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Recidiva e pericolosità: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per tentata rapina che contestava l’applicazione della recidiva. Il ricorso è stato giudicato generico perché non affrontava le specifiche motivazioni della Corte d’Appello, la quale aveva basato il giudizio di maggiore pericolosità su un’analisi dettagliata dei precedenti penali dell’imputato e non su una valutazione meccanicistica dell’istituto.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Pericolosità: Quando un Ricorso è Inammissibile

La valutazione della recidiva non è un automatismo, ma deve fondarsi su un’analisi concreta della pericolosità del reo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13544/2024) ribadisce questo principio, chiarendo al contempo i requisiti di specificità che un ricorso deve avere per superare il vaglio di ammissibilità. Il caso in esame offre uno spunto fondamentale per comprendere come i giudici debbano motivare l’applicazione di questo importante istituto e come la difesa debba strutturare le proprie contestazioni.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale di Forlì che in appello dalla Corte d’Appello di Bologna per i reati di tentata rapina e lesioni personali. La difesa ha presentato ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: l’erronea applicazione della legge penale in relazione alla recidiva. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero applicato l’aumento di pena in modo meccanicistico, senza una reale valutazione della sua accresciuta pericolosità sociale.

La Tesi Difensiva sulla Valutazione della Recidiva

Il nucleo dell’argomentazione difensiva si concentrava sulla presunta inadeguatezza della motivazione della sentenza d’appello. In particolare, si contestava l’affermazione secondo cui l’aver agito in pieno giorno fosse un elemento da valorizzare per dimostrare una maggiore pericolosità. La difesa sosteneva che tale circostanza, al contrario, non consentiva di desumere elementi sufficienti a supportare un giudizio di maggiore allarme sociale.

In sostanza, il ricorso mirava a dimostrare che la Corte d’Appello aveva errato nel considerare la recidiva come una conseguenza automatica dei precedenti penali, senza ancorarla a un’analisi approfondita delle specifiche caratteristiche del fatto concreto.

La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità per Genericità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico. La decisione non entra nel merito della questione sollevata (se agire di giorno sia o meno indice di maggiore pericolosità), ma si concentra su un vizio procedurale fondamentale: il ricorso non si confrontava con la reale motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno evidenziato come sia la sentenza di primo grado sia quella d’appello avessero fondato il giudizio sulla proclività criminale dell’imputato su basi ben più solide. La Corte d’Appello, in particolare, aveva condotto un’attenta analisi del certificato del casellario giudiziale, ponendo l’accento su due reati contro il patrimonio (furto e rapina) commessi in un breve lasso di tempo. Questi episodi segnavano una “ripresa” dell’attività criminale dopo quasi un quinquennio in cui l’imputato era rimasto lontano da condotte illecite. Era questa specifica analisi, e non la circostanza dell’orario del reato, il vero perno del ragionamento dei giudici di merito. Il ricorso, rimanendo silente su queste argomentazioni centrali, non ha di fatto contestato la logica della decisione impugnata, risultando così vago e non specifico.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cruciale in tema di impugnazioni: un motivo di ricorso non può limitarsi a sollevare critiche generali o a contestare elementi marginali della motivazione. Per essere ammissibile, deve attaccare il cuore del ragionamento del giudice precedente, dimostrandone l’erroneità o l’illogicità. In questo caso, la mancata contestazione dell’analisi sui precedenti penali e sulla “ripresa criminale” ha reso il ricorso inefficace e, quindi, inammissibile. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver presentato un ricorso privo dei requisiti di legge.

Per quale motivo il ricorso sulla valutazione della recidiva è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico. Il ricorrente non ha contestato le specifiche argomentazioni della Corte d’Appello, che aveva basato il giudizio di maggiore pericolosità su un’attenta analisi dei precedenti penali e di una recente “ripresa” dell’attività criminale, limitandosi a criticare aspetti secondari della motivazione.

Commettere un reato in pieno giorno è un elemento decisivo per valutare la pericolosità ai fini della recidiva?
Secondo la sentenza, non è un elemento decisivo. La Corte di Cassazione ha osservato che la valutazione sulla pericolosità sociale nel caso specifico non si fondava su questa circostanza, bensì sull’analisi complessiva e approfondita del casellario giudiziale dell’imputato e della sua recente ripresa dell’attività delinquenziale.

Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso in questo caso?
L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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