Recidiva: La Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
La recidiva è un istituto centrale del diritto penale, che riflette la particolare pericolosità sociale di chi torna a delinquere. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i criteri di valutazione di tale aggravante e le conseguenze di un ricorso infondato contro la sua applicazione, offrendo spunti importanti sulla sua funzione e sui limiti dell’impugnazione.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato in appello ricorreva in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo alla conferma della recidiva contestatagli. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano adeguatamente giustificato la decisione di ritenere sussistente l’aggravante, basata sui suoi precedenti penali. L’imputato contestava, inoltre, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in misura prevalente sulla contestata recidiva.
La Decisione della Corte: il ricorso sulla recidiva è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione del tutto adeguata, logica e priva di vizi nel confermare l’aggravante della recidiva.
La decisione evidenzia che il tentativo del ricorrente non era volto a far emergere un errore di diritto, ma a ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su alcuni punti fermi. In primo luogo, ha validato l’analisi svolta dai giudici di merito, i quali avevano dato giusto rilievo ai precedenti penali dell’imputato, anche specifici, e alla commissione dei nuovi reati a soli cinque anni di distanza dai precedenti.
Questo quadro, secondo la Corte, non delineava una condotta occasionale o episodica, ma dimostrava una “spiccata attitudine” del soggetto a violare le norme penali. La recidiva, in questo contesto, non è un mero automatismo legato alla presenza di precedenti, ma la conseguenza di una valutazione concreta sulla maggiore gravità della condotta e sulla personalità del reo.
Inoltre, la Corte ha definito “inconferente” la censura sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, poiché queste erano già state riconosciute e correttamente bilanciate in equivalenza con la recidiva, come risultava dalla sentenza impugnata.
Le Conclusioni: le conseguenze dell’inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è una mera formalità, ma produce effetti concreti e penalizzanti per il ricorrente. In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali.
Oltre a ciò, è stata disposta la condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, non ha natura punitiva ma sanzionatoria, e si giustifica per la colpa del ricorrente nell’aver presentato un’impugnazione priva di fondamento, abusando dello strumento processuale e gravando inutilmente sul sistema giudiziario.
Perché il ricorso contro la recidiva è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione adeguata e logica, basata sui precedenti penali e sulla propensione a delinquere dell’imputato, e che il ricorso rappresentava un tentativo inammissibile di riesaminare il merito dei fatti.
Quali elementi hanno giustificato la conferma della recidiva?
I giudici hanno considerato i precedenti penali specifici dell’imputato e il fatto che i nuovi reati fossero stati commessi nel quinquennio successivo ai precedenti. Questo ha dimostrato non una condotta occasionale, ma una spiccata attitudine a violare la legge, giustificando l’aggravante.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la persona che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23705 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23705 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che le lamentate violazione di legge ed omessa motivazione rispetto alla conferma della contestata recidiva non sussistono, poic la Corte di appello di Catania – con argomentazione adeguata ed esente da vi logici – ha respinto il relativo motivo di gravame dando rilievo ai precedenti p (anche specifici) dell’imputato ed alla commissione dei reati in giudizio nel c del quinquennio successivo alla consumazione di quelli precedenti, ritenendo ch la condotta non era occasionale ed episodica, ma piuttosto indice di una spicc attitudine del predetto alla violazione delle prescrizioni e la conseguente magg gravità delle violazioni di legge da lui commesse;
Considerato, quindi, che il ricorrente vorrebbe pervenire ad una differente (ed inammissibile) valutazione degli elementi di merito coerentemente esaminati dalla Corte territoriale ai fini della recidiva;
Ritenuto che le censure riguardanti la mancata concessione delle attenuanti generiche sono del tutto inconferenti, atteso che esse sono state riconosciut misura equivalente rispetto alla recidiva (pag. 5 della sentenza impugnata);
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile e che ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. p pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di col nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in Roma, il 6 giugno 2024.