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Recidiva e motivazione: la Cassazione annulla la pena

La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato una sentenza di condanna per coltivazione di stupefacenti, focalizzandosi sulla recidiva. La Corte ha stabilito che la sola esistenza di precedenti penali, soprattutto se datati, non è sufficiente per applicare l’aggravante della recidiva. Il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione specifica che dimostri come il nuovo reato sia sintomo di una maggiore pericolosità sociale del condannato. La sentenza è stata annullata con rinvio alla Corte d’Appello per una nuova valutazione della pena.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Motivazione: la Cassazione Annulla la Pena

Con la recente sentenza n. 22868 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: l’applicazione della recidiva. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere come la mera esistenza di precedenti penali non possa giustificare automaticamente un aumento di pena, ma richieda una valutazione concreta e approfondita da parte del giudice. La pronuncia sottolinea l’importanza del principio di individualizzazione della pena e del dovere di motivazione, specialmente quando i precedenti sono molto datati.

I Fatti del Caso: La Condanna per Coltivazione di Stupefacenti

Il caso ha origine da una condanna per il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti. L’imputato, giudicato colpevole sia in primo grado che in appello, veniva condannato a una pena di tre anni di reclusione e 8.000 euro di multa. Le indagini avevano accertato la coltivazione di circa 184 piante, da cui era possibile ricavare un ingente quantitativo di principio attivo. Insoddisfatto della decisione della Corte di Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a sette distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato lamentava diverse violazioni di legge e vizi di motivazione, tra cui:

1. Irregolarità procedurali nell’acquisizione di dati da un telefono cellulare.
2. Errata identificazione dell’utilizzatore di una scheda SIM.
3. Insussistenza del concorso nel reato di coltivazione.
4. Mancanza di motivazione sul concorso in un altro capo d’imputazione.
5. Mancato riconoscimento dell’ipotesi di reato di lieve entità.
6. Carenza di motivazione sulla determinazione della pena, con specifico riferimento alle circostanze attenuanti e all’applicazione della recidiva.
7. Mancata motivazione sulle pene accessorie, come il divieto di espatrio.

L’Analisi della Corte: la recidiva sotto esame

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili o infondati la maggior parte dei motivi. Tuttavia, ha accolto parzialmente le censure relative alla recidiva e a una delle pene accessorie. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito non avessero adeguatamente motivato l’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva, limitandosi a constatare l’esistenza di due precedenti penali, peraltro molto risalenti nel tempo (rispettivamente del 1997 e del 2000).

La Pena Accessoria: Motivazione Apparente

Anche la motivazione fornita per la pena accessoria del divieto di espatrio è stata giudicata carente. I giudici di appello si erano limitati ad affermare genericamente che tale misura avrebbe impedito all’imputato di procurarsi altre occasioni per delinquere. La Cassazione ha bollato questa argomentazione come “tautologica ed apparente”, ovvero una motivazione fittizia e priva di un reale contenuto argomentativo legato al caso specifico.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nel principio, più volte affermato dalla giurisprudenza, secondo cui la recidiva non è un automatismo. Il giudice non può limitarsi a un mero riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali. È invece tenuto a una valutazione sostanziale per verificare se la reiterazione del reato sia un sintomo effettivo di una “più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità del reo”.

Questa valutazione deve tenere conto di diversi parametri, tra cui:

* La natura dei reati precedenti e di quello attuale.
* La distanza temporale tra i fatti.
* Il grado di offensività delle condotte.
* Ogni altro elemento utile a delineare la personalità del reo.

Nel caso di specie, i precedenti erano così datati che i giudici avrebbero dovuto spiegare in modo specifico perché, nonostante il lungo lasso di tempo, il nuovo reato dovesse essere considerato espressione di una “maggiore capacità delinquenziale”. Non avendolo fatto, la loro motivazione sulla recidiva è risultata insufficiente.

Le Conclusioni

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione sulla recidiva e alla pena accessoria del divieto di espatrio. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte di Appello per un nuovo giudizio su questi specifici punti. È importante sottolineare che la dichiarazione di colpevolezza è diventata definitiva e irrevocabile. La nuova Corte d’Appello dovrà quindi solamente ricalcolare la pena, fornendo una motivazione congrua e dettagliata che giustifichi l’eventuale applicazione della recidiva, alla luce dei principi espressi dalla Cassazione. Questa sentenza rafforza il principio secondo cui ogni sanzione penale deve essere il risultato di un’attenta e individualizzata valutazione del caso concreto.

È sufficiente la presenza di precedenti penali per applicare automaticamente l’aumento di pena per la recidiva?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice deve fornire una specifica motivazione che verifichi in concreto se la reiterazione dell’illecito sia un sintomo effettivo di riprovevolezza e pericolosità dell’autore, tenendo conto di elementi come la natura dei reati e la distanza temporale tra i fatti.

Perché la Corte ha annullato la pena accessoria del divieto di espatrio?
La Corte l’ha annullata perché la motivazione fornita dai giudici di merito è stata ritenuta “tautologica ed apparente”, ossia generica, fittizia e non ancorata a elementi specifici del caso concreto. Una motivazione di questo tipo è considerata sostanzialmente inesistente.

Cosa succede quando la Cassazione annulla una sentenza con rinvio su specifici punti?
Significa che la parte della sentenza relativa alla colpevolezza dell’imputato diventa definitiva e non può più essere discussa. Tuttavia, il procedimento viene rinviato a un giudice di merito (in questo caso, un’altra sezione della Corte d’Appello) che dovrà riesaminare e decidere nuovamente solo sui punti specifici che sono stati annullati, come il calcolo della pena in relazione alla recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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