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Recidiva e pena: quando il passato criminale conta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2398/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentata rapina. La Corte ha confermato la correttezza della valutazione della recidiva, basata sulla biografia criminale e sull’accresciuta pericolosità del soggetto, chiarendo che la condotta successiva al reato è irrilevante per la sussistenza di tale aggravante.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Perché il Passato Criminale Pesa sulla Pena Finale

L’ordinanza n. 2398 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul concetto di recidiva e sulla sua applicazione nel calcolo della pena. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione di questa aggravante si basa esclusivamente sul percorso criminale del reo e sulla sua dimostrata pericolosità, rendendo irrilevante la condotta tenuta dopo la commissione del reato. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i principi in gioco.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte di Appello di Firenze per il reato di tentata rapina. La difesa contestava la sentenza su due punti principali. In primo luogo, censurava la decisione dei giudici di merito di aver riconosciuto la sussistenza della recidiva, un’aggravante legata alla commissione di nuovi reati da parte di chi è già stato condannato. In secondo luogo, lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di particolare tenuità.

La Corte territoriale aveva motivato la sussistenza della recidiva richiamando la biografia criminale del ricorrente, caratterizzata da numerosi precedenti, anche recenti, che dimostravano una sua accresciuta capacità a delinquere.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Recidiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno confermato in toto l’impostazione della Corte di Appello, fornendo una spiegazione chiara e netta sul fondamento e la funzione della recidiva nel nostro ordinamento.

Secondo la Suprema Corte, il motivo relativo alla recidiva era privo di fondamento. La decisione della Corte territoriale di considerare l’aggravante era corretta, in quanto basata su elementi concreti: la biografia criminale dell’imputato e i suoi precedenti penali, che delineavano un quadro di crescente pericolosità sociale. Allo stesso modo, è stata respinta la doglianza relativa al mancato riconoscimento dell’attenuante del danno lieve.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la recidiva trova la sua giustificazione nel percorso criminale pregresso dell’agente e nella “ingravescente pericolosità” che la reiterazione degli illeciti dimostra. Si tratta di una valutazione ancorata al passato del reo e alla sua personalità criminale, così come si è manifestata fino al momento del nuovo reato. Per questo motivo, la condotta tenuta successivamente ai fatti per cui si procede è del tutto irrilevante ai fini della configurabilità dell’aggravante. Eventuali comportamenti positivi post-reato potranno essere considerati dal giudice in un’altra fase, quella della dosimetria della pena, ovvero nella determinazione concreta della sanzione da applicare, ma non possono neutralizzare il dato oggettivo di un passato criminale.

Per quanto riguarda l’attenuante del danno di lieve entità (art. 62 n. 4 cod.pen.), la Cassazione ha ricordato il suo consolidato orientamento giurisprudenziale. Affinché tale attenuante possa essere riconosciuta, non basta guardare al mero valore economico della cosa sottratta, ma è necessario valutare il pregiudizio complessivo arrecato alla vittima con l’intera azione criminosa. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente escluso l’attenuante sulla base di questa valutazione complessiva.

Infine, la Corte ha sottolineato l’impossibilità di rivedere in sede di legittimità il giudizio di bilanciamento tra aggravanti e attenuanti effettuato dai giudici di merito, specialmente in assenza di nuovi elementi che possano giustificare una diversa ponderazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cardine del diritto penale: la recidiva è un’aggravante che guarda al passato per valutare la pericolosità attuale del reo. La biografia criminale di un individuo è un fattore determinante che il sistema giudiziario non può ignorare. La decisione della Cassazione conferma che, mentre il percorso di ravvedimento è auspicabile e può avere un peso nella quantificazione finale della pena, non può annullare la gravità intrinseca rappresentata dalla perseveranza nel commettere reati. Questa pronuncia serve da monito, sottolineando che la reiterazione di condotte illecite comporta una valutazione di maggiore severità da parte dell’ordinamento giuridico.

La condotta tenuta dopo aver commesso un reato può cancellare la recidiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la condotta successiva al reato non rileva ai fini dell’integrazione della recidiva. Questa si fonda sul percorso criminale dell’agente e sulla sua accresciuta pericolosità, dimostrata dalla reiterazione degli illeciti.

Come viene valutata l’aggravante della recidiva?
La recidiva viene valutata sulla base della biografia criminale del reo, inclusi i precedenti penali, anche recenti. Questi elementi sono considerati dimostrativi di un’accresciuta capacità criminale e di una pericolosità ingravescente.

Perché non è stata concessa l’attenuante del danno di lieve entità?
L’attenuante non è stata concessa perché, secondo la giurisprudenza costante, la sua valutazione non si limita al valore della cosa sottratta, ma deve considerare il pregiudizio complessivo arrecato alla vittima con l’intera azione criminosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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