Recidiva: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’applicazione della recidiva è un tema cruciale nel diritto penale, capace di incidere notevolmente sull’entità della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per analizzare i criteri con cui i giudici valutano i ricorsi su questo specifico punto. Il caso in esame riguarda un individuo condannato per una serie di reati, il cui appello è stato dichiarato inammissibile proprio perché la motivazione della Corte d’Appello sull’aggravante della recidiva è stata ritenuta inattaccabile.
I Fatti del Caso
Il ricorrente si era rivolto alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma che lo aveva condannato per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), danneggiamento (art. 635 c.p.) e per una violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). Il punto centrale del suo ricorso non era la colpevolezza in sé, ma la contestazione sull’applicazione della recidiva.
Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente motivato le ragioni per cui l’aggravante era stata applicata, limitandosi a un generico riferimento ai precedenti penali.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Recidiva
La Suprema Corte ha respinto completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, il motivo dedotto era ‘manifestamente infondato’. La decisione si basa su un principio fondamentale: il sindacato di legittimità della Cassazione non può entrare nel merito delle valutazioni fatte dal giudice precedente, a meno che queste non presentino vizi logici evidenti o errori di diritto.
In questo caso, la Corte di Cassazione ha stabilito che la motivazione della Corte d’Appello era, al contrario, ‘priva di fratture logiche e immune da vizi’. Di conseguenza, il ricorso non superava il vaglio di ammissibilità.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che la decisione dei giudici d’appello era ben ponderata. Per applicare la recidiva, la Corte territoriale aveva correttamente considerato due elementi chiave:
1. I precedenti penali del ricorrente: un dato oggettivo che testimonia una pregressa tendenza a violare la legge.
2. Le concrete modalità del fatto: il modo in cui i reati erano stati commessi è stato valutato come ‘espressivo di accresciuta capacità a delinquere’.
In sostanza, non si è trattato di un’applicazione automatica dell’aggravante, ma di una valutazione concreta che collegava il passato criminale dell’imputato alla gravità e alle caratteristiche del nuovo reato. Questa analisi, secondo la Cassazione, è sufficiente a giustificare l’aumento di pena derivante dalla recidiva e rende la motivazione immune da censure di legittimità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato: per contestare con successo l’applicazione della recidiva in Cassazione, non è sufficiente lamentare una presunta ingiustizia. È necessario dimostrare che la motivazione del giudice di merito è illogica, contraddittoria o basata su un’errata applicazione della legge. Quando, come in questo caso, la decisione è fondata su elementi concreti e spiegata in modo coerente, il ricorso è destinato all’inammissibilità. Per gli operatori del diritto, ciò sottolinea l’importanza di costruire ricorsi che attacchino vizi specifici e dimostrabili della sentenza, piuttosto che tentare una rivalutazione del merito dei fatti, preclusa in sede di legittimità.
Quando un ricorso contro l’applicazione della recidiva viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando il motivo è ritenuto manifestamente infondato, ossia quando la motivazione del giudice di merito sull’applicazione della recidiva è logica, coerente e basata su elementi concreti come i precedenti penali e la capacità a delinquere dimostrata dal reato commesso.
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per applicare correttamente la recidiva nel caso di specie?
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione su due fattori principali: i precedenti penali del ricorrente e le modalità concrete del fatto per cui si procedeva, ritenute espressive di una sua ‘accresciuta capacità a delinquere’.
Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29784 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29784 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G.N. 8435/24 COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo dedotto nel ricorso, afferente alla condanna del ricorrente per i reati di cui agli artt. 337 e 635 cod. pen. e all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, è inammissibile in quanto manifestamente infondato;
Considerato, invero, che risulta priva di fratture logiche e immune da vizi sindacabili in sede di legittimità la motivazione con cui la Corte d’appello ha ritenuto correttamente applicata la recidiva, avuto riguardo ai precedenti penali del ricorrente e alla considerazione del fatto oggetto di giudizio, alla luce delle concrete modalità dello stesso, espressive di accresciuta capacità a delinquere del predetto;
Ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/06/2024.