Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23176 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23176 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME nato a Ottaviano il 13 aprile 1966;
avverso la sentenza del 16 dicembre 2024 della Corte d’appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’applicazione della recidiva, dichiarando inammissibile, nel resto, del ricorso;
udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto del ricorso è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Genova, confermando, sostanzialmente, la condanna pronunciata in primo grado (riformata solo in termini di trattamento sanzionatorio, con il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla ritenuta recidiva e conseguente rideterminazione della pena principale e di quella accessoria), ha ritenuto NOME COGNOME nella sua
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qualità di presidente del consiglio di amministrazione, prima, e liquidatore, poi, della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 12 ottobre 2020), responsabile del reato di bancarotta documentale semplice di cui all’art. 217 I. fall. (così riqualificata, già in primo grado, l’originaria imputazi formulata in termini di bancarotta fraudolenta documentale).
Il ricorso è proposto nell’interesse dell’imputato e si compone di due motivi d’impugnazione, afferenti, il primo, alla recidiva (ritenuta, sostiene la difesa, alla luce dei soli precedenti penali, peraltro risalenti nel tempo, senza alcuna motivazione che desse conto di una più intensa pericolosità dell’imputato) e, il secondo alla sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. (illogicamente esclusa dai giudici di merito, sostiene la difesa, alla luce di un’informazione viziata e priva di supporto probatorio, rappresentata dalla ritenuta impossibilità di verificare la veridicità e la congruità delle prestazioni rese in favore di altra società, le cui fatture mai sarebbero state contestate dal curatore).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i motivi di ricorso sono, complessivamente, infondati.
Va premesso che la disciplina della recidiva trova la sua giustificazione nella riscontrata insensibilità del soggetto agente al trattamento repressivo e rieducativo e presuppone, quindi, che le pregresse condotte criminose (delle quali sia stata accertata la commissione) siano state indicative di una maggiore capacità criminale e di una più intensa pericolosità, incidenti, quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, Rv. 270419).
Sotto il profilo motivazionale, il relativo onere è soddisfatto in tutte le ipotesi nelle quali, anche se con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782) e che i singoli precedenti non siano stati valutati in sé, ma nel loro rapporto con il reato sub
Parallelamente, la valutazione della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 131-bis cod. pen. va operata valutando, alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., le modalità della condotta e l’esiguità del pregiudizio arrecato; una valutazione, tuttavia, che, presupponendo un apprezzamento in fatto, è frutto di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, sottratto al sindacato di legittimità (se immune da vizi logici e giuridici: Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, Rv. 265685), che non impone, necessariamente, la disamina di tutti gli elementi
di valutazione indicati nella norma richiamata, ma la sola l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647).
La Corte territoriale ha applicato la disciplina della recidiva ritenendo che i plurimi precedenti penali (per i reati di ricettazione, associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio e calunnia) fossero espressione di una più intensa pericolosità e colpevolezza dell’imputato, indifferente all’efficacia dissuasiva delle condanne inflittegli e ormai aduso alla commissione di reati, anche a fini di profitto. Parallelamente, ha ritenuto che l’offesa non fosse di particolare tenuità, valutando, nell’esercizio della sua discrezionalità, la durata della condotta delittuosa (protrattasi per l’intero periodo in cui l’imputato ha ricoperto le cariche di presidente del consiglio di amministrazione e liquidatore) e i conseguenti deficit di conoscenza, che hanno reso impossibile verificare l’esistenza e la veridicità delle singole operazioni.
Ebbene, quanto al primo profilo, la Corte territoriale non ha valutato, individualmente, i singoli precedenti, ma ha dato conto del rapporto esistente tra i vari reati e la conseguente progressione in termini di capacità criminale e pericolosità. E, in questo contesto, l’evocata inidoneità dei precedenti indicati dalla Corte territoriale ad essere valutati come fonte criminogena per i reati sub iudice è questione indeducibile in questa sede in quanto postula una rivalutazione del dato fattuale, prospettando un differente apprezzamento della gravità dei fatti e della pericolosità dei soggetti; attività che, in quanto tale, è riservata al giudice di merito ed insindacabile da questa Corte se non sotto il profilo della manifesta illogicità e della contraddittorietà (intrinseca ed estrinseca), profili che, alla luce d quanto evidenziato in precedenza (la natura dei reati e la loro pluralità), sono chiaramente insussistenti.
Quanto al secondo profilo di censura, non solo la motivazione esiste e non è né manifestamente illogica, né incoerente rispetto ai dati processuali richiamati (ed in quanto tale insindacabile in questa sede), ma le circostanze indicate dalla Corte territoriale non appaiono essere escluse, in sé, dall’eccepita condotta omissiva del curatore (essa stessa non valutabile nel senso prospettato dalla difesa proprio alla luce dell’evidenziato deficit informativo).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 maggio 2025
Il Consigliere estensore
COGNOME Il Presidente