Recidiva e precedenti penali: La Cassazione chiarisce i limiti per le attenuanti
In materia penale, la valutazione del passato di un imputato gioca un ruolo cruciale nella determinazione della pena. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito come la recidiva e precedenti penali di un individuo possano precludere l’accesso a benefici come le attenuanti generiche, rendendo di fatto inattaccabile la decisione dei giudici di merito. L’analisi di questo caso offre spunti importanti su come la personalità dell’imputato, desunta dalla sua storia criminale, influenzi l’esito del processo.
I fatti del caso
Il caso trae origine da una condanna per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato, non accettando la sentenza della Corte d’Appello, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando due vizi principali: l’errata applicazione della recidiva e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Secondo la difesa, una delle condanne precedenti, relativa al più grave reato associativo (art. 74 T.U. Stupefacenti), avrebbe dovuto essere esclusa dal computo per una presunta duplicazione. Di conseguenza, a suo avviso, il quadro complessivo sarebbe dovuto essere riconsiderato in un’ottica più favorevole.
La decisione della Corte sulla recidiva e precedenti penali
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione “ineccepibile” su entrambi i punti contestati. La decisione si fonda su un principio chiaro: la valutazione della personalità dell’imputato e della sua pericolosità sociale non può prescindere dall’analisi completa del suo curriculum criminale.
Le motivazioni
Il cuore della motivazione risiede nella consistenza dei precedenti a carico dell’imputato. La Cassazione ha evidenziato che, anche escludendo ipoteticamente la seconda condanna per il reato associativo, rimanevano a suo carico numerosi e gravi precedenti penali. Tra questi spiccavano una prima condanna sempre per associazione finalizzata al traffico di droga, un omicidio colposo e altre violazioni della legge sugli stupefacenti. Questo quadro, secondo la Corte, era più che sufficiente a giustificare sia l’applicazione della recidiva sia il diniego delle attenuanti generiche. I giudici hanno quindi ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente considerato la personalità dell’imputato, le modalità dei fatti e i suoi precedenti, anche di polizia, per formulare un giudizio negativo sulla concessione di qualsiasi beneficio. La richiesta della difesa è stata quindi vista come un tentativo di rimettere in discussione una valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.
Le conclusioni
L’ordinanza conferma un orientamento consolidato: la presenza di un passato criminale significativo, specialmente se caratterizzato da reati della stessa indole, rende estremamente arduo ottenere una mitigazione della pena. La valutazione sulla recidiva e precedenti penali non è un mero calcolo aritmetico, ma un giudizio complessivo sulla personalità del reo. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, questa pronuncia ribadisce che un percorso criminale consolidato costituisce un ostacolo quasi insormontabile per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, poiché dimostra una persistente inclinazione a delinquere che il sistema giudiziario è tenuto a considerare con rigore.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello, sia sull’applicazione della recidiva che sul diniego delle attenuanti generiche, fosse logica e priva di vizi, basandosi sui numerosi precedenti penali dell’imputato.
I precedenti penali possono sempre giustificare il diniego delle attenuanti generiche?
Sì, secondo questa ordinanza, un quadro di precedenti penali gravi e numerosi è un elemento sufficiente per motivare il diniego delle attenuanti generiche, in quanto permette al giudice di formulare un giudizio negativo sulla personalità dell’imputato e sulla sua capacità a delinquere.
Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11558 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11558 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a BOLOGNA il 03/03/1969
avverso la sentenza del 24/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RG 37898/24
Rilevato che NOME COGNOME è stato condannato alle pene di legge per il reato dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990;
Rilevato che l’imputato lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione per l’applicazi della recidiva (primo motivo) e il diniego delle generiche (secondo motivo);
Rilevato che la Corte territoriale ha risposto su entrambi i punti in modo ineccepibi evidenziando che l’imputato aveva numerosi precedenti penali, per cui, anche a voler ritenere corretta la deduzione difensiva secondo cui andava espunta la seconda condanna per il reato dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 per duplicazione, rimanevano comunque gli altri precedenti, tra cui la prima condanna per il reato dell’art. 74, un omicidio colposo e un’altra violazione Testo Unico stupefacenti: di qui la motivata applicazione della recidiva e il diniego de generiche, tenuto conto della personalità, dei precedenti anche di polizia, delle modalità dei fat
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che al declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente