Recidiva e disagio psichico: la Cassazione fa chiarezza
L’applicazione della recidiva rappresenta uno degli aspetti più dibattuti nel diritto penale, specialmente quando si interseca con complesse situazioni personali dell’imputato, come un conclamato disagio psichico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti spunti di riflessione, confermando come una lunga serie di reati possa giustificare l’aggravante, anche in presenza di una fragilità psicologica.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona che ha presentato ricorso avverso una sentenza della Corte d’Appello. La difesa lamentava due principali vizi di motivazione. In primo luogo, sosteneva che la sentenza non spiegasse adeguatamente perché il nuovo reato commesso fosse sintomo di una maggiore capacità a delinquere, tale da giustificare l’applicazione della recidiva qualificata. In secondo luogo, evidenziava una presunta contraddizione nella motivazione, che non aveva escluso l’aggravante pur riconoscendo le condizioni di disagio psichico dell’imputata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le censure sollevate, sebbene presentate formalmente come vizi di legittimità, miravano in realtà a ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di Cassazione. Il ruolo della Suprema Corte, infatti, è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di riesaminare i fatti.
L’applicazione della recidiva in presenza di fragilità
La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse congruamente motivata. La scelta di applicare la recidiva non era stata arbitraria, ma fondata su elementi concreti e oggettivi. In particolare, è stata valorizzata la “lunghissima serie di condanne” riportate dalla ricorrente per reati della stessa indole (resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale) e l’esistenza di ulteriori processi pendenti per fatti analoghi. Questa perseveranza nel commettere illeciti è stata considerata un chiaro indicatore di una spiccata tendenza a delinquere.
Le motivazioni
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nel bilanciamento tra la condizione soggettiva dell’imputata e la sua condotta oggettiva. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente rilevato che l’imputata, pur agendo spinta dalla propria fragilità psichica, non aveva tratto alcun insegnamento dalle precedenti condanne. Al contrario, aveva continuato a reiterare “consapevolmente la propria condotta illecita”. Questo comportamento dimostra l’assenza di un effetto deterrente delle sanzioni passate e giustifica pienamente l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più severo tramite la recidiva. In sostanza, il disagio psichico non costituisce una sorta di immunità automatica dall’aggravante, se non impedisce all’autore del reato di comprendere il disvalore delle proprie azioni e di persistere nel tempo.
Le conclusioni
La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla recidiva è un giudizio complesso che deve tenere conto di tutti gli elementi del caso. La fragilità psicologica è un fattore rilevante, ma non decisivo in senso assoluto. Se la storia criminale di un soggetto dimostra una deliberata e continua inclinazione a violare la legge, i giudici possono legittimamente ritenere che le precedenti condanne non siano state sufficienti come monito, rendendo necessaria l’applicazione dell’aggravante. La conseguenza pratica della declaratoria di inammissibilità è stata la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando così la sentenza impugnata in via definitiva.
La fragilità psichica di un imputato esclude automaticamente l’applicazione della recidiva?
No, secondo l’ordinanza, la fragilità psichica non esclude automaticamente la recidiva. Se l’imputato, nonostante la sua condizione, reitera consapevolmente la propria condotta illecita, dimostrando che le precedenti condanne non hanno avuto alcun effetto deterrente, l’aggravante può essere legittimamente applicata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, pur lamentando formalmente vizi di motivazione, in realtà chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova valutazione delle prove e dei fatti. Questo tipo di riesame è riservato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non è consentito in sede di legittimità.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma definitiva della sentenza impugnata. Inoltre, la persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31562 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31562 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 28/10/1963
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il difensore di NOME COGNOME deduce l’omessa motivazione in ordine alla ragione per la quale il nuovo reato sia sintomatico di una maggiore capacità a delinquere dell’imputata, sino al punto di fondare l’applicazione della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva a causa delle condizioni di disagio psichico dell’imputata;
Considerato che tali censure sono inammissibili, in quanto, pur deducendo formalmente vizi della sentenza impugnata, si risolvono nella sollecitazione ad una diversa valutazione delle risultanze probatorie, non consentita in sede di legittimità;
Ritenuto che la Corte di appello ha congruamente motivato sulla lunghissima serie di condanne riportate dalla ricorrente per i reati di resistenza e di oltraggio a pubblico ufficiale e di processi pendenti per analoghi reati e ha rilevato come la stessa, pur mossa dalle proprie condizioni di fragilità psichica, non abbia avvertito alcun monito dalle pregresse condanne, reiterando consapevolmente la propria condotta illecita (pag. 5 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 luglio 2025.