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Recidiva e prescrizione: come si calcola il tempo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2391/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione e falso. L’imputato sosteneva un errore nel calcolo della prescrizione, ritenendo che la recidiva, giudicata subvalente rispetto a un’attenuante, non dovesse incidere. La Corte ha ribadito che ai fini del calcolo del tempo per la prescrizione del reato, si deve sempre tener conto della recidiva contestata e ritenuta, a prescindere dal suo bilanciamento con altre circostanze. Questa decisione consolida un principio fondamentale in materia di recidiva e prescrizione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Prescrizione: La Cassazione Chiarisce il Calcolo

Il rapporto tra recidiva e prescrizione rappresenta un nodo cruciale nel diritto penale, spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 2391/2024) ha fornito un’importante precisazione su come la recidiva influenzi il calcolo del tempo necessario a estinguere un reato. La Suprema Corte ha stabilito che la recidiva, una volta contestata e ritenuta dal giudice, rileva sempre ai fini della prescrizione, anche quando viene considerata meno importante di una circostanza attenuante.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato dalla Corte di Appello di Firenze per i reati di ricettazione e falso in documento d’identità. La difesa dell’imputato aveva sollevato un’eccezione di prescrizione, sostenendo che il tempo necessario per estinguere i reati fosse già trascorso. L’argomentazione si basava su un punto specifico: la recidiva specifica e infraquinquennale contestata all’imputato era stata giudicata “subvalente” rispetto a un’attenuante speciale. Secondo il difensore, questa valutazione avrebbe dovuto rendere la recidiva irrilevante ai fini del calcolo dei termini di prescrizione.

La Questione Giuridica sul Calcolo della Recidiva e Prescrizione

La questione sottoposta alla Corte era se una circostanza aggravante come la recidiva, qualora venga “neutralizzata” nel giudizio di bilanciamento con le attenuanti (art. 69 cod. pen.), perda la sua efficacia anche nell’allungare i termini di prescrizione. In altre parole, se la recidiva è ritenuta meno grave di un’attenuante, si deve comunque tenerne conto per calcolare quando il reato si estingue? Questa domanda è fondamentale, poiché la presenza della recidiva può aumentare significativamente il tempo necessario perché un reato cada in prescrizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente la tesi difensiva. I giudici hanno richiamato un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, fondato su una chiara disposizione normativa: l’articolo 157, terzo comma, del codice penale.

Questa norma stabilisce espressamente che, per determinare il tempo necessario a prescrivere, non si applicano le disposizioni sul giudizio di comparazione tra circostanze (art. 69 cod. pen.). Di conseguenza, è del tutto irrilevante che la recidiva sia stata considerata subvalente o anche solo equivalente a una o più attenuanti. Ciò che conta, ai soli fini della prescrizione, è che la recidiva sia stata formalmente contestata dall’accusa e ritenuta esistente dal giudice nella sentenza.

La Corte ha sottolineato che la valutazione comparativa tra aggravanti e attenuanti ha effetto solo sulla determinazione della pena finale, non sul calcolo del tempo per l’estinzione del reato. Ignorare la recidiva in questo contesto significherebbe disapplicare una norma specifica (l’art. 157, comma 3) che il legislatore ha introdotto proprio per evitare che il bilanciamento delle circostanze incida sui tempi di prescrizione.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma con forza un principio chiaro: la recidiva e prescrizione seguono binari distinti rispetto al bilanciamento delle circostanze ai fini della pena. Una volta che la recidiva è legalmente riconosciuta in una sentenza, il suo effetto di prolungamento dei termini di prescrizione è automatico e non può essere annullato dal giudizio di comparazione. La decisione della Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, chiude la porta a interpretazioni creative della norma e garantisce certezza nell’applicazione della legge penale.

La recidiva aumenta sempre il tempo necessario per la prescrizione di un reato?
Sì, secondo l’ordinanza, se la recidiva è stata formalmente contestata e ritenuta esistente nella sentenza, essa determina sempre un aumento del tempo necessario per la prescrizione del reato, conformemente a quanto previsto dalla legge.

Cosa accade se in una sentenza la recidiva viene giudicata meno grave di un’attenuante (subvalente)?
Ai fini del calcolo della prescrizione, questa valutazione è irrilevante. L’art. 157, comma 3, del codice penale esclude espressamente che il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti possa incidere sulla determinazione del tempo necessario a prescrivere.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché l’argomento della difesa era considerato manifestamente infondato, in quanto si poneva in diretto contrasto con il chiaro dettato normativo dell’art. 157, comma 3, cod. pen. e con la giurisprudenza consolidata della stessa Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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