Recidiva Contestata: I Limiti del Ricorso in Cassazione
L’istituto della recidiva contestata è spesso al centro di complessi dibattiti legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un’importante chiave di lettura sui limiti dell’impugnazione davanti alla Suprema Corte, chiarendo quando le argomentazioni difensive si scontrano con il muro dell’inammissibilità. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio la distinzione tra valutazione di fatto e vizio di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato per un reato previsto dall’art. 73 del DPR 309/90 (Testo Unico sugli Stupefacenti), avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il punto cruciale del ricorso non riguardava la colpevolezza in sé, ma la mancata esclusione dell’aggravante della recidiva, che era stata contestata e confermata nei precedenti gradi di giudizio. La difesa sosteneva che la recidiva non dovesse essere applicata, portando le proprie argomentazioni dinanzi alla Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Recidiva Contestata
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione (cioè se la recidiva fosse o meno giusta nel caso specifico), ma si ferma a un livello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dal ricorrente non erano ammissibili in quella sede, condannandolo di conseguenza al pagamento delle spese processuali e a una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni addotte dalla Corte. I giudici hanno chiarito che il ricorso era fondato su mere valutazioni di fatto. In altre parole, la difesa chiedeva alla Cassazione di riesaminare e reinterpretare gli stessi elementi fattuali già valutati dalla Corte d’Appello per decidere se applicare o meno la recidiva.
Questo tipo di richiesta è precluso in sede di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si può ridiscutere l’intera vicenda, ma un giudice della legge, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
La Corte ha sottolineato che la motivazione della Corte d’Appello era adeguata e ben argomentata. In particolare, la decisione di confermare la recidiva si basava su elementi concreti e specifici, tra cui:
1. Un precedente specifico: l’imputato aveva già riportato una condanna per un reato della stessa indole.
2. Il contesto territoriale: il nuovo reato era stato commesso nel medesimo ambito territoriale del precedente, indicando una persistenza nel comportamento illecito in quella zona.
3. Il tempus commissi delicti: il fattore temporale è stato considerato rilevante per valutare la propensione a delinquere dell’imputato.
Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una spiegazione logica e coerente basata su questi elementi, non vi era spazio per una censura da parte della Cassazione. Il tentativo del ricorrente di offrire una diversa lettura dei fatti è stato quindi considerato un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo giudizio di merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve denunciare vizi di legge o vizi logici manifesti della motivazione, non può essere utilizzato per sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove. Nel caso di una recidiva contestata, la difesa deve dimostrare che il giudice di merito ha commesso un errore nell’applicare la legge o ha motivato la sua decisione in modo palesemente illogico o contraddittorio. Se, al contrario, la motivazione è solida e ancorata a elementi di fatto specifici (come precedenti, luogo e tempo del reato), il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su mere valutazioni di fatto relative alla contestazione della recidiva, un tipo di analisi che non compete alla Corte di Cassazione. La motivazione della corte d’appello sul punto è stata ritenuta adeguata.
Quali elementi ha considerato la corte per confermare la recidiva?
La corte d’appello ha confermato la recidiva sulla base di un precedente penale specifico, della commissione del nuovo reato nel medesimo ambito territoriale e in considerazione del tempo in cui il reato è stato commesso (tempus commissi delicti).
Qual è stata la conseguenza per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32602 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32602 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso, proposto da NOME, imputato in ordine al reato ex art. 7 del DPR 309/90′ è inammissibile. Il motivo dedotto, è relativo alla mancat esclusione della recidiva contestata, ed è fondato su mere valutazioni di fat fronte di una motivazione sul punto adeguata, con cui si spiega la sussistenza de recidiva alla luce sia di un precedente specifico che della avvenuta realizzaz del reato in esame nel medesimo ambito territoriale nonché in ragione del tempu commissi delicti.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del Ammende.
Così deciso il 24/05/2024.