Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23007 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23007 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 10/08/1999
avverso la sentenza del 06/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’applicazione della recidiva, non ravvisandosi a suo avviso alcuna maggiore pericolosità del reo in relazione al nuovo episodio criminoso, e alla mancata ritenuta prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche, e comunque non avendo il giudice del gravame del merito motivato in relazione a tali due aspetti.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
La Corte territoriale offre una motivazione logica e del tutto congrua, nonché corretta in punto di diritto – e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità – in termini di ritenuta recidiva.
2.1. Va ricordato l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice ha il compito di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità dell ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838).
In linea con tale principio, questa Corte ha altresì affermato che: in tema di recidiva facoltativa ritualmente contestata, il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza dell condotta e di pericolosità del suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, De Silvio, Rv. 256713); ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale del prevenuto, e non come fattore meramente descrittivo dell’esistenza di precedenti penali per delitto a carico dell’imputato, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.,
il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419).
Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di merito, con motivazione non manifestamente illogica, ha motivatamente confutato la tesi difensiva secondo cui andava esclusa la contestata recidiva perché il fatto in esame non sarebbe indicativo di una maggiore colpevolezza e pericolosità sociale dell’imputato (e, ad avviso della difesa, ciò andrebbe escluso in ragione delle rudimentali modalità dell’azione e della giovane età dell’imputato, che al momento del fatto oltretutto si trovava in una zona frequentata da molti propri connazionali, vale a dire in uno dei pochi luoghi della città in cui poteva sentirsi accolto e ben voluto nonostante fosse in un Paese straniero). E la richiesta difensiva di una complessiva rivisitazione del trattamento sanzionatorio, previa esclusione della contestata recidiva e conseguente espansione delle già concesse attenuanti generiche.
Ebbene, con motivazione priva di aporie logiche – e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità – la Corte territoriale ha ritenuto queste richieste infondate. Anzitutto perché l’esame del certificato del casellario giudiziale dell’imputato fa emergere che con sentenza in data 27.112021, irrevocabile in data 16.12.2021, a COGNOME è stata concordemente applicata la pena di mesi 3 di reclusione ed euro 200 di multa per il reato di furto aggravato commesso a Milano il 26.11.2021. Si tratta, infatti, di un precedente che consente di ritenere che già dal 2021 NOME sia un soggetto dedito alla commissione di reati per procurarsi il denaro per il proprio sostentamento. E pertanto viene ritenuto indubbio che tale precedente costituisca, rispetto al fatto di reato in esame, un chiaro indice della maggiore colpevolezza e accentuata pericolosità sociale dell’imputato. Viepiù perché in relazione alla sopra citata pena NOME aveva usufruito del beneficio della sospensione condizionale della relativa esecuzione, ossia di una chance di risocializzazione che non ha evidentemente saputo cogliere.
Per la Corte territoriale sussiste, pertanto, la recidiva, che oltretutto è stata contestata come recidiva semplice, ma sarebbe una recidiva infra-quinquennale.
I giudici del gravame del merito hanno, dunque, operato una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo, di talché la sentenza impugnata non presenta i denunciati profili di censura.
Va ricordato, inoltre, che secondo il dictum di questa Corte di legittimità, l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della recidiva rientra nell’esercizio dei poteri discrezionali del giudice, su cui incombe solo l’onere di fornire adeguata
motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo che giustifichi l’aumento di pena (Cfr. Corte Cost. sent. n. 185 del 2015 nonché, ex plurimis, sez. 2, n. 50146 del 12/11/2015, caruso ed altro, Rv. 265684).
2.2. Infine, con motivazione priva di aporie logiche la Corte territoriale ritiene che il peso di questa recidiva non possa certo essere ritenuto soccombente rispetto a quello delle circostanze attenuanti generiche, che il tribunale ha giustamente riconosciuto al fine di dare rilievo all’evidente condizione di disagio socio-esistenziale dell’imputato.
Viene, pertanto, confermato il giudizio che il tribunale ha compiuto nel bilanciare le circostanze del reato, non senza, peraltro, che la Corte territoriale, ai fini del trattamento sanzionatorio, non ricordi la duplice tipologia delle sostanze stupefacenti detenute, la ricomprensione di una di queste due sostanze nell’elenco delle cosiddette droghe pesanti, la commissione del fatto in violazione delle prescrizioni della misura cautelare non detentiva che all’imputato era stata applicata solo tre giorni prima in relazione a un fatto analogo e, infine, il possesso di una cospicua somma di denaro contante.
La sentenza impugnata si colloca pertanto nell’alveo del consolidato e condivisibile dictum di questa Corte di legittimità secondo cui le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U., n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931; conf. Sez. 2 n. 31543 dell’8/6/2017; COGNOME, Rv. 270450; Sez. 4, n. 25532 del 23/5/2007, COGNOME Rv. 236992; Sez. 3, n. 26908 del 22/4/2004, COGNOME, Rv. 229298). Peraltro, è da ritenersi sufficiente la motivazione che «per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto» (così, oltre alle già citate Sez. U. COGNOME, Sez. 5, n.29885/2017 e Sez. 2 n.31543/2017).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
N. 10048/2025 GLYPH
R.G.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 10/06/2025