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Recidiva e pena: la Cassazione conferma la decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello. Il caso verteva sull’applicazione della recidiva, sul diniego delle attenuanti generiche e sulla congruità della pena. La Suprema Corte ha confermato che la valutazione della maggiore pericolosità sociale, basata sui numerosi precedenti penali, giustificava sia l’applicazione dell’aggravante della recidiva sia una pena superiore al minimo edittale.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Quando i Precedenti Penali Giustificano un Aumento di Pena

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su come la giustizia valuta i precedenti penali di un imputato nel determinare la pena. Al centro della questione vi è l’applicazione della recidiva, un istituto che può portare a un significativo inasprimento della sanzione. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito che la valutazione non deve essere automatica, ma basarsi su un’analisi concreta della pericolosità sociale del reo.

I Fatti del Caso

Un individuo, con un considerevole numero di precedenti penali, ha presentato ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso erano principalmente tre:
1. L’errata applicazione dell’aggravante della recidiva, ritenuta ingiustificata.
2. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
3. L’eccessività della pena inflitta, giudicata sproporzionata.

La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero motivato adeguatamente le ragioni per cui i precedenti penali rendessero l’imputato più pericoloso, limitandosi a un mero elenco degli stessi.

La Decisione della Corte e la Gestione della Recidiva

La Corte di Cassazione ha respinto tutte le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione consolidata, secondo cui l’applicazione della recidiva non è un automatismo legato alla semplice esistenza di condanne passate. Al contrario, essa richiede una valutazione sostanziale da parte del giudice.

Il giudice di merito, secondo la Corte, aveva correttamente argomentato, evidenziando come i numerosi precedenti, anche per reati di rilevante allarme sociale e commessi a scopo di lucro, fossero un chiaro indicatore di una maggiore pericolosità e di una spiccata propensione a delinquere. Questa analisi concreta ha legittimato l’aumento di pena previsto per la recidiva.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dettagliato le ragioni della sua decisione, toccando tutti i punti sollevati dal ricorrente.

Sulla Recidiva: Richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 35738/2010), la Corte ha ribadito che il giudice ha il compito di verificare se la reiterazione dei reati sia un “sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità” dell’autore. Questa valutazione deve considerare la natura dei reati, la loro distanza temporale, il livello di offensività e ogni altro parametro utile a definire la personalità del reo. Nel caso specifico, i giudici avevano compiuto questa analisi, ancorando il giudizio di maggiore pericolosità ai numerosi e specifici precedenti penali.

Sulle Circostanze Attenuanti Generiche: Anche il diniego delle attenuanti è stato ritenuto corretto. La Corte ha spiegato che il loro riconoscimento richiede la presenza di “elementi di segno positivo”, che nel caso in esame mancavano. La sola confessione non è di per sé sufficiente, soprattutto a fronte di un curriculum criminale che depone in senso contrario. Le attenuanti generiche servono ad adeguare la pena a situazioni che incidono realmente sulla gravità del reato e sulla capacità a delinquere, e non possono essere concesse in assenza di tali elementi.

Sulla Determinazione della Pena: Infine, la Corte ha giudicato infondata la censura sull’eccessività della pena. La sentenza impugnata aveva motivato in modo adeguato lo scostamento dal minimo edittale, facendo riferimento ai criteri dell’art. 133 del codice penale, come la quantità di sostanza illecita detenuta e i profili di personalità dell’imputato. L’obbligo di motivazione è adempiuto quando il giudice indica gli elementi ritenuti più significativi per la determinazione della pena.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale nel diritto penale: la recidiva non è una mera etichetta, ma il risultato di un giudizio ponderato sulla personalità dell’imputato. La decisione sottolinea che i precedenti penali non sono solo un dato anagrafico, ma un elemento fondamentale per valutare la pericolosità sociale e giustificare un trattamento sanzionatorio più severo. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la difesa deve concentrarsi non solo sul contestare l’esistenza formale dei precedenti, ma anche sul dimostrare l’assenza di un nesso concreto tra questi e una reale, attuale pericolosità.

La recidiva viene applicata automaticamente in presenza di precedenti penali?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che il giudice deve valutare in concreto se la reiterazione del reato sia un sintomo effettivo di maggiore pericolosità e riprovevolezza dell’autore, andando oltre il semplice riscontro formale dei precedenti.

La confessione è sufficiente per ottenere le circostanze attenuanti generiche?
No, la sentenza spiega che la confessione, da sola, non è sufficiente per il riconoscimento delle attenuanti generiche, specialmente in presenza di numerosi precedenti penali e in assenza di altri elementi positivi di valutazione.

Come viene giustificato un aumento di pena rispetto al minimo previsto dalla legge?
L’aumento di pena viene giustificato sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale, che includono la natura del reato e la personalità del reo. In questo caso, la corte territoriale ha correttamente motivato la pena, superiore al minimo, basandosi su questi elementi, rendendo la decisione legittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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