Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35448 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35448 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PIANFEI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo,: %-
GLYPH
2eLm c ,sf-A v:‹ 1′; :
3
PROCEDIMENTO A TRATTAZIONE SCRITTA.
, udito il difensore 1
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in preambolo la Corte di appello di Torino ha confermato quella emessa, in data 4 novembre 2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cuneo, che – in esito a giudizio abbreviato – aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del tentato omicidio in danno del coniuge, NOME COGNOME, fatto avvenuto in Peravagno, il 28 ottobre 2021.
Secondo il conforme accertamento dei giudici di merito, il ricorrente, nel corso di un litigio con la moglie, l’aveva colpita ripetutamente con un bastone di legno, attingendola al cranio, al volto e alle mani che aveva sollevato a protezione della testa, così provocandole plurime fratture della teca cranica, pluriframmetarie, esposte, affondate e del massiccio facciale, nonché molteplici fratture a entrambe le mani.
Riconosciuta la condotta come sorretta dall’elemento psicologico del dolo, quam minime alternativo, entrambi i giudici di merito – per quanto qui d’interesse – hanno escluso la configurabilità della scriminante del recesso attivo.
NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore di fiducia AVV_NOTAIO, propone ricorso per cassazione, affidandolo a un unico, articolato motivo con il quale deduce vizi di motivazione in punto di affermata insussistenza dell’esimente del recesso attivo.
Il Giudice di secondo grado, di fronte ad analogo motivo proposto con l’appello, anziché focalizzare l’analisi sul processo causale tra azione ed evento e, quindi, sulla valenza interruttiva dispiegata dalla condotta volontaria dell’agente, ha escluso l’esimente in conformità ad argomentazioni di natura soggettivistica, richiamando pronunce sull’opportunismo dell’azione tenuta dall’imputato che, a suo parere, ne escluderebbero l’applicazione.
Ha, pertanto, trascurato come – per costante insegnamento di dottrina e giurisprudenza – la circostanza in esame possa dispiegare efficacia oggettiva, ma non putativa: il giudice di merito non deve soffermarsi sulle motivazioni che hanno portato l’autore a porre in essere, prima del perfezionamento del reato, una contro-condotta efficiente a impedire l’evento, quanto sulla possibilità e capacità di tale contro-condotta, tenuta volontariamente dall’agente, di interrompere un processo causale in atto rispetto al comportamento precedentemente tenuto.
Il requisito della volontarietà va correttamente inteso come riferito alla contro-condotta attuata e non all’effetto interruttivo che quest’ultima abbia eventualmente dispiegato sul processo causale.
Giusta la tesi del ricorrente, le sentenze di legittimità richiamate dal Giudice di secondo grado nella propria motivazione, non si attaglierebbero al caso di specie, riguardando ipotesi in cui l’imputato si limitò a segnalare a terzi o all Polizia le gravi condizioni di salute dell’offeso, senza fornire ulteriore contribut concreto nell’interruzione del processo causale (per esempio omettendo di indicare, in tempo utile, come e dove salvare la vittima). Nel caso di specie, invece, si è fornita direttamente all’autorità medica l’indicazione per i rinvenimento della persona offesa, in tempo utile per salvarla e, difatti, tale condotta ha evitato il verificarsi dell’evento infausto.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso, anche richiamando la requisitoria scritta depositata in data 23 marzo.
In data 23 aprile e 6 maggio 2024 la difesa ha depositato note di trattazione scritta con cui ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Com’è noto, il recesso attivo si realizza quando chi abbia dato inizio a una condotta criminosa, superando la soglia del tentativo, inverta la direzione del processo causale avviato, agendo, in senso contrario, nell’intento di impedire la realizzazione dell’evento originariamente voluto.
L’art. 56, quarto comma, cod. pen. riconosce, invero, la relativa diminuzione di pena a chi volontariamente impedisca l’evento, ovvero tenga una condotta attiva volta a scongiurarlo (Sez. 5, n. 12045 del 16/12/2020, dep. 2021, Gallace, Rv. 281137), di modo che – è stato precisato in giurisprudenza – la decisione di porre in essere una diversa condotta finalizzata a scongiurare l’evento appaia «frutto di una scelta volontaria dell’agente, non riconducibile a una causa indipendente dalla sua volontà o necessitata da fattori esterni» (Sez. 3, n. 17518 del 28/11/2018, dep. 2019, T., Rv. 275647).
Ne discende che, per l’applicazione dell’istituto, è necessario che la volontà sia declinata non già nelle forme di un comportamento meramente impeditivo dell’evento, quanto, piuttosto, quale personale proponimento, direzionato verso il raggiungimento dello scopo normativizzato all’art. 56, quarto comma, cod. pen
Deve, pertanto, ritenersi che, laddove l’agente, terminati gli atti perfezionativi del delitto tentato, sia posto dinanzi al dilemma tra impedire
l’evento o lasciare che esso si realizzi, possa discorrersi di ravvedimento solo a condizione che le sue azioni costituiscano estrinsecazione della genuina intenzione di porre rimedio a quanto da lui realizzato, id est del serio intendimento di invertire la direzione delle proprie azioni. La volontarietà dell’azione costituisce, infatti, espressione della scelta dell’autore del reato di salvaguardare il bene giuridico originariamente leso, che non può essere frutto di un’occasionale o casuale operazione dalla quale, poi, discenda la ragione impeditiva dell’evento.
Sicché «Non configura recesso attivo dal reato di tentato omicidio la condotta di chi, dopo aver procurato gravi ferite a una persona, si limita a segnalare a terzi che l’aggredito versa in critiche condizioni di salute, se tale comportamento è riconducibile all’intento opportunistico di distogliere da sé i sospetti sulla responsabilità dell’evento e non al fine di evitare la morte della vittima» (Sez. 7, n. 22817 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 259725; Sez. 1, n. 29708 del 03/07/2012, COGNOME, Rv. 253074).
Si è ulteriormente precisato (Sez. 1, n. 2077 del 05/10/2023, dep. 17/01/2024, COGNOME, Rv. 285615), che «In tema di tentativo, il recesso attivo presuppone la volontarietà della condotta oggettivamente volta ad impedire l’evento, che non è esclusa dalla concorrente volontà di alterare le prove fornendo una diversa versione dei fatti» (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la decisione che aveva escluso tale diminuente in un caso in cui l’imputato, dopo aver colpito la vittima al torace con più coltellate, l’aveva portata al pronto soccorso, ove aveva fornito una diversa rappresentazione dell’accaduto).
Il Giudice di appello non ha fatto buon governo dei principi sin qui richiamati poiché non ha dato adeguato conto delle ragioni sulla scorta delle quali ha ritenuto che la contro-condotta dell’imputato non fu sorretta dalla volontà di innescare un processo causale contrario e, dunque, un ravvedimento.
E’, invero, incontestato che NOME dapprima telefonò al figlio e, su sollecitazione di questi, chiamò il numero del soccorso medico (NUMERO_TELEFONO), ponendo in essere una condotta certamente astrattamente idonea a interrompere il determinismo causale che porterebbe all’evento infausto.
La Corte di appello di Torino avrebbe quindi dovuto indicare gli elementi obiettivi in base ai quali ha escluso la sussistenza dell’elemento della volontarietà, intesa – come detto – come estrinsecazione della genuina intenzione di porre rimedio a quanto da lui realizzato ed ha, di contro, reputato che la condotta dell’imputato fosse orientata dal disinteresse verso le sorti della moglie, da una volontà costante e conforme rispetto a quella del delitto tentato, diretta proprio verso il perseguimento dell’intento omicidiario anziché mirante, in
senso opposto, alla salvaguardia del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice.
Ciò che non ha fatto, limitandosi a valorizzare elementi non decisivi (quali la circostanza che l’imputato chiamò il 118 su sollecitazione del figlio e che cercò di sviare da sé i sospetti) ovvero espressi in via meramente ipotetica (quale «la possibile incidenza sui tempi di soccorso» determinata dalla falsa rappresentazione delle modalità delle lesioni).
La sentenza dev’essere pertanto annullata relativamente all’attenuante del recesso attivo con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino per nuovo giudizio che, libero negli esiti, sia ossequiante dei principi suindicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente all’attenuante del recesso attivo di cui all’art. 56, quarto comma, cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto e sul trattamento sanzionatorio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
Così deciso, il 29 maggio 2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME