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Recidiva e attenuanti: la Cassazione fa chiarezza

Un imputato, condannato per spaccio di stupefacenti, ricorre in Cassazione contestando l’applicazione della recidiva basata su precedenti penali datati. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che la valutazione della recidiva è un giudizio autonomo rispetto alla concessione delle attenuanti generiche. Il tempo trascorso tra i reati non è di per sé sufficiente a escludere la maggiore riprovevolezza del fatto, se emerge una persistente inclinazione a delinquere.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e attenuanti generiche: due binari paralleli

La valutazione della recidiva e la concessione delle circostanze attenuanti generiche sono due giudizi autonomi e indipendenti. Con l’ordinanza n. 8186 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la presenza di elementi positivi che giustificano una riduzione di pena non esclude, di per sé, che i precedenti penali dell’imputato possano dimostrare una maggiore riprovevolezza del reato commesso. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere come il passato criminale di un soggetto influenzi la determinazione della pena, anche a distanza di molti anni.

I fatti del caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello che, pur riformando parzialmente una condanna di primo grado per traffico di stupefacenti, aveva confermato la sussistenza della recidiva qualificata. All’imputato erano state concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenute però solo equivalenti all’aggravante della recidiva, anziché prevalenti.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero erroneamente tenuto conto di precedenti penali molto datati (risalenti al 1999 e al 2005) per giustificare la recidiva. Un intervallo di tempo così lungo, a dire del ricorrente, avrebbe dovuto escludere un giudizio di maggiore pericolosità sociale. Inoltre, la difesa sosteneva la contraddittorietà della sentenza, che da un lato valorizzava elementi positivi per concedere le attenuanti, ma dall’altro li ignorava nel valutare l’aggravante.

La valutazione della recidiva in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni difensive. I giudici hanno chiarito che le censure proposte miravano, in realtà, a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su alcuni capisaldi giuridici. In primo luogo, ha riaffermato l’autonomia e l’indipendenza tra il giudizio sulla recidiva e quello sulle attenuanti generiche. Il riconoscimento delle attenuanti si basa su specifici elementi positivi della condotta o della personalità dell’imputato, mentre la recidiva si fonda sulla valutazione dei precedenti penali come indice di una maggiore inclinazione a delinquere.

La Corte ha specificato che il mero decorso del tempo tra un reato e l’altro non è un fattore automaticamente dirimente per escludere la recidiva. Al contrario, quando i precedenti penali riguardano la stessa tipologia di reato (in questo caso, il traffico di stupefacenti), essi possono essere considerati un sintomo di una “persistente inclinazione a violare le medesime disposizioni incriminatrici”. In tale ottica, il tempo trascorso può addirittura assumere un peso aggravante, dimostrando l’incapacità del soggetto di modificare il proprio stile di vita nonostante le precedenti condanne.

Non sussiste, quindi, alcuna contraddizione logica nel concedere le attenuanti per taluni aspetti positivi e, al contempo, ritenere sussistente la recidiva sulla base della storia criminale complessiva. Si tratta di due valutazioni distinte che operano su piani diversi.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la valutazione della recidiva è un’analisi complessa che non si esaurisce nel mero dato cronologico. Il giudice di merito deve valutare se i precedenti penali, anche se risalenti nel tempo, siano sintomatici di una più spiccata capacità a delinquere. Questa valutazione è compatibile con il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, poiché i due istituti rispondono a logiche e presupposti differenti. La decisione sottolinea come il ricorso in Cassazione non possa trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma debba limitarsi a censurare vizi di legittimità, come l’illogicità manifesta della motivazione, che in questo caso è stata esclusa.

La concessione delle circostanze attenuanti generiche esclude automaticamente il riconoscimento della recidiva?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione dei precedenti penali ai fini della recidiva è compatibile con il riconoscimento delle attenuanti generiche, in quanto si tratta di giudizi autonomi e indipendenti basati su presupposti diversi.

Il semplice trascorrere di molto tempo tra un reato e quello successivo è sufficiente per escludere la recidiva?
No, il mero decorso del tempo non è di per sé sufficiente a escludere il giudizio di maggiore riprovevolezza. Anzi, può assumere un peso aggravante se dimostra una persistente inclinazione a violare la legge, specialmente in relazione a reati della stessa indole.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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