Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6675 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6675  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a VILLARICCA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/05/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nei ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME – nei quali i difensori lamentano rispettivamente violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen. e vizio di motivazione circa il diniego da parte della Corte di assise di appello di Napoli delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti e violazione dell’art. 99 cod. pen. per omessa valutazione ed esclusione della recidiva contestata ed applicata (ricorso COGNOME) e violazione degli artt. 192 cod. proc. pen., 577, primo comma, n. 3, 69, 81, 132 e 133 cod. pen., per non avere la suddetta Corte escluso l’aggravante della premeditazione e la recidiva, applicando quest’ultima automaticamente sulla base dei soli precedenti penali (ricorso COGNOME) – sono manifestamente infondate, oltre che non consentite in sede di legittimità, risolvendosi in doglianze in punto di fatto.
Osservato che dette doglianze sono reiterative di profili di censura già vagliati con argomentazioni non manifestamente illogiche e scevre da vizi giuridici dalla suddetta Corte nel provvedimento impugnato.
In esso si evidenzia che: – non può essere esclusa la recidiva reiterata contestata a COGNOME, iscrivendosi le fattispecie per cui è processo (omicidio pluriaggravato, delitti in materia di armi ed altri) nell’alveo di una qualificat attitudine alla reiterazione di delitti, commessi con allarmante sistematicità, tra i quali reati anche di natura associativa, idonea a rafforzare il giudizio di colpevolezza e di rimproverabilità in concreto e ad attestare una specifica, maggiore, capacità a delinquere dell’imputato; – non possono essere concesse a COGNOME le circostanze attenuanti generiche, già concesse in primo grado come equivalenti, con giudizio di prevalenza, in ragione dell’oggettiva gravità del reato nella sua dimensione fattuale e dell’eccezionale intensità del dolo, evidente laddove si consideri la freddezza dell’esecuzione e la vacuità dei motivi, nonché della personalità dell’imputato, già condannato per droga, furto e partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, espressione massima di pervicacia criminale e di propensione al delitto di eccezionale intensità, e infine dell’assenza di atteggiamenti di resipiscenza, considerata anche la confessione tardiva; – indubbia è la riferibilità dell’aggravante della premeditazione a COGNOME, che assistette al conferimento del mandato omicidiario, acquisendo cognizione diretta del movente alla base dell’agire delittuoso, e, anche a prescindere da tale partecipazione a detto momento comunicativo, fu uno dei principali artefici della concreta attuazione di quella risoluzione, partecipando direttamente alla fase esecutiva del delitto nella
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consapevolezza quantomeno di aderire all’altrui premeditazione e di inserirsi in un ambito operativo non improvvisato, né estemporaneo, ma programmato per tempo da altri; – non può, infine, essere esclusa a suo carico la contestata recidiva (reiterata, specifica e infraquinquennale), considerati i numerosi precedenti penali di cui due per lesione personale, integranti il carattere “specifico”, e un recente decreto penale di condanna irrevocabile il 23.3.2019 che rende ragione del carattere “infraquinquennale”, per cui deve ritenersi che le fattispecie per cui è processo si iscrivano nell’alveo di una qualificata attitudine a reiterare delitti anche della stessa indole, profilo decisivo a rafforzare il giudizi di colpevolezza o di rimproverabilità in concreto e giustificare l’inasprimento della pena a titolo di recidiva.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.