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Recidiva e continuazione: compatibili per la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36407/2025, ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per associazione a delinquere finalizzata al contrabbando. La Corte ha confermato la piena compatibilità tra l’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva e l’istituto della continuazione del reato, ribadendo che si tratta di due istituti autonomi con finalità diverse. Inoltre, ha chiarito i criteri per la corretta determinazione della pena base e la sufficienza della motivazione per gli aumenti relativi ai reati satellite, anche quando questa è cumulativa ma gli aumenti sono contenuti.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Continuazione: La Cassazione Conferma la Piena Compatibilità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 36407/2025) torna su un tema cruciale del diritto penale: la relazione tra recidiva e continuazione del reato. La pronuncia offre importanti chiarimenti su come questi due istituti, apparentemente in conflitto, possano e debbano coesistere nel calcolo della pena, confermando un orientamento ormai consolidato. Il caso, relativo a un’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando, diventa l’occasione per analizzare i principi che guidano il giudice nella commisurazione della sanzione.

I Fatti del Caso

L’imputato, già condannato in precedenza, si rivolgeva alla Suprema Corte contestando la rideterminazione della pena operata dalla Corte di Assise d’Appello. La difesa sollevava tre questioni principali:

1. Errore nel calcolo della pena base: si sosteneva che la pena fosse stata fissata in modo errato, applicando un minimo edittale non corretto per il reato associativo.
2. Incompatibilità tra recidiva e continuazione: il ricorrente lamentava che non si potesse applicare l’aumento per la recidiva quando i reati sono uniti dal vincolo della continuazione, poiché quest’ultimo presuppone un unico disegno criminoso che mal si concilia con la reiterazione del reato tipica della recidiva.
3. Mancanza di motivazione: si contestava la carenza di una motivazione specifica per gli aumenti di pena applicati per ciascuno dei reati satellite legati dalla continuazione.

La Corte di Cassazione ha esaminato punto per punto le doglianze, rigettandole integralmente e fornendo una lezione dettagliata sulla logica del trattamento sanzionatorio.

Recidiva e Continuazione: Due Binari Paralleli

Il cuore della sentenza risiede nella conferma della piena compatibilità tra recidiva e continuazione. La Corte, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza ‘Zucca’ del 1996), ribadisce che i due istituti hanno natura e finalità completamente diverse e, pertanto, non si escludono a vicenda.

* La recidiva (art. 99 c.p.) è una circostanza aggravante soggettiva. Riguarda la persona del reo e la sua maggiore pericolosità sociale, dimostrata dal fatto di essere tornato a delinquere dopo una condanna. La sua funzione è punire più severamente chi persiste nel comportamento criminoso.
La continuazione (art. 81 c.p.) è una fictio iuris, una finzione giuridica creata per temperare il trattamento sanzionatorio. Invece di sommare materialmente le pene per ogni singolo reato commesso in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, si applica la pena per il reato più grave, aumentata. L’obiettivo è il favor rei*, ovvero un trattamento più favorevole per l’imputato.

Secondo la Cassazione, non esiste alcuna antitesi: il secondo istituto non unifica ontologicamente i reati, ma si limita a prevedere un calcolo della pena unitario e più mite. Pertanto, è legittimo che il giudice prima valuti la pericolosità del reo applicando, se del caso, l’aumento per la recidiva sulla pena base del reato più grave, e solo successivamente applichi l’aumento per la continuazione relativo agli altri reati.

La Corretta Determinazione della Pena

La Corte ha anche respinto la censura sul calcolo della pena base. Ha precisato che la pena inflitta dalla Corte d’Appello, pari a tre anni e sei mesi, non era inferiore al minimo edittale, ma corrispondeva esattamente alla media edittale per la fattispecie contestata (partecipazione ad associazione a delinquere, con pena da uno a sei anni). Il calcolo della media edittale, spiega la Corte, si ottiene sommando al minimo edittale la metà della differenza tra il massimo e il minimo. In ogni caso, la motivazione fornita dal giudice di merito, basata sulla spregiudicatezza, la professionalità criminale e i precedenti penali, era più che sufficiente a giustificare tale scelta sanzionatoria.

La Motivazione sugli Aumenti per la Continuazione

Infine, riguardo al terzo motivo, la sentenza chiarisce che, sebbene sia preferibile una motivazione distinta per ogni aumento di pena relativo ai reati satellite, una motivazione cumulativa può essere ritenuta sufficiente quando gli aumenti sono modesti e si mantengono ben al di sotto dei minimi edittali previsti per quei reati. Questo approccio evita un ‘cumulo materiale surrettizio’ e garantisce che la pena complessiva rimanga proporzionata e ragionevole, come richiesto dai principi fissati dalle Sezioni Unite (sentenza ‘Pizzone’).

Le motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale che mira a bilanciare l’esigenza di punire adeguatamente la persistenza nel crimine (recidiva) con il principio di un trattamento sanzionatorio più mite per chi agisce nell’ambito di un unico progetto criminoso (continuazione). La sentenza sottolinea che la recidiva attiene al profilo soggettivo del reo e alla sua colpevolezza, mentre la continuazione è uno strumento tecnico-giuridico che opera esclusivamente sul piano della determinazione della pena finale. La Corte ha ritenuto che la decisione impugnata avesse fatto buon governo di tali principi, fornendo una motivazione congrua e logica sia sulla sussistenza della recidiva, basata su una cronologia di reati espressivi di una crescente pericolosità sociale, sia sulla quantificazione degli aumenti per la continuazione, ritenuti miti e proporzionati.

Conclusioni

La sentenza in commento rappresenta un’importante conferma dei principi che regolano il complesso sistema sanzionatorio penale. Essa ribadisce con forza che recidiva e continuazione sono istituti perfettamente compatibili, destinati a operare su piani diversi. Per gli operatori del diritto, è un promemoria della necessità di distinguere nettamente la valutazione sulla pericolosità del reo dalla tecnica di calcolo della pena. Per i cittadini, è la spiegazione di come il sistema cerchi un equilibrio tra la severità verso chi reitera i reati e una ragionevolezza della pena complessiva quando più crimini sono frutto di una singola deliberazione.

È possibile applicare contemporaneamente l’aumento per la recidiva e quello per la continuazione del reato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che non esiste incompatibilità tra l’istituto della recidiva e quello della continuazione. Si tratta di due istituti autonomi con finalità diverse: la recidiva sanziona la maggiore pericolosità del reo, mentre la continuazione mitiga la pena per reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Come viene motivato l’aumento di pena per la continuazione con altri reati?
Sebbene sia preferibile una motivazione specifica per ogni reato ‘satellite’, la Corte ammette una motivazione cumulativa quando gli aumenti di pena sono modesti e rispettano i limiti di legge, come nel caso di specie. L’importante è che non si realizzi un cumulo materiale mascherato e che la pena sia proporzionata.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato la scelta della pena base?
La necessità di una motivazione specifica e dettagliata aumenta quanto più il giudice si allontana dal minimo edittale. Nel caso esaminato, una pena pari alla media edittale è stata considerata adeguatamente motivata in base a criteri come le modalità della condotta, l’intensità del dolo, la professionalità criminale e i precedenti penali dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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