Recidiva e prescrizione: la Cassazione fa chiarezza sul calcolo
Il rapporto tra recidiva e prescrizione rappresenta uno degli aspetti più tecnici e complessi del diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante delucidazione su come vada calcolato il termine massimo di prescrizione quando all’imputato viene contestata la recidiva reiterata, anche qualora questa venga poi bilanciata con le circostanze attenuanti. La decisione sottolinea che certi automatismi normativi prevalgono sulle valutazioni di merito del giudice, con effetti diretti sulla possibilità di estinguere il reato per decorso del tempo.
I fatti del caso
Un soggetto, condannato per il delitto di resistenza, presentava ricorso in Cassazione sostenendo che il reato dovesse considerarsi estinto per prescrizione. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non aveva correttamente valutato questo aspetto. L’elemento cruciale della vicenda era la contestazione all’imputato della recidiva reiterata nel quinquennio, una circostanza che aggrava la posizione di chi commette nuovi reati dopo precedenti condanne.
L’impatto della recidiva e prescrizione sul tempo necessario a estinguere il reato
La questione giuridica posta all’attenzione della Suprema Corte era la seguente: come si calcola il termine di prescrizione quando la recidiva, sebbene contestata, viene giudicata equivalente alle attenuanti? La difesa implicitamente suggeriva che tale bilanciamento dovesse neutralizzare gli effetti della recidiva anche ai fini della prescrizione. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa interpretazione, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato in modo dettagliato il meccanismo di calcolo previsto dalla legge. Anche se il giudice di merito ritiene la recidiva equivalente alle attenuanti (e quindi non aumenta la pena concreta da scontare), la sua presenza ha un effetto inderogabile sul calcolo del tempo necessario a prescrivere il reato, come stabilito dall’art. 161 del codice penale.
Il ragionamento della Corte segue questi passaggi:
1. Primo Aumento: Ai fini del calcolo della prescrizione, si deve prima aumentare la pena base di due terzi a causa della recidiva reiterata.
2. Secondo Aumento: Sull’importo così ottenuto, si applica un ulteriore aumento di due terzi, come previsto specificamente dall’art. 161 c.p. per i casi di recidiva qualificata.
Nel caso specifico, partendo da una pena base teorica, si arrivava a un termine massimo di prescrizione di 13 anni, 10 mesi e 20 giorni. Poiché il reato era stato commesso il 21 dicembre 2012, alla data della decisione tale termine non era ancora trascorso.
La Corte ha inoltre precisato che il mancato esame specifico della questione da parte della Corte d’Appello non costituiva un vizio di motivazione rilevante, trattandosi di un profilo puramente giuridico che la Cassazione poteva valutare direttamente, confermando la correttezza del calcolo e l’assenza della prescrizione.
Le conclusioni
La decisione riafferma un principio fondamentale: la recidiva qualificata, una volta contestata, produce effetti automatici sull’allungamento dei termini di prescrizione, indipendentemente dal giudizio di bilanciamento con le attenuanti. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di analizzare con estrema attenzione tutti gli elementi che incidono sul decorso del tempo nel processo penale. Per l’imputato, la declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Come incide la recidiva reiterata sul termine di prescrizione di un reato?
La recidiva reiterata comporta un significativo aumento del termine massimo di prescrizione, anche se viene considerata equivalente alle attenuanti. Il calcolo prevede un doppio aumento della pena base ai soli fini della determinazione del tempo necessario a estinguere il reato, come previsto dall’art. 161 del codice penale.
Se la recidiva viene bilanciata con le attenuanti, i termini di prescrizione non si allungano?
No. Secondo la Corte, il giudizio di bilanciamento tra recidiva e attenuanti influisce sulla determinazione della pena da scontare, ma non neutralizza l’effetto di allungamento dei termini di prescrizione previsto dalla legge in caso di recidiva qualificata.
Cosa succede se la Corte d’Appello non si pronuncia espressamente sulla questione della prescrizione sollevata dall’imputato?
Secondo la Cassazione, non si tratta di un vizio di motivazione che invalida la sentenza. Essendo una questione di puro diritto, la Corte di Cassazione può valutarla direttamente e, se rileva che la prescrizione non è maturata sulla base dei calcoli corretti, può rigettare il motivo di ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14797 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14797 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto il delitto di resistenza non è estinto per prescrizione, essendo a tal fine irrilevante -in quanto si tratta di profilo giuridico, che si sottrae al vizio di motivazione (Sez U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027)- il mancato esame della questione da parte della Corte di appello: essendo stata contestata e ravvisata la recidiva reiterata nel quinquennio, seppur reputata equivalente alle attenuanti, ai fini del computo deve dapprima aumentarsi di due terzi la pena base, così pervenendosi ad anni otto e mesi quattro, dopo di che deve procedersi all’ulteriore aumento di due terzi ai sensi dell’art. 161 cod. pen. così pervenendosi al termine massimo pari ad anni 13, mesi 10 e giorni 20, non decorso a partire dal 21/12/2012;
Ritenuto in conclusione che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Prijente