Recidiva e prescrizione: la Cassazione fa il punto sull’aumento dei termini
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sul rapporto tra recidiva e prescrizione nel diritto penale. La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato, ha ribadito principi fondamentali riguardanti la valutazione della pericolosità sociale e i suoi effetti diretti sull’estinzione del reato. Analizziamo come i giudici di legittimità hanno affrontato un caso di lesioni aggravate, confermando la condanna e chiarendo i meccanismi di calcolo dei termini prescrizionali in presenza di una recidiva qualificata.
I Fatti del Caso: Lesioni e Ricorso in Cassazione
Un soggetto, già condannato in passato per gravi reati, veniva nuovamente giudicato colpevole per il delitto di lesioni personali aggravate. La Corte d’Appello confermava la sua responsabilità. Contro tale decisione, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Errata applicazione della recidiva: La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero motivato adeguatamente la sussistenza della recidiva infraquinquennale.
2. Mancata dichiarazione di prescrizione: Conseguentemente al primo punto, si lamentava che, senza l’aggravante della recidiva, il reato sarebbe dovuto essere dichiarato estinto per prescrizione.
L’imputato, infatti, aveva commesso il nuovo reato mentre era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, un dettaglio che si rivelerà cruciale per la decisione della Corte.
L’Analisi della Corte sulla Recidiva e Prescrizione
La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, ritenendoli manifestamente infondati. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti strettamente collegati.
La Sussistenza della Recidiva
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato infondato perché la Corte di merito aveva correttamente ravvisato i presupposti della recidiva. La perpetrazione di un nuovo reato, per di più mentre l’imputato era soggetto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, è stata considerata una chiara dimostrazione della sua ‘accresciuta pericolosità’. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta congrua e logica, e quindi immune da censure. La recidiva non è un automatismo, ma in questo caso era pienamente giustificata dalle circostanze.
L’Impatto della Recidiva sui Termini di Prescrizione
Il secondo motivo, relativo alla prescrizione, è stato parimenti respinto. I giudici hanno chiarito che, a causa dell’applicazione della recidiva qualificata (ex art. 99, comma 2, c.p.), i termini di prescrizione del reato si erano allungati. Il reato era stato commesso il 6 luglio 2014; con l’estensione dovuta alla recidiva, il termine ultimo per la prescrizione sarebbe scaduto il 6 luglio 2023. Poiché la sentenza della Corte d’Appello era stata emessa il 26 aprile 2023, ossia prima di tale scadenza, il reato non poteva considerarsi prescritto. La Corte ha inoltre specificato che, essendo il ricorso inammissibile, non sarebbe stato comunque possibile rilevare un’eventuale prescrizione maturata successivamente.
La Decisione Finale: Inammissibilità e Condanna alle Spese
Alla luce della manifesta infondatezza di entrambi i motivi, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, questa decisione comporta non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione è giustificata dalla ‘colpa’ del ricorrente nell’aver presentato un’impugnazione palesemente priva di fondamento, contribuendo a un inutile dispendio di risorse giudiziarie.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda su un ragionamento lineare e rigoroso. La contestazione sulla recidiva è stata superata evidenziando come la Corte di merito avesse fornito una giustificazione logica e sufficiente, ancorata alla prova della maggiore pericolosità dell’imputato. La commissione di un reato in costanza di sorveglianza speciale è un indice inequivocabile di tale pericolosità. Di conseguenza, il calcolo della prescrizione, che teneva conto dell’allungamento dei termini previsto per legge in caso di recidiva qualificata, era matematicamente corretto. La decisione della Corte d’Appello era, quindi, intervenuta in tempo utile. L’inammissibilità del ricorso ha precluso ogni ulteriore valutazione, cristallizzando la condanna.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento penale: la recidiva, sebbene non automatica, quando è motivata da una concreta e accertata pericolosità sociale, dispiega pienamente i suoi effetti sia sulla commisurazione della pena sia sul piano processuale. In particolare, il suo impatto sulla prescrizione è uno strumento volto a garantire che chi persevera nell’attività criminale non possa beneficiare dell’estinzione del reato per il semplice decorso del tempo. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta da parte dei giudici di merito, la cui logica motivazionale, se solida, non è sindacabile in sede di legittimità.
Quando è giustificata l’applicazione della recidiva?
Secondo l’ordinanza, la recidiva è giustificata quando la commissione di un nuovo reato dimostra un’accresciuta pericolosità dell’imputato, come nel caso in cui il fatto avvenga mentre la persona è già sottoposta a una misura di prevenzione come la sorveglianza speciale.
In che modo la recidiva influisce sui termini di prescrizione di un reato?
L’applicazione di specifiche forme di recidiva, come quella prevista dall’art. 99, comma 2, del codice penale, comporta un aumento della durata del tempo necessario perché il reato si estingua per prescrizione, come stabilito dall’art. 161, comma 2, del codice penale.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
Se un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver promosso un’impugnazione con motivi manifestamente infondati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31293 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31293 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TROPEA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/04/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro in data 26 aprile 2023 che ne ha confermato la condanna per il delitto aggravato di lesioni personali;
considerato che il primo motivo, con cui si lamentano la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della recidiva infraquinquennale, è manifestamente infondato in quanto la Corte di merito ha ravvisato i presupposti della contestata recidiv ritenendo dimostrativa dell’accresciuta pericolosità dell’imputato la perpetrazione del reato (p dopo le precedenti condanne per gravi reati) in costanza di sottoposizione alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, così rendendo un’argomentazione congrua e logica (cfr. Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935 – 01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841 – 01), immune da censure;
considerato che il secondo motivo, con il quale si denunciano l’erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione in merito all’incidenza della recidiva sul calcolo prescrizione del reato, assumendo che la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare prescritto il reato, è manifestamente infondato in quanto, in ragione della recidiva ex art. 99, comma 2, cod. pen., il reato (commesso il 6 luglio 2014) non poteva prescriversi se non in data 6 luglio 2023 (cfr. art. 161, comma 2, cod. pen.), e quindi in data successiva rispetto alla pronuncia di second grado (il che, a fronte di un ricorso inammissibile, non consente di rilevare la prescrizione questa sede);
considerato che non può condurre a diverse conclusioni quanto esposto nella memoria presentata nell’interesse dell’imputato, con cui la difesa ha ribadito la fondatezza dei motiv ricorso;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazion (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, R 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10/04/2024.