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Recidiva e pena illegale: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna a causa di un’errata determinazione della pena. La Corte ha stabilito che la pena base inflitta per un furto pluriaggravato era “illegale” perché inferiore al minimo previsto dalla legge. Inoltre, ha chiarito che, una volta accertata la recidiva qualificata, l’aumento di pena per il reato continuato non può essere inferiore a un terzo della pena base, anche se il giudice decide di non applicare un aumento specifico per la recidiva stessa.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Pena Illegale: La Cassazione Sottolinea i Limiti del Giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato due principi fondamentali nel calcolo della pena: il divieto di scendere al di sotto dei minimi di legge e l’impatto vincolante della recidiva qualificata sull’aumento per il reato continuato. La decisione, che annulla parzialmente una condanna del Tribunale, offre importanti chiarimenti sulla discrezionalità del giudice e sui paletti normativi invalicabili, in particolare quando si tratta di furto aggravato e di soggetti con precedenti penali.

I Fatti di Causa: dal Tribunale alla Cassazione

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Ravenna per i reati di furto pluriaggravato e resistenza a pubblico ufficiale, unificati dal vincolo della continuazione. Il giudice di primo grado aveva individuato nel furto il reato più grave, stabilendo una pena base di due anni di reclusione, aumentata a due anni e tre mesi per la continuazione, e infine ridotta per la scelta del rito abbreviato.

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando tre specifiche violazioni di legge:
1. Pena base illegale: la sanzione di due anni era inferiore al minimo edittale di tre anni previsto per il furto pluriaggravato.
2. Mancato aumento per la recidiva: nonostante fosse stata riconosciuta una recidiva reiterata e specifica, il Tribunale non aveva operato il relativo aumento di pena.
3. Aumento per la continuazione insufficiente: l’aumento di soli tre mesi per il reato satellite violava la norma che impone un incremento non inferiore a un terzo della pena base in presenza di recidiva qualificata.

La Questione della Pena Illegale e della Recidiva

Il primo motivo di ricorso è stato accolto. La Cassazione ha ribadito che una pena è da considerarsi “illegale” quando non è prevista dall’ordinamento giuridico per la fattispecie concreta, sia per specie che per quantità. Infliggere una pena inferiore al minimo edittale stabilito dalla legge costituisce un errore che rende la sanzione contra legem. Poiché il furto era aggravato da più circostanze ad effetto speciale, la cornice edittale di riferimento era quella che va da tre a dieci anni di reclusione. Pertanto, la pena base di due anni era palesemente illegale.

L’applicazione facoltativa dell’aumento per la recidiva

Interessante è stata la decisione sul secondo motivo, che è stato invece respinto. La Corte ha chiarito che, in caso di concorso tra più circostanze aggravanti ad effetto speciale (nel caso di specie, le aggravanti del furto e la recidiva), il giudice applica la pena prevista per la circostanza più grave. L’articolo 63, comma 4, del codice penale stabilisce che il giudice può applicare un ulteriore aumento per le altre circostanze. L’uso del verbo “può” indica una facoltà discrezionale e non un obbligo. Di conseguenza, la scelta del Tribunale di non aumentare ulteriormente la pena per la recidiva è stata ritenuta un legittimo esercizio del proprio potere discrezionale.

L’impatto vincolante della recidiva sulla continuazione

Il terzo motivo di ricorso è stato accolto, mettendo in luce un automatismo di legge spesso dibattuto. La Corte ha affermato che, una volta che il giudice ha ritenuto sussistente la recidiva qualificata (prevista dall’art. 99, comma 4, c.p.), scatta un obbligo specifico in caso di reato continuato. L’articolo 81, comma 4, c.p. impone che l’aumento di pena per i reati “satelliti” non possa essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave. Questo limite minimo è inderogabile e opera per il solo fatto che la recidiva sia stata ritenuta “sussistente”, anche se poi, per effetto del bilanciamento o della discrezionalità di cui all’art. 63 c.p., non ha prodotto un effettivo aumento della pena base. L’aumento di soli tre mesi operato dal Tribunale era, quindi, illegittimo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha tracciato una netta distinzione tra la pena base, che deve sempre rispettare i limiti edittali, e gli aumenti successivi. La pena base inferiore al minimo legale è un vizio radicale che impone l’annullamento. Per quanto riguarda la recidiva, la sua applicazione come circostanza che aumenta la pena base in concorso con altre è facoltativa, ma la sua mera “sussistenza” produce effetti obbligatori su altri istituti, come appunto l’aumento per la continuazione. Il giudice che riconosce la pericolosità sociale del reo attraverso la recidiva è poi vincolato ad applicare un trattamento sanzionatorio più severo per i reati in continuazione. Per questi motivi, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando gli atti al Tribunale di Ravenna per una nuova determinazione della pena nel rispetto dei principi enunciati.

Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante promemoria per gli operatori del diritto sui confini tra discrezionalità giudiziale e vincoli di legge. Se da un lato il giudice mantiene un margine di valutazione nell’applicare gli aumenti per le circostanze aggravanti, dall’altro non può mai derogare ai minimi edittali fissati dal legislatore. Soprattutto, la pronuncia chiarisce che il riconoscimento della recidiva qualificata non è un atto privo di conseguenze, anche quando non incide direttamente sulla pena base: esso attiva meccanismi sanzionatori più rigidi, come quello previsto per il reato continuato, che il giudice è tenuto a rispettare.

Quando una pena è considerata “illegale” dalla Cassazione?
Una pena è considerata illegale quando non è prevista dall’ordinamento giuridico per il reato contestato, in particolare quando la sua quantità è inferiore al minimo o superiore al massimo stabilito dalla legge (minimo e massimo edittale).

Se il giudice riconosce la recidiva, è sempre obbligato ad aumentare la pena base?
No. Se la recidiva concorre con altre circostanze aggravanti ad effetto speciale, il giudice applica la pena per la circostanza più grave e ha la facoltà, ma non l’obbligo, di applicare un ulteriore aumento per la recidiva.

Qual è l’effetto della recidiva sull’aumento di pena per il reato continuato?
Se il giudice ritiene sussistente la recidiva qualificata (art. 99, comma 4, c.p.), l’aumento di pena per i reati commessi in continuazione non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave. Si tratta di un obbligo di legge inderogabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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