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Recidiva attenuanti: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso riguardante il bilanciamento tra recidiva e attenuanti generiche. La decisione della Corte d’appello di considerare equivalenti le circostanze, basandosi sulla pericolosità sociale dell’imputato desunta dai precedenti penali, è stata ritenuta un giudizio di fatto non sindacabile e privo di vizi logici, confermando così la valutazione sulla recidiva attenuanti.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Attenuanti Generiche: Quando il Giudice Può Bilanciare? L’Analisi della Cassazione

Il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti è un momento cruciale nel processo penale, poiché determina l’entità finale della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico sul rapporto tra recidiva attenuanti generiche, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione del giudice di merito. La Suprema Corte ha esaminato la decisione di una Corte d’appello di considerare equivalenti la recidiva e le attenuanti concesse, anziché far prevalere queste ultime.

I Fatti del Ricorso

Un imputato condannato per rapina ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. Il ricorrente contestava la decisione della Corte d’appello di non aver ritenuto prevalenti le circostanze attenuanti generiche sulla recidiva contestata. Secondo la difesa, tale valutazione era errata e non adeguatamente motivata.

La Decisione della Corte sulla recidiva attenuanti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno suddiviso la loro analisi in due punti chiave, entrambi centrali per comprendere la dinamica tra recidiva attenuanti.

In primo luogo, riguardo all’applicazione della recidiva, la Suprema Corte ha evidenziato come la Corte d’appello avesse fornito una motivazione argomentata. I giudici di secondo grado avevano collegato il reato di rapina sub iudice con precedenti condanne per reati della stessa natura (rapina e detenzione di armi). Sebbene lontane nel tempo, queste condanne sono state interpretate come un indicatore di una “mai sopita indole delinquenziale” e di una persistente pericolosità sociale del soggetto. La Cassazione ha sottolineato che tale valutazione costituisce un “giudizio di fatto” che, se logicamente motivato, non può essere riesaminato in sede di legittimità.

In secondo luogo, per quanto riguarda il giudizio di equivalenza tra la recidiva e le attenuanti generiche, la Corte ha osservato che la Corte d’appello aveva agito correttamente. Rinviando alle argomentazioni già esposte per giustificare la recidiva, i giudici di merito avevano implicitamente considerato gli elementi dell’art. 133 del codice penale, concludendo che la soluzione dell’equivalenza fosse la più idonea a garantire l’adeguatezza della pena al caso concreto. Anche in questo caso, la Cassazione ha ritenuto la conclusione priva di incoerenze o illogicità.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio consolidato della separazione tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità. La valutazione della personalità dell’imputato, della sua pericolosità sociale e della gravità complessiva del fatto rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Il ruolo della Corte di Cassazione non è quello di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti, ma di verificare che il percorso logico-giuridico seguito sia corretto, coerente e non manifestamente illogico. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva costruito un ragionamento plausibile, collegando i precedenti specifici alla natura del nuovo reato per fondare sia l’applicazione della recidiva sia la scelta di non far prevalere le attenuanti. La decisione di bilanciare le circostanze, anziché farne prevalere una sull’altra, è stata quindi ritenuta una scelta motivata e insindacabile.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nel valutare il rapporto tra recidiva attenuanti generiche. Finché la sua decisione è supportata da una motivazione logica e coerente, che tenga conto degli specifici elementi del caso, essa non è censurabile in Cassazione. Questa pronuncia conferma che la pericolosità sociale dell’imputato, desunta anche da precedenti penali non recentissimi ma specifici, è un fattore determinante che può legittimamente portare a un giudizio di equivalenza, impedendo una riduzione della pena che altrimenti deriverebbe dalla prevalenza delle attenuanti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché contestava un giudizio di fatto (la valutazione sulla pericolosità dell’imputato) non sindacabile in sede di legittimità e perché la motivazione della Corte d’appello sul giudizio di equivalenza tra recidiva e attenuanti è stata considerata logica e coerente.

Su quali basi la Corte d’appello ha applicato la recidiva?
La Corte d’appello ha applicato la recidiva mettendo in relazione il reato di rapina per cui si procedeva con le precedenti condanne dell’imputato per rapina e detenzione di armi, ritenendole dimostrative di una persistente indole delinquenziale e pericolosità, nonostante fossero lontane nel tempo.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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