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Recidiva attenuanti generiche: quando il ricorso è out

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per reati fiscali. La Corte conferma la legittimità dell’applicazione della recidiva e del diniego delle attenuanti generiche, motivando che i precedenti penali specifici e la gravità del fatto giustificano la decisione. Il ricorso è stato respinto perché basato su una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Attenuanti Generiche: La Cassazione e i Limiti del Ricorso

L’applicazione della recidiva attenuanti generiche rappresenta uno dei nodi cruciali del diritto penale, dove la discrezionalità del giudice si confronta con i precedenti di un imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto di riflessione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, chiarendo quando le contestazioni su questi istituti si trasformano in mere doglianze di fatto, destinate all’inammissibilità.

Il Caso in Esame: Occultamento di Documenti e Precedenti Penali

Il caso riguarda un imprenditore condannato alla pena di dieci mesi di reclusione per il reato di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.P.R. n. 74 del 2000. L’imputato, titolare di una ditta individuale, aveva sottratto l’intera documentazione contabile per un periodo di tre anni d’imposta.

Contro la sentenza di condanna della Corte d’Appello, l’imprenditore ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge riguardo a due aspetti centrali della determinazione della pena: l’applicazione della recidiva e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

I Motivi del Ricorso e il Tema della Recidiva Attenuanti Generiche

La difesa del ricorrente si è concentrata sulla presunta erronea applicazione della recidiva e sul diniego delle attenuanti. Secondo la tesi difensiva, il giudice di merito non avrebbe valutato correttamente gli elementi a favore dell’imputato, che avrebbero dovuto condurre a una pena più mite.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha subito inquadrato il ricorso in una prospettiva puramente procedurale, evidenziando come le censure mosse non fossero ammissibili in sede di legittimità. I motivi del ricorso, infatti, non denunciavano un’effettiva violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, sollecitando una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende. La decisione si fonda su principi consolidati in materia di ricorso per Cassazione.

Le Motivazioni

I giudici hanno spiegato che il ricorso era inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, le critiche sollevate erano semplici ‘doglianze in punto di fatto’, ovvero tentativi di ottenere una rilettura delle prove e una riconsiderazione del merito che non compete alla Corte di Cassazione. Il suo ruolo, infatti, è quello di giudice della legittimità, non dei fatti.

In secondo luogo, la sentenza impugnata aveva fornito una motivazione puntuale e giuridicamente corretta sia sull’applicazione della recidiva sia sul diniego delle attenuanti. Il giudice di merito aveva evidenziato due elementi decisivi:
1. I numerosi precedenti penali: L’imputato era gravato da una lunga serie di condanne per reati fiscali (specificamente, violazioni al d.P.R. 633/1972, la legge sull’IVA), dimostrando una persistente inclinazione a delinquere nello stesso settore.
2. L’obiettiva gravità del fatto: La condotta contestata non era marginale, ma consisteva nella sottrazione dell’intera documentazione contabile dell’impresa per ben tre anni, un fatto di notevole gravità che ostacola l’accertamento fiscale.

Questi elementi, secondo la Corte, giustificavano ampiamente sia l’aumento di pena per la recidiva sia il mancato riconoscimento di sconti di pena attraverso le attenuanti generiche. Non sussisteva, quindi, alcuna violazione di legge da parte del giudice d’appello.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per contestare decisioni come quella sulla recidiva attenuanti generiche, non è sufficiente lamentarsi del risultato, ma è necessario individuare specifici vizi di legge o di motivazione manifestamente illogica nella sentenza impugnata. In assenza di tali vizi, e di fronte a una motivazione coerente come quella del caso di specie, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria per aver intrapreso un’azione giudiziaria senza fondamento giuridico.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sul diniego delle attenuanti generiche?
No, non è possibile se la contestazione si basa su una semplice richiesta di rivalutazione dei fatti (mere doglianze). Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per denunciare violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non per ottenere un nuovo esame del merito della decisione, qualora questa sia adeguatamente motivata.

Quali elementi giustificano il diniego delle attenuanti generiche in questo caso?
Il diniego è stato giustificato sulla base di due elementi principali: i numerosissimi precedenti penali specifici dell’imputato in materia fiscale e l’oggettiva gravità del reato commesso, consistente nella sottrazione dell’intera documentazione contabile per tre anni d’imposta.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La sentenza impugnata diventa definitiva e non più modificabile. Inoltre, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso ritenuto colpevolmente privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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