado a NOME COGNOME per il delitto di peculato (art. 314 cod. pen.), per aver trasmesso ad
una filiale del Comune di Bovalino della Banca di Credito cooperativo di Cittanova, tesoriere del predetto Comune, una copia di un mandato di pagamento in cui era stato modificato il beneficiario, indicando tale NOME COGNOME, anziché la Tesoreria provinciale dello Stato, al fine di occultare l’illecita appropriazione, simulando in favore del predetto COGNOME un “rimborso indennità erariale esproprio” ed ottenendo così che la somma fosse accreditata ad un conto intestato a COGNOME il quale trasferiva, a sua volta, una parte della somma all’imputato mediante assegni circolari.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, per il tramite dell’Avvocato NOME COGNOME articolando due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deduce errata applicazione della legge penale e omessa motivazione quanto alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
I Giudici dell’appello hanno escluso la prescrizione del reato in considerazione della recidiva specifica, contestata e ritenuta in primo grado. Non hanno però valutato come dal certificato del casellario giudiziario emerga una sentenza di applicazione della pena su richiesta nel luglio 1999 e che non risulta la commissione di alcun reato nei cinque anni successivi al passaggio in giudicato della stessa (art. 445, comma 2, cod. proc. pen.), sicché, ai fini del calcolo del termine di prescrizione, non avrebbe potuto essere considerato l’aumento della pena a seguito di recidiva specifica, disponendo l’art. 106, comma 2, cod. pen., in deroga a quanto previsto al comma 1, che, qualora vi sia stata l’estinzione, agli effetti penali della precedente condanna non si debba tener conto degli effetti della recidiva. Estinzione del reato che opera ipso iure.
2.2. Con il secondo motivo si deducono i medesimi vizi, sempre in relazione alla prescrizione del reato ma sotto altro profilo: la Corte d’appello, riconoscendo, in riforma della decisione di primo grado, l’equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la contestata recidiva specifica, non avrebbe potuto tenere conto dell’aumento di metà della pena in virtù della recidiva medesima (art 69, comma 3, cod. pen).
Ha presentato conclusioni scritte il Comune di Bovalino, per il tramite dell’Avvocato NOME COGNOME riportandosi al contenuto dell’atto di costituzione di parte civile e chiedendo la conferma della responsabilità dell’imputato.
Ha presentato conclusioni scritte anche l’imputato, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Come implicitamente riconosciuto dallo stesso ricorrente, la non configurabilità della recidiva era stata dedotta per la prima volta dinanzi alla Corte d’appello con una memoria, e dunque, successivamente alla presentazione dei motivi d’appello, ove la questione non era stata eccepita.
Ciò ha precluso la considerazione della doglianza da parte dei Giudici di secondo grado, vincolati al rispetto del principio devolutivo (art. 597, comma 1, cod. pen.), ed impedito, di conseguenza, la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione dello stesso.
Il Collegio condivide, infatti, quanto osservato dal Procuratore Generale nella cui requisitoria si osserva che «in tema di impugnazioni, il motivo inerente alla configurabilità della recidiva costituisce un punto autonomo della decisione, sicché, ove l’appello originario abbia avuto riguardo ad altri aspetti del trattamento sanzionatorio, non ci si può dolere, con i motivi aggiunti, dell’insufficiente motivazione o della violazione delle disposizioni in tema di recidiva (Sez. 5, n. 40390 del 19/09/2022, Rv. 283803 – 01)»; si aggiunge come nel giudizio di impugnazione, la facoltà della parte di presentare memorie non possa superare le preclusioni fissate dai termini per impugnare e da quelli concessi per la presentazione di motivi nuovi ai sensi dell’art. 585, commi 1, 4 e 5, cod. proc. pen., sicché la memoria difensiva può solo supportare, con dovizia di particolari e più puntuali argomentazioni, i temi già devoluti con il mezzo di impugnazione proposto (Sez. 3, n. 25868 del 20/02/2024, Rv. 286729 – 01)». E si conclude che, essendo stata dedotta l’erronea applicazione della recidiva soltanto con la memoria difensiva e non con l’appello originario, la Corte di Appello ha correttamente riconosciuto che il reato contestato non si è estinto per prescrizione, in quanto, per effetto della recidiva specifica, ritenuta in primo grado senza censura da parte dell’appellante, la pena cui fare riferimento per la prescrizione minima è pari al massimo edittale aumentato della metà».
2. Anche il secondo motivo è infondato.
È insegnamento costante di questa Corte quello secondo cui «una circostanza aggravante deve essere ritenuta, oltre che riconosciuta, anche applicata, non solo allorquando nella realtà giuridica di un processo viene attivato il suo effetto tipico di aggravamento della pena, ma anche quando se ne tragga, ai sensi dell’art. 69 cod. pen., un altro degli effetti che le sono propri e cioè quello di paralizzare un’attenuante, impedendo a questa di svolgere la sua
funzione di concreto alleviamento della pena irroganda per il reato». Viceversa, «non è da ritenere applicata l’aggravante solo allorquando, ancorché riconosciuta la ricorrenza dei suoi estremi di fatto e di diritto, essa non manifesti concretamente alcuno degli effetti che le sono propri a cagione della prevalenza attribuita all’attenuante la quale non si limita a paralizzarla, ma la sopraffà, in modo che sul piano dell’afflittività sanzionatoria l’aggravante risulta tamquam non esset» (Sez. U. n. 17 del 18/06/1991 Rv. 187856).
Se ne desume pacificamente che, ai fini del computo del termine di prescrizione, la circostanza aggravante – qual è la recidiva – deve ritenersi applicata anche a seguito di bilanciamento (art. 69 cod. pen.) con circostanze attenuanti (ex multis, Sez. 5, n. 48891 del 20/09/2018, COGNOME, Rv. 274601, che richiama Sez. 5, n. 41784 del 27/05/2016, COGNOME, Rv. 268271; Sez. 2, n. 2731 del 02/12/2015, dep. 2016, Conti, 3 Rv. 265729).
Essendo entrambi i motivi infondati, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M .
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/02/2025