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Recidiva amministrativa DASPO: motivazione essenziale

Un tifoso, già destinatario in passato di un provvedimento simile, riceve un DASPO di cinque anni con obbligo di presentazione alla polizia per aver lanciato un artifizio pirico durante una partita. La Corte di Cassazione ha annullato parzialmente l’ordinanza di convalida, specificando che la recidiva amministrativa DASPO non può essere giustificata con una motivazione di stile. Il giudice deve valutare concretamente la pericolosità attuale del soggetto e il tempo trascorso dal precedente fatto, non potendo applicare l’aggravante in modo automatico. La questione è stata rinviata al giudice per un nuovo esame sul punto della recidiva.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva amministrativa DASPO: perché la motivazione non può essere una formalità

L’applicazione di misure di prevenzione come il DASPO, specialmente in casi di recidiva, richiede un’attenta valutazione da parte del giudice. Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’aggravamento della sanzione per la recidiva amministrativa DASPO non è automatico e deve essere supportato da una motivazione concreta e non da mere clausole di stile. Analizziamo un caso che chiarisce come la tutela della libertà personale esiga una valutazione effettiva e non solo formale.

I Fatti del Caso: un gesto pericoloso allo stadio

Durante una partita di calcio, un tifoso veniva ripreso mentre lanciava un artifizio pirico in campo. A seguito di questo comportamento, ritenuto pericoloso per l’ordine pubblico, il Questore emetteva nei suoi confronti un provvedimento di DASPO. Dato che il soggetto aveva già ricevuto un provvedimento analogo oltre quattordici anni prima, il Questore applicava l’ipotesi aggravata prevista per i recidivi, imponendo un divieto di accesso agli stadi per cinque anni, accompagnato dall’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria durante le partite. Tale provvedimento veniva successivamente convalidato dal Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.).

Le Ragioni del Ricorso e la recidiva amministrativa DASPO

Il tifoso, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione contestando diversi aspetti dell’ordinanza di convalida. Il punto centrale del ricorso riguardava la recidiva amministrativa DASPO. La difesa sosteneva che il precedente specifico risaliva a quasi quindici anni prima e che, pertanto, il giudice avrebbe dovuto escludere l’aggravante, o quantomeno motivare in modo approfondito le ragioni per cui riteneva ancora attuale la pericolosità del soggetto derivante da un fatto così lontano nel tempo. La motivazione del G.i.p. sul punto era stata, secondo la difesa, eccessivamente sbrigativa e generica.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso limitatamente alla questione della recidiva. I giudici supremi hanno chiarito che, sebbene la legge preveda un inasprimento della misura per chi è già stato destinatario di un DASPO, questo non esime il giudice della convalida da una valutazione approfondita. Il giudice non può limitarsi a una verifica formale dell’esistenza di un precedente. Al contrario, ha il dovere di analizzare compiutamente i fatti, la loro riconducibilità alle ipotesi di legge e, soprattutto, la pericolosità concreta e attuale del soggetto.

Nel caso specifico, il G.i.p. aveva giustificato l’applicazione della recidiva con una frase di stile: “si ritiene inoltre che non vi siano ragioni in concreto per disapplicare la recidiva amministrativa”. Questa, secondo la Cassazione, costituisce una motivazione apparente, ovvero una non-motivazione. Un’affermazione del genere non spiega perché il nuovo episodio, a distanza di tanti anni dal primo, sia indice di una “più accentuata pericolosità dell’agente”. Il giudice avrebbe dovuto considerare la natura dei fatti, il tempo trascorso e ogni altro elemento utile per dimostrare che il nuovo comportamento non era un episodio isolato, ma espressione di una persistente tendenza alla violenza.

Conclusioni

Questa sentenza è di fondamentale importanza perché riafferma la centralità della riserva di giurisdizione a tutela della libertà personale, prevista dall’art. 13 della Costituzione. Anche di fronte a norme che sembrano introdurre automatismi sanzionatori, il ruolo del giudice rimane quello di un controllore sostanziale, non di un mero ratificatore di decisioni amministrative. La decisione insegna che ogni provvedimento che limita la libertà di un individuo deve fondarsi su un’analisi personalizzata e attuale della sua pericolosità. Le “clausole di stile” non sono ammesse in uno Stato di diritto, dove ogni cittadino ha diritto a conoscere le ragioni concrete e specifiche che giustificano una sanzione a suo carico. Di conseguenza, l’ordinanza è stata annullata su questo punto, con rinvio a un altro giudice per un nuovo e più approfondito esame.

Quando un giudice convalida un DASPO per un soggetto recidivo, può limitarsi a constatare la precedente violazione?
No, la sentenza chiarisce che il giudice della convalida deve sempre effettuare una compiuta valutazione dei fatti indicati dall’autorità di pubblica sicurezza, verificare la riconducibilità delle condotte alle ipotesi di legge e dare conto del proprio convincimento sulla pericolosità concreta e attuale del destinatario, non potendo basarsi solo sul dato formale del precedente.

Una motivazione di stile come “non vi siano ragioni per disapplicare la recidiva” è sufficiente a giustificare l’aggravamento della misura?
No, la Corte di Cassazione ha qualificato tale formula come “motivazione di stile” e quindi “apparente”, equiparandola a una motivazione mancante. Il giudice è tenuto a spiegare in concreto perché il nuovo fatto, considerato il tempo trascorso e la natura degli addebiti, è espressione di una più accentuata pericolosità dell’agente.

L’obbligo di presentazione alla polizia per chi ha già ricevuto un DASPO in passato è automatico?
Sebbene la legge preveda che per i recidivi il DASPO sia sempre accompagnato dall’obbligo di presentazione, la sentenza afferma che questo non priva il giudice del potere-dovere di valutare tutti gli elementi essenziali del fatto per verificare in concreto l’esistenza dei presupposti di legge, inclusa la pericolosità del soggetto. L’automatismo legislativo non elimina la necessità di un vaglio giurisdizionale effettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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