LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reazione legittima: quando è esclusa dall’art. 393-bis

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo che invocava la reazione legittima contro agenti di polizia. La Corte ha ritenuto l’intervento degli agenti pienamente legittimo, data la somiglianza del ricorrente con un latitante e altri elementi indiziari, escludendo così l’applicabilità dell’art. 393-bis cod. pen. e confermando la condanna.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reazione legittima: la Cassazione chiarisce i limiti dell’art. 393-bis cod. pen.

Il confine tra una reazione legittima a un presunto abuso di potere e un reato commesso contro pubblici ufficiali è spesso sottile e oggetto di dibattito nelle aule di tribunale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis del codice penale, specificando quando un cittadino non può invocare questa scriminante.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato nei gradi di merito. L’imputato sosteneva di aver reagito a un intervento di agenti di polizia perché, a suo dire, non li aveva riconosciuti come tali e temeva di essere vittima di malintenzionati. Egli basava la sua difesa sulla presunta arbitrarietà dell’atto compiuto dagli agenti e sulla sua conseguente reazione, che riteneva giustificata ai sensi dell’art. 393-bis c.p. In sostanza, il ricorrente contestava la legittimità del controllo, ritenendolo fondato su una insufficiente identificazione da parte degli operanti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero una mera riproposizione di tesi già respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di diritto. La decisione ha quindi confermato la condanna, obbligando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Perché la reazione legittima è stata esclusa?

La Corte di Cassazione ha smontato la tesi difensiva analizzando punto per punto gli elementi che rendevano l’intervento degli agenti di polizia pienamente legittimo. La motivazione della Corte si fonda su diverse circostanze fattuali convergenti:

1. Identificazione degli agenti: È stato accertato che gli operanti si erano qualificati, ma il soggetto si era immediatamente dato alla fuga, dimostrando di aver compreso la situazione.
2. Comprensione della lingua: L’imputato comprendeva la lingua italiana e, di conseguenza, aveva capito la qualifica di pubblici ufficiali degli agenti.
3. Contesto dell’intervento: L’uomo si trovava nello stesso luogo in cui era stata segnalata la presenza di un latitante, destinatario di un’ordinanza cautelare.
4. Somiglianza fisica: Era stata riscontrata una somiglianza fisica tra il ricorrente e il ricercato, elemento confermato nel corso del giudizio.
5. Elementi comuni: Ulteriori indizi, come la nazionalità e i precedenti penali per reati specifici (furti in abitazione), erano comuni sia al ricorrente che al latitante.

In base a questi elementi, la Corte ha concluso che l’intervento di polizia era sorretto da validi motivi, escludendo qualsiasi arbitrarietà. Di conseguenza, non poteva trovare applicazione la scriminante della reazione legittima prevista dall’art. 393-bis c.p., né in forma reale né putativa (ovvero erroneamente supposta dal soggetto). L’azione degli agenti era legittima e non vi era alcun errore sul fatto che potesse giustificare la reazione dell’imputato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la causa di non punibilità per reazione a un atto arbitrario del pubblico ufficiale non può essere invocata quando l’intervento delle forze dell’ordine è fondato su elementi oggettivi e legittimi. La semplice percezione soggettiva di un abuso non è sufficiente se smentita dai fatti. Il caso evidenzia come la presenza di un complesso di indizi (somiglianza, luogo, precedenti) possa rendere un controllo di polizia pienamente giustificato, vanificando qualsiasi tentativo di appellarsi alla scriminante della reazione legittima. La decisione serve da monito: prima di reagire a un controllo, è fondamentale valutare la legittimità dell’azione pubblica, poiché un’errata percezione può portare a conseguenze penali significative.

Quando la reazione a un intervento delle forze dell’ordine non può essere considerata giustificata ai sensi dell’art. 393-bis c.p.?
La reazione non è giustificata quando l’intervento degli agenti è legittimo, ovvero basato su elementi oggettivi come la somiglianza con un ricercato, la presenza in un luogo segnalato e altri indizi convergenti, anche se gli agenti sono in borghese, purché si siano qualificati.

Quali elementi possono rendere legittimo un controllo di polizia su una persona?
Un controllo è legittimo se fondato su una serie di fattori, tra cui: la somiglianza fisica con un destinatario di un provvedimento cautelare, il fatto di trovarsi nel luogo dove è stata segnalata la presenza del ricercato, e la condivisione di elementi quali nazionalità e precedenti penali specifici.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito del ricorso. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una somma di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati