Recidiva e furto: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
L’applicazione della recidiva è uno degli aspetti più delicati nel diritto penale, potendo incidere in modo significativo sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui limiti entro cui è possibile contestarne l’applicazione e sulle conseguenze di un ricorso presentato in modo generico. Il caso riguarda un imputato condannato per furto che ha tentato di ottenere, in sede di legittimità, la disapplicazione di questa aggravante.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il delitto di furto. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la prima sentenza, escludendo un’altra aggravante e rideterminando la pena in quattro mesi di reclusione e 200 euro di multa. Nonostante la riduzione di pena, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, concentrando le sue doglianze su un unico punto: la mancata disapplicazione della recidiva.
Il Ricorso in Cassazione e la questione della recidiva
L’unico motivo di ricorso presentato dall’imputato denunciava una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero errato nel non escludere la recidiva, un’istanza che, se accolta, avrebbe potuto comportare un’ulteriore diminuzione della sanzione. Il ricorrente chiedeva, in sostanza, alla Suprema Corte di riconsiderare le valutazioni già effettuate nei gradi precedenti riguardo al suo passato criminale e alla sua influenza sul reato per cui si procedeva.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su due pilastri argomentativi solidi e chiari.
In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse, in realtà, svolto un’analisi corretta e puntuale. Esaminando la natura dei precedenti penali dell’imputato e la loro cadenza temporale, il giudice di merito aveva adeguatamente motivato l’impatto di tali precedenti sulla gravità del furto commesso. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo di controllare che quest’ultima sia logica e conforme alla legge.
In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato del tutto generico. L’imputato si era limitato a lamentare la mancata esclusione della recidiva senza però specificare le ragioni concrete per cui, a suo avviso, questa avrebbe dovuto essere disapplicata. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a una mera contestazione, ma deve articolare argomentazioni giuridiche precise che evidenzino l’errore del giudice precedente. La genericità del motivo ha quindi reso impossibile per la Corte un esame nel merito.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un controllo di legittimità sulla corretta applicazione delle norme. La decisione insegna che, per contestare l’applicazione di istituti come la recidiva, non basta un generico dissenso. È necessario presentare motivi specifici, dettagliati e giuridicamente fondati, che dimostrino un vizio logico o una violazione di legge nella sentenza impugnata. In assenza di tali elementi, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti per disapplicare la recidiva?
No, la Corte di Cassazione opera in ‘sede di legittimità’ e non può riesaminare i fatti del caso. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non rivalutare le circostanze che il giudice di merito ha già considerato.
Perché il ricorso sulla recidiva è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi principali: era manifestamente infondato, poiché il giudice di merito aveva già correttamente valutato i precedenti, ed era del tutto generico, in quanto non specificava le ragioni per cui la recidiva avrebbe dovuto essere esclusa.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31363 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31363 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bari, ha escluso configurazione dell’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 cod pen. ed ha rideterminato la pena mesi quattro di reclusione ed euro 200,00 di multa per il delitto di furto;
Rilevato che il motivo unico del ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata disapplicazione della recidiva – non consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato giacCié il giudice di merito h fatto corretta applicazione (si vedano, in particolare’ le pagine seconda e terza della sentenz impugnata) dei principi della giurisprudenza di legittimità, avendo esaminato, sulla base dell natura dei precedenti e della loro cadenza temporale, il riverbero sulla gravità del fatto per si procede. Peraltro il ricorso è del tutto generico quanto alle ragioni per cui la rec andrebbe, in tesi, esclusa.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 aprile 2024.