Recidiva e Valutazione della Pericolosità: La Cassazione Conferma la Condanna
La recente ordinanza della Corte di Cassazione getta luce sui criteri di valutazione della recidiva nel processo penale. Il caso analizzato riguarda un ricorso dichiarato inammissibile, in cui la Suprema Corte ha confermato la corretta valutazione del giudice di merito sulla capacità a delinquere dell’imputato, basata sulle sue pregresse condanne e sulla sua inclinazione al delitto. Questa decisione ribadisce l’importanza di una motivazione solida quando si applica tale aggravante.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, confermata dalla Corte d’Appello di Milano. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, non contestando il reato in sé, ma unicamente l’applicazione dell’aggravante della recidiva, chiedendone l’esclusione. Il ricorrente sosteneva, in sostanza, che i suoi precedenti penali non dovessero automaticamente comportare un aumento di pena per il nuovo reato commesso.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla recidiva
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità non hanno riesaminato i fatti, ma hanno verificato la correttezza logica e giuridica del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello. Hanno concluso che la valutazione operata dal giudice di merito era stata ‘pregnante e affatto superficiale’, soddisfacendo pienamente l’onere di motivazione richiesto dalla legge.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su alcuni punti chiave. In primo luogo, ha evidenziato come il giudice d’appello avesse correttamente incentrato la sua analisi sulla ‘capacità a delinquere’ dell’imputato, un criterio fondamentale previsto dall’articolo 133 del codice penale per la commisurazione della pena. La motivazione della sentenza impugnata non si era limitata a prendere atto dei precedenti, ma aveva spiegato come questi fossero un ‘fattore criminogeno’ che aveva influenzato la commissione del nuovo reato.
In secondo luogo, la condotta dell’imputato è stata interpretata come un chiaro indicatore di una ‘perdurante inclinazione al delitto’. Questo significa che, secondo i giudici, i reati passati non erano episodi isolati, ma parte di un percorso criminale che rendeva l’imputato socialmente più pericoloso. Di conseguenza, l’applicazione della recidiva non era un automatismo, ma il risultato di una valutazione ponderata e specifica sul singolo caso. La Corte ha anche richiamato un precedente orientamento giurisprudenziale per rafforzare la propria conclusione. A fronte di una motivazione così strutturata, il ricorso è stato giudicato privo di fondamento e quindi inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla recidiva è una prerogativa del giudice di merito, e la sua decisione è difficilmente censurabile in Cassazione se supportata da una motivazione logica, coerente e ancorata ai criteri di legge. Non è sufficiente contestare genericamente l’applicazione dell’aggravante; è necessario dimostrare un vizio logico o una violazione di legge nel ragionamento del giudice. La ‘capacità a delinquere’ e l’inclinazione al crimine, desunte dalla storia personale e giudiziaria dell’imputato, restano i pilastri su cui si fonda la personalizzazione della pena nel nostro ordinamento.
Quando un giudice può applicare l’aggravante della recidiva?
Un giudice può applicare la recidiva quando ritiene, con una motivazione specifica, che le condanne precedenti di un imputato siano indicative di una sua maggiore capacità a delinquere e di una persistente inclinazione a commettere reati.
È possibile contestare l’applicazione della recidiva in Cassazione?
Sì, ma il ricorso può avere successo solo se si dimostra che la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o basata su un’errata applicazione della legge. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del caso.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la conferma definitiva della sentenza impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, come stabilito in questo caso, il giudice può condannare il ricorrente al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33994 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33994 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MONZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per resistenza a p.u.);
esamiNOME il motivo di ricorso, avente ad oggetto la mancata esclusione della recidiva.
Rilevato che il giudice del merito ha sviluppato una pregnante e affatto superficiale valutazione incentrata su aspetti inerenti alla capacità a delinquere dell’imputato, prevista dai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. che regola l’esercizio del potere punitivo, calibrandolo sul grado di colpevolezza. E’, pertanto, adeguatamente soddisfatto l’onere di motivazione sul punto della influenza, quale fattore criminogeno, delle pregresse condanne, sulla commissione del fatto per cui si procede e valorizzando la condotta criminosa indicativa di una perdurante inclinazione al delitto (cfr. Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, COGNOME, Rv. 270419).
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/06/2025