Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 43726 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 43726 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA nel procedimento a carico di:
NOME (CUI: 030LODI) nato il 06/03/1985
avverso la sentenza del 21/09/2023 del TRIBUNALE di RAVENNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG. in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Ravenna, con sentenza del 21 settembre GLYPH 2023, GLYPH ha condannato, ex art. 442 cod. proc. pen., NOME COGNOME in ordine al reato di cui agli artt. 99, comma 4, 110, 624 e 625 nn. 2 e 7, 61 n. 5 cod. pen. (capo a) é al reato di cui all’art. 337 cod. pen. (capo c), posti in essere il 1 agosto 2023 alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione e euro 800 di multa. La pena è stata determinata nel modo seguente: riconosciuta la continuazione e ritenuto più grave il delitto di cui al capo a), pena base anni 2 di reclusione ed euro 1000 di multa, aumentata per la continuazione con il delitto di cui al capo b) ad anni 2 mesi 3 di reclusione ed euro 1200 di multa, ridotta come sopra per il rito.
Avverso la sentenza ha proposto il ricorso il sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bologna, formulando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge per avere il Tribunale individuato la pena detentiva al di sotto del minimo edittale. Il ricorrente osserva che il Tribunale aveva ritenuto espressamente integrate le aggravanti specifiche dell’art. 625, comma 1, nn 2 e 7, cod. pen. mentre nulla aveva detto in ordine all’ulteriore aggravante di quell’articolo 61 n. 5 cod. pen.: tuttavia, dichiarando colpevole imputato per i reati ascritti, aveva implicitamente riconosciuto la sussistenza anche dell’aggravante comune. Indi aveva escluso la concedibilità delle circostanze attenuanti generiche, senza che nessun’altra attenuante fosse stata nemmeno adombrata. La pena base da cui partire, dunque, avrebbe dovuto essere quella di cui all’art. 625 u.c. cod. pen., che prevede una cornice edittale da 3 a 10 anni di reclusione e da euro 206 a euro 1549 di multa. Il Tribunale aveva, inoltre, espressamente riconosciuto la recidiva reiterata specifica, anche se nel concorso di più circostanze aggravanti ad effetto speciale aveva optato per l’applicazione delle sole aggravanti del furto e non aveva ritenuto di operare l’aumento facoltativo di cui all’art. 63, comma 4, cod. pen. Ne consegue che il minimo della pena detentiva erogabile nel caso concreto era di anni 3 di reclusione e non già di anni 2 di reclusione, come determinato dal giudice. La pena detentiva adottata deve, pertanto, considerarsi illegale, in quanto inferiore al minimo edittale previsto dalla legge penale.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e in specie degli artt. 63, comma 4, e 99, comma 4, cod. pen. Il difensore osserva che il Tribunale aveva riconosciuto espressamente la sussistenza della recidiva reiterata e specifica, ma non aveva operato l’aumento fino ad un terzo della pena già individuata per il reato di furto pluriaggravato, come avrebbe potuto, in forza dell’art. 63, comma 4, cod. pen.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge ed in specie degli artt. 81 e 99, comma 4, cod. pen. . Il ricorrente osserva che il Tribunale, dopo aver individuato la pena base in anni 2 di reclusione e euro 1000 di multa, aveva operato per il reato di cui al capo c) l’aumento in continuazione di soli mesi 3 di reclusione e euro 200 di multa, in violazione dell’art. 81, comma 4, cod. pen., in base al quale, se i reati in continuazione o in concorso formale sono commessi da soggetto al quale sia stata applicata la recidiva ex art. 99. comma 4, cod. pen., l’aumento della quantità della pena non può essere inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave. Il ricorrente richiama in ordine concetto di applicazione della recidiva i principi espressi da Sez. U. con la sentenza n. 35738 del 27.05.2010, ripresi da Sez. U. con la sentenza n. 31669 del 23.06.2016, con cui si è affermato che la previsione di cui all’art. 81, comma 4, cod. pen. opera anche quando il giudice consideri la recidiva equivalente alle circostanze attenuanti riconosciute.
Nel caso in esame, il Tribunale ha espressamente affermato che il reato posto in essere era espressione di accresciuta pericolosità e, pertanto, ha apprezzato come sussistente la recidiva contestata, senza, tuttavia, applicarne tutti gli effetti ad essa collegati.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha formulato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato memoria, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto, nei termini che si indicano.
Il primo motivo è fondato.
Il Tribunale, COGNOME ravvisata la continuazione fra i reati ascritti al ricorrente e ritenuto più grave il reato furto pluriaggravato, ha determinato la pena base per tale delitto in anni 2 di reclusione e euro 1000 di multa e sulla stessa ha operato l’aumento per la continuazione con il reato satellite di resistenza. La pena individuata per il reato più grave, come rilevato dal ricorrente, deve
ritenersi illegale.
Tale ultima nozione si è attestata attraverso una progressiva elaborazione da parte della giurisprudenza di legittimità, compresi plurimi interventi delle Sezioni Unite. Per quel che rileva in relazione al presente ricorso la sentenza Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, COGNOME (in motivazione, paragrafo 4.7, pag. 17-18), ha ribadito che sussiste l’illegalità ab origine della pena, quando essa sia inflitta extra o contra legem perché non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero non corrispondente, per specie ovvero per quantità (sia in difetto che in eccesso), a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice concreta, così collocandosi al di fuori del sistema sanzionatorio delineato dal codice penale. Tale nozione è stata ripresa dalla sentenza Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818 – 01, con cui si è ribadito che l’illegalità della pena ricorre quando essa eccede i valori (espressi sia qualitativamente: genere e specie, che quantitativamente: minimo e massimo) assegnati dal legislatore al tipo astratto nel quale viene sussunto il fatto storico reato. Con la sentenza Sez, U del 14/07/2022, dep 2023, COGNOME Rv. 283886 – 01 si è affermato che la pena determinata a seguito dell’erronea applicazione del giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee concorrenti è illegale soltanto nel caso in cui essa ecceda i limiti edittali general previsti dagli artt. 23 e seguenti, nonché 65 e 71 e seguenti, cod. pen., oppure i limiti edittali previsti per le singole fattispecie di reato, a nulla rilevando il che i passaggi intermedi che portano alla sua determinazione siano computati in violazione di legge.
La pena individuata dal giudice nel caso in esame, quale GLYPH pena base del reato più grave su cui operare l’aumento per la continuazione, è, dunque, illegale, perché inferiore al minimo edittale previsto per il delitto di fu pluriaggravato.
3.11 secondo motivo è infondato.
La mancata incidenza della recidiva, ritenuta dal Tribunale sussistente, sulla determinazione della pena altro non è che la conseguenza del contemporaneo ricorrere di due circostanze aggravanti ad effetto speciale e della applicazione dell’art. 63, comma 4, cod. pen., per cui il giudice in tali casi applica la circostanza aggravante ad effetto speciale più grave e può, altresì, aumentare la pena fino ad un terzo per l’ulteriore circostanza. Pacificamente l’ulteriore aumento per la circostanza ad effetto speciale ritenuta meno grave è facoltativo, come dato evincersi dalla stessa formulazione letterale della norma su indicata.
La giurisprudenza di legittimità ha già chiarito in tema di concorso di circostanze
aggravanti ad effetto speciale che GLYPH alla recidiva concorrente GLYPH con altra aggravante speciale, rispetto alla quale sia ritenuta meno grave, si applica integralmente la disciplina di cui all’art. 63, comma quarto, cod. pen., con la conseguenza che il giudice, quand’anche la recidiva sia di natura obbligatoria e comporti un aumento predeterminato della pena, può procedere all’ulteriore aumento di pena e, ove ritenga di apportarlo, è vincolato al limite di cui al combinato disposto degli artt. 63, comma quarto, e 64, comma primo, cod. pen. (“fino ad un terzo della pena prevista per il reato commesso”)( Sez. 6, n. 13843 del 16/01/2018, COGNOME, Rv. 272637; Sez. 2, n. 9365 del 13/02/2015, COGNOME, Rv. 263981; nello stesso senso Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Indelicato, Rv. 249664).
4. Il terzo motivo è fondato.
Va ricordato che in tema di recidiva ritualmente contestata, il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sinto di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale (Sez. U, n.35738 del 27/5/2010, COGNOME, Rv. 247839; Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Indelicato, Rv. 249664; Sez. U, n. 31669 del 23/06/2016, Filosofi, av. 267044, Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251690, da ultimo Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275319, in motivazione).
Una volta che il giudice abbia ritenuto sussistente la recidiva prevista dall’art. 99, comma 4, cod. pen, nel caso in cui ravvisi la continuazione fra più reati, ai sensi dell’art. 81, comma 4, cod. pen. deve determinare un aumento in continuazione non inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.
Le Sezioni Unite con la sentenza n. 31669 del 23/06/2016, Filosofi, Rv. 267044 – 01, hanno chiarito che, in tema di reato continuato, il limite di aumento di pena non inferiore ad un terzo di quella stabilita per il reato più grave, previsto dall’art. 81, comma quarto, cod. pen. nei confronti dei soggetti ai quali è stata applicata la recidiva di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen., opera anche quando il giudice consideri la recidiva stessa equivalente alle riconosciute attenuanti. Nella motivazione di tale sentenza si è precisato come sia del tutto pacifico che, con la riforma del 2005, il legislatore abbia inteso intervenire con maggior rigore nei confronti del recidivo, discostandosi quindi dai diversi criteri che avevano ispirato il precedente intervento modificativo ad opera del d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito dalla legge 7 giugno 1974, n. 220, prevedendo, in linea generale, più consistenti aumenti di pena ed altri effetti
decisamente sfavorevoli, lasciando al giudice un ambito di azione più limitato nella graduazione della pena, come è appunto avvenuto con il limite imposto dall’art. 81, quarto comma, cod. pen. La recidiva, in quanto circostanza, si ritiene applicata non soltanto quando è produttiva del suo effetto tipico di aumento dell’entità della pena, ma anche quando, in applicazione dell’art. 69 cod. pen., si determinino altri effetti, quali la neutralizzazione di una circostanza attenuante concorrente, in coerenza con quanto già ritenuto ai fini della determinazione del termine di prescrizione.
Analogo principio deve essere affermato nel caso in cui la recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen, sia stata ritenuta sussistente, ma dato il concorso con altra circostanza aggravante ad effetto speciale, non sia stato operato l’auménto facoltativo della pena ex art. 63, comma 4, cod. pen. In tale ipotesi, invero, la recidiva, ritenuta dal giudice in quanto sintomatica di più accentuata colpevolezza e pericolosità del reo, opera in quanto viene presa in considerazione dal giudice al fine di individuare la più grave fra più circostanze aggravanti ad effetto speciale. Essa determina, pertanto, tutte le conseguenze di legge sul trattamento sanzionatorio e “sugli ulteriori effetti commisurativi della sanzione costituiti dal divieto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti di cu all’art. 69, quarto comma, c.p., dal limite minimo di aumento della pena per il cumulo formale di cui all’art. 81, quarto comma, c.p., dall’inibizione all’accesso al “patteggiamento allargato” ed alla relativa riduzione premiale di cui all’art. 444, comma 1 bis, c.p.p.”(così espressamente Sez. U. n.35738 del 27/5/2010, COGNOME, Rv. 247839).
4.1. Ciò premesso, il Tribunale, pur dando atto della sussistenza della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen. e anche del fatto che gli accadimenti per cui si procede erano espressione di una più marcata colpevolezza e di una accentuata pericolosità dell’imputato, ha aumentato la pena per la continuazione con il reato satellite in misura inferiore ad un terzo della pena stabilita per reato più grave, in violazione dell’art. 81, comma 4, cod. pen.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio. Venendo in rilievo il ricorso del Procuratore Generale avverso sentenza di primo grado inappellabile e non già un ricorso per saltum, il rinvio per nuovo giudizio deve essere disposto nei confronti del Tribunale di Ravenna.
Ai sensi dell’art. 624 GLYPH cod. proc. pen. deve essere dichiarata GLYPH la irrevocabilità della sentenza in ordine alla affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Ravenna, in diversa persona fisica. Visto l’art. 624 cod. proc. pen. dichiara la irrevocabilità dell sentenza in ordine alla affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Il Consigl i ore GLYPH Così deciso in GLYPH il 7 novembre 2024
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