Recidiva e attenuanti generiche: due binari paralleli
La valutazione della recidiva e la concessione delle circostanze attenuanti generiche sono due giudizi autonomi e indipendenti. Con l’ordinanza n. 8186 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la presenza di elementi positivi che giustificano una riduzione di pena non esclude, di per sé, che i precedenti penali dell’imputato possano dimostrare una maggiore riprovevolezza del reato commesso. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere come il passato criminale di un soggetto influenzi la determinazione della pena, anche a distanza di molti anni.
I fatti del caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello che, pur riformando parzialmente una condanna di primo grado per traffico di stupefacenti, aveva confermato la sussistenza della recidiva qualificata. All’imputato erano state concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenute però solo equivalenti all’aggravante della recidiva, anziché prevalenti.
L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero erroneamente tenuto conto di precedenti penali molto datati (risalenti al 1999 e al 2005) per giustificare la recidiva. Un intervallo di tempo così lungo, a dire del ricorrente, avrebbe dovuto escludere un giudizio di maggiore pericolosità sociale. Inoltre, la difesa sosteneva la contraddittorietà della sentenza, che da un lato valorizzava elementi positivi per concedere le attenuanti, ma dall’altro li ignorava nel valutare l’aggravante.
La valutazione della recidiva in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni difensive. I giudici hanno chiarito che le censure proposte miravano, in realtà, a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
Le motivazioni
La Corte ha fondato la sua decisione su alcuni capisaldi giuridici. In primo luogo, ha riaffermato l’autonomia e l’indipendenza tra il giudizio sulla recidiva e quello sulle attenuanti generiche. Il riconoscimento delle attenuanti si basa su specifici elementi positivi della condotta o della personalità dell’imputato, mentre la recidiva si fonda sulla valutazione dei precedenti penali come indice di una maggiore inclinazione a delinquere.
La Corte ha specificato che il mero decorso del tempo tra un reato e l’altro non è un fattore automaticamente dirimente per escludere la recidiva. Al contrario, quando i precedenti penali riguardano la stessa tipologia di reato (in questo caso, il traffico di stupefacenti), essi possono essere considerati un sintomo di una “persistente inclinazione a violare le medesime disposizioni incriminatrici”. In tale ottica, il tempo trascorso può addirittura assumere un peso aggravante, dimostrando l’incapacità del soggetto di modificare il proprio stile di vita nonostante le precedenti condanne.
Non sussiste, quindi, alcuna contraddizione logica nel concedere le attenuanti per taluni aspetti positivi e, al contempo, ritenere sussistente la recidiva sulla base della storia criminale complessiva. Si tratta di due valutazioni distinte che operano su piani diversi.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la valutazione della recidiva è un’analisi complessa che non si esaurisce nel mero dato cronologico. Il giudice di merito deve valutare se i precedenti penali, anche se risalenti nel tempo, siano sintomatici di una più spiccata capacità a delinquere. Questa valutazione è compatibile con il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, poiché i due istituti rispondono a logiche e presupposti differenti. La decisione sottolinea come il ricorso in Cassazione non possa trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma debba limitarsi a censurare vizi di legittimità, come l’illogicità manifesta della motivazione, che in questo caso è stata esclusa.
La concessione delle circostanze attenuanti generiche esclude automaticamente il riconoscimento della recidiva?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione dei precedenti penali ai fini della recidiva è compatibile con il riconoscimento delle attenuanti generiche, in quanto si tratta di giudizi autonomi e indipendenti basati su presupposti diversi.
Il semplice trascorrere di molto tempo tra un reato e quello successivo è sufficiente per escludere la recidiva?
No, il mero decorso del tempo non è di per sé sufficiente a escludere il giudizio di maggiore riprovevolezza. Anzi, può assumere un peso aggravante se dimostra una persistente inclinazione a violare la legge, specialmente in relazione a reati della stessa indole.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8186 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8186 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Con sentenza del 15 marzo 2023 la Corte di Appello di Palermo riformava parzialmente la sentenza del 28 febbraio 2020 del tribunale di Palermo riconoscendo all’appellante COGNOME NOME le circostanze attenuanti generiche reputate equivalenti alla recidiva e riduce la pena applicata in relazione al reato ex art.t. 110 cod. pen. 73 DPR 309/90.
Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per cassazione, assumendo il vizio di motivazione in relazione agli artt. 99 cod. pen. e 73 del DPR 309/90 in quanto l’aggravante ex art. 99 comma 4 cod. pen. sarebbe stata riconosciuta ignorando gli indirizzi di legittimità, in quanto i giudici avrebbero tenuto conto di condotte illecite consumate nel lontano 2005 e nel 1999 così considerando solo il dato formale della sussistenza di precedenti penali a carico. Pur trattandosi di fatti ben anteriori all’epoca del reato per cui si procede, del gennaio 2015, così che tale intervallo di tempo avrebbe escluso ogni giudizio di riprorevolezza maggiore del fatto qui giudicato. Inoltre mancherebbe ogni concreto supporto alla tesi per cui le precedenti condanne avrebbero “giovato” all’imputato solo in termini di miglior organizzazione della propria attività illecita Si sarebbe omesso anche di considerare sul pigri° della eventuale sussistenza della recidiva, gli elementi positivi valorizzati per l’avvenuta’ concessione delle attenuanti generiche.
3. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che in tema di recidiva, la valorizzazione, da parte del giudice, dei precedenti penali dell’imputato ai fini del riconoscimento della recidiva, è compatibile con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, attesa la autonomia e indipendenza dei giudizi riguardanti i due istituti. (Sez. 4 – n. 14647 del 07/04/2021 Ud. (dep. 20/04/2021 ) Rv. 281018 – 01). Nel caso in esame con assoluta coerenza da una parte è stato espresso un giudizio di maggior riprorevolezza del fatto alla luce di consistenti precedenti penali afferenti pur sempre il traffico di stupefacenti, così che il mero decorso del tempo da una parte non è di per sé necessariamente in grado di elidere un tale giudizio come sostenuto dalla difesa in una prospettiva – inammissibile in questa sede di mera rivalutazione dei dati, dall’altra a ben vedere puo’ assumere un peso aggravante a fronte della persistente inclinazione nel tempo a violare le medesime disposizioni incriminatrici.
Per cui la prospettazione difensiva non solo attiene al merito ma propone letture giuridiche, quali la rilevanza del tempo decorso tra i reati quale elemento di per sé dirimente in tema di recidiva e la contraddittorietà nascente dalla valorizzazione di dati per le attenuanti generiche e non per la predetta aggravante.
Consegue l’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023
Il C sigliere estensore
Il Presidente