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Recidiva: condanna non estinta e inammissibilità

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. Nonostante l’esito positivo dell’affidamento in prova che estingue gli effetti penali di molte condanne, la Corte ha ritenuto valida la contestazione della recidiva a causa di un precedente reato non incluso nel cumulo e non estinto, sufficiente a giustificare l’aggravante.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Affidamento in Prova: Quando una Vecchia Condanna Riemerge

L’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale estingue la pena e ogni altro effetto penale, inclusa la possibilità di contestare la recidiva per le condanne coperte dalla misura. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 45263/2024, chiarisce che la presenza di una condanna precedente, non estinta e non inclusa nel perimetro dell’affidamento, può essere sufficiente a giustificare l’applicazione di questa aggravante. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo, emessa dal Tribunale di Roma nel 2021 e confermata in appello nel 2024, per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, comma 5, T.U. Stup.). La pena inflitta era di quattro mesi di reclusione e ottocento euro di multa, con il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva specifica.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la recidiva non avrebbe dovuto essere considerata. La sua difesa si basava su un punto cruciale: tutte le sue precedenti condanne erano state raggruppate in un cumulo esecutivo nel 2010. Successivamente, nel 2015, il Tribunale di Sorveglianza aveva dichiarato l’estinzione della pena e di ogni altro effetto penale a seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova. Secondo il ricorrente, questo avrebbe dovuto ‘cancellare’ i precedenti ai fini della recidiva.

La Decisione della Cassazione sulla Recidiva

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità della contestazione della recidiva. Sebbene i giudici abbiano ribadito il principio consolidato (affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza Marcianò del 2011) secondo cui l’affidamento in prova concluso positivamente neutralizza le condanne ai fini della recidiva, hanno individuato un elemento decisivo che ha cambiato le sorti del processo.

L’Eccezione: la Condanna ‘Dimenticata’

L’analisi del casellario giudiziale dell’imputato ha rivelato l’esistenza di una condanna per furto risalente al 1993, definita con un patteggiamento. Questa specifica condanna non era stata inserita nel cumulo esecutivo del 2010 e, pertanto, non era stata interessata dall’effetto estintivo dell’affidamento in prova. Inoltre, il reato oggetto del patteggiamento non si era estinto ai sensi dell’art. 445 c.p.p., poiché l’imputato aveva commesso altri reati entro i cinque anni successivi. Di conseguenza, quella vecchia condanna era ancora giuridicamente ‘viva’ e utilizzabile per fondare il giudizio di recidiva.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, sebbene la Corte d’Appello non avesse menzionato l’effetto estintivo dell’affidamento sulle altre condanne, la presenza del singolo precedente non estinto era sufficiente a giustificare, sia formalmente che sostanzialmente, il riconoscimento della recidiva. I giudici di merito avevano correttamente valutato la maggiore pericolosità sociale dell’imputato non solo sulla base del numero di precedenti, ma anche considerando il carattere non occasionale dell’attività di spaccio per cui era stato condannato. La Corte di Cassazione ha quindi ritenuto che la decisione impugnata fosse motivata in modo logico e coerente, respingendo le censure del ricorrente.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante monito: l’effetto estintivo dell’affidamento in prova è potente, ma non onnipotente. Non opera automaticamente su tutto il ‘passato’ criminale di un individuo, ma solo sulle specifiche condanne per le quali la misura alternativa è stata applicata e conclusa con successo. Un singolo precedente, anche molto risalente, se non estinto e non coperto dalla misura, può essere sufficiente a far scattare l’aggravante della recidiva, con tutte le conseguenze negative che ne derivano in termini di trattamento sanzionatorio e accesso a futuri benefici.

L’esito positivo dell’affidamento in prova esclude sempre la recidiva?
No, non sempre. Se esiste una precedente condanna non estinta e non inclusa tra quelle per cui è stato concesso e completato l’affidamento, questa può essere validamente considerata ai fini della contestazione della recidiva.

Perché una vecchia sentenza di patteggiamento è stata considerata valida ai fini della recidiva?
Perché il reato oggetto di quella sentenza non si era estinto secondo quanto previsto dall’art. 445, comma 2, c.p.p., dato che l’imputato aveva commesso altri reati nel quinquennio successivo. Pertanto, la condanna era ancora efficace e poteva essere utilizzata per fondare l’aggravante.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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