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Recidiva e droga: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La decisione si basa sulla corretta applicazione della recidiva, giustificata dai precedenti penali e da una misura cautelare in atto per un reato simile. La Corte ha inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche a causa del notevole quantitativo di droga sequestrata e dell’assenza di elementi favorevoli.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Stupefacenti: La Cassazione Conferma la Linea Dura

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante spaccato sulla valutazione della recidiva e delle circostanze attenuanti nel contesto dei reati legati agli stupefacenti. Con una decisione netta, i giudici supremi hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la decisione della Corte d’Appello e sottolineando i criteri rigorosi per la concessione di benefici di legge a chi manifesta una persistente inclinazione a delinquere. Questo caso evidenzia come i precedenti penali e la condotta complessiva dell’imputato siano elementi determinanti nel giudizio.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un soggetto condannato dalla Corte d’Appello di Firenze in data 18 aprile 2024. L’imputato contestava la sentenza di secondo grado principalmente su due punti: l’applicazione della recidiva e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Secondo la difesa, la Corte territoriale non avrebbe motivato in modo adeguato la sua decisione, limitandosi a un generico richiamo ai precedenti penali.

L’imputato era stato trovato in possesso di un considerevole quantitativo di sostanze stupefacenti, sia cocaina che hashish. Un elemento chiave, emerso nel corso del giudizio, era che al momento dei fatti egli era già sottoposto a una misura cautelare per un reato analogo, un dettaglio che ha pesato significativamente sulla valutazione della sua pericolosità sociale.

L’Analisi della Corte sulla recidiva

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, ritenendo il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno stabilito che la Corte d’Appello aveva, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, fornito una motivazione logica e congrua.

La Corte ha evidenziato che la valutazione sulla recidiva non era basata su un semplice automatismo, ma su elementi concreti che dimostravano un'”ingravescenza della sua condotta”. In particolare, la sottoposizione a una misura cautelare per un reato della stessa natura non era un dato trascurabile, ma un chiaro indice della persistenza nel commettere illeciti. Questo fattore, unito ai precedenti penali, giustificava pienamente l’applicazione dell’aggravante.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Cassazione ha ritenuto impeccabile il ragionamento della Corte d’Appello. La decisione si fondava su due pilastri:

1. Il consistente quantitativo di droga: la quantità e la diversa tipologia di stupefacenti sequestrati (cocaina e hashish) sono state considerate un indicatore della gravità del reato.
2. L’assenza di elementi favorevoli: non era emerso alcun elemento positivo relativo alla condotta o alla personalità dell’imputato che potesse giustificare una mitigazione della pena.

In sostanza, il giudice non è obbligato a concedere le attenuanti generiche in assenza di specifici elementi di merito che le supportino.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si concentrano sul principio secondo cui il giudice di merito ha il compito di valutare in modo complessivo la personalità dell’imputato e la gravità del fatto. In questo caso, la Corte d’Appello ha correttamente adempiuto a tale compito, valorizzando elementi fattuali inequivocabili. La decisione di inammissibilità si fonda sul fatto che il ricorso non proponeva critiche pertinenti alla logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a una rilettura dei fatti non consentita in sede di legittimità. La Cassazione ha ribadito che la valutazione dei precedenti penali e della condotta di vita dell’imputato è fondamentale per decidere sia sulla recidiva sia sulla concessione delle attenuanti.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione rafforza un orientamento consolidato: la recidiva non è una formalità, ma un istituto che deve essere applicato quando la storia criminale del soggetto dimostra una concreta e attuale pericolosità sociale. Allo stesso modo, le attenuanti generiche non sono un diritto, ma un beneficio da concedere solo in presenza di elementi positivi meritevoli di valutazione, la cui assenza, unita alla gravità del reato, ne giustifica pienamente il diniego.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché, secondo la Corte di Cassazione, la Corte d’Appello aveva motivato in modo adeguato e logico la sua decisione sia sull’applicazione della recidiva sia sul diniego delle attenuanti generiche, e il ricorso non presentava argomenti validi per contestare tale motivazione.

Quali elementi hanno giustificato l’applicazione della recidiva?
L’applicazione della recidiva è stata giustificata sulla base dei precedenti penali dell’imputato e, in particolare, dal fatto che fosse già sottoposto a una misura cautelare per un reato analogo. Questo è stato interpretato come un indice di un peggioramento della sua condotta criminale.

Per quale motivo non sono state concesse le attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche non sono state concesse a causa del considerevole quantitativo di droga (cocaina e hashish) sequestrato e per la totale assenza di elementi di valutazione favorevoli alla personalità o alla condotta dell’imputato che potessero giustificare una riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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