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Recidiva e condanna: la Cassazione conferma la pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per false dichiarazioni a un pubblico ufficiale. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando la corretta applicazione della recidiva, giustificata dall’accresciuta pericolosità sociale del soggetto, desunta dai suoi precedenti penali. Tutti i motivi di ricorso sono stati respinti in quanto riproduttivi di censure già esaminate o manifestamente infondati.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Falsa Dichiarazione: la Cassazione Rigetta il Ricorso

Con l’ordinanza n. 14236 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di false dichiarazioni a pubblico ufficiale, aggravato dalla contestazione della recidiva. Questa decisione ribadisce importanti principi sia sul piano del diritto sostanziale, in merito alla valutazione della pericolosità sociale dell’imputato, sia su quello processuale, definendo i limiti del ricorso per cassazione. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Un individuo veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale di Gela che in secondo grado dalla Corte di Appello di Caltanissetta per il reato di cui all’art. 495 del codice penale, ovvero per aver fornito false attestazioni sulla propria identità a un pubblico ufficiale. A rendere più grave la sua posizione, veniva contestata e ritenuta sussistente la recidiva specifica, infraquinquennale e reiterata. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a cinque distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Cassazione

La difesa dell’imputato ha tentato di smontare la condanna attraverso diverse argomentazioni, tutte puntualmente esaminate e respinte dalla Suprema Corte.

Tentativo e Qualificazione del Reato

Il primo motivo mirava a riqualificare il fatto come un semplice tentativo, ma la Corte lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno evidenziato come tale censura fosse una mera riproposizione di argomenti già vagliati e motivatamente respinti nei precedenti gradi di giudizio.

La Particolare Tenuità del Fatto (art. 131-bis c.p.)

Con il secondo motivo, si lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Anche questa doglianza è stata giudicata manifestamente infondata, poiché la Corte di Appello aveva chiaramente spiegato le ragioni ostative all’applicazione di tale istituto, evidentemente ritenendo il fatto non così lieve da poter essere archiviato senza sanzione.

L’applicazione della recidiva e la pericolosità sociale

Il cuore della questione risiedeva nel terzo motivo, relativo all’applicazione della recidiva. La difesa ne contestava la legittimità, ma la Cassazione ha ritenuto il motivo infondato. La Corte di Appello, infatti, aveva fornito un’adeguata motivazione, spiegando come la commissione di un nuovo reato fosse chiara manifestazione di un’accresciuta pericolosità dell’imputato, valutata alla luce dei suoi precedenti penali. Questo punto è cruciale: la recidiva non è un automatismo, ma deve essere supportata da una valutazione concreta sulla personalità del reo.

Il bilanciamento tra attenuanti e recidiva

Il quarto motivo, anch’esso giudicato manifestamente infondato, riguardava la mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata recidiva. La Corte ha troncato ogni discussione, rilevando come la tesi difensiva si ponesse in palese contrasto con la normativa di riferimento (art. 69, ultimo comma, c.p.) e con la consolidata giurisprudenza di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha sostanzialmente concluso che i motivi proposti erano o riproduttivi di censure già adeguatamente respinte nel merito, o palesemente privi di fondamento giuridico. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la sentenza impugnata fosse sorretta da una motivazione logica, coerente e giuridicamente corretta, soprattutto per quanto riguarda la valutazione della pericolosità sociale ai fini dell’applicazione della recidiva e la determinazione del trattamento sanzionatorio. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la diretta e inevitabile conseguenza processuale di un ricorso inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato: il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove poter ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Inoltre, rafforza il principio secondo cui la recidiva deve essere ancorata a una valutazione effettiva della maggiore pericolosità del reo, come dimostrato dalla sua storia criminale. Questa decisione serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi solidi e fondati su vizi di legittimità concreti, evitando la mera riproposizione di argomenti già disattesi.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, oppure quando i motivi presentati sono considerati manifestamente infondati, cioè palesemente privi di fondamento giuridico.

Perché la Corte ha ritenuto correttamente applicata la recidiva?
La Corte ha ritenuto corretta l’applicazione della recidiva perché la commissione del nuovo reato è stata valutata come una manifestazione di un’accresciuta pericolosità dell’imputato, tenendo conto dei suoi precedenti penali. La motivazione della corte d’appello su questo punto è stata giudicata adeguata.

È possibile far prevalere le attenuanti generiche sulla recidiva in questo caso?
No, in questo caso specifico non è stato possibile. La Corte ha ritenuto la richiesta manifestamente infondata perché in palese contrasto con il disposto normativo dell’articolo 69, ultimo comma, del codice penale e con la consolidata giurisprudenza di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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