Reazione legittima: la Cassazione chiarisce i limiti dell’art. 393-bis cod. pen.
Il confine tra una reazione legittima a un presunto abuso di potere e un reato commesso contro pubblici ufficiali è spesso sottile e oggetto di dibattito nelle aule di tribunale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis del codice penale, specificando quando un cittadino non può invocare questa scriminante.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato nei gradi di merito. L’imputato sosteneva di aver reagito a un intervento di agenti di polizia perché, a suo dire, non li aveva riconosciuti come tali e temeva di essere vittima di malintenzionati. Egli basava la sua difesa sulla presunta arbitrarietà dell’atto compiuto dagli agenti e sulla sua conseguente reazione, che riteneva giustificata ai sensi dell’art. 393-bis c.p. In sostanza, il ricorrente contestava la legittimità del controllo, ritenendolo fondato su una insufficiente identificazione da parte degli operanti.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero una mera riproposizione di tesi già respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di diritto. La decisione ha quindi confermato la condanna, obbligando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché la reazione legittima è stata esclusa?
La Corte di Cassazione ha smontato la tesi difensiva analizzando punto per punto gli elementi che rendevano l’intervento degli agenti di polizia pienamente legittimo. La motivazione della Corte si fonda su diverse circostanze fattuali convergenti:
1. Identificazione degli agenti: È stato accertato che gli operanti si erano qualificati, ma il soggetto si era immediatamente dato alla fuga, dimostrando di aver compreso la situazione.
2. Comprensione della lingua: L’imputato comprendeva la lingua italiana e, di conseguenza, aveva capito la qualifica di pubblici ufficiali degli agenti.
3. Contesto dell’intervento: L’uomo si trovava nello stesso luogo in cui era stata segnalata la presenza di un latitante, destinatario di un’ordinanza cautelare.
4. Somiglianza fisica: Era stata riscontrata una somiglianza fisica tra il ricorrente e il ricercato, elemento confermato nel corso del giudizio.
5. Elementi comuni: Ulteriori indizi, come la nazionalità e i precedenti penali per reati specifici (furti in abitazione), erano comuni sia al ricorrente che al latitante.
In base a questi elementi, la Corte ha concluso che l’intervento di polizia era sorretto da validi motivi, escludendo qualsiasi arbitrarietà. Di conseguenza, non poteva trovare applicazione la scriminante della reazione legittima prevista dall’art. 393-bis c.p., né in forma reale né putativa (ovvero erroneamente supposta dal soggetto). L’azione degli agenti era legittima e non vi era alcun errore sul fatto che potesse giustificare la reazione dell’imputato.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la causa di non punibilità per reazione a un atto arbitrario del pubblico ufficiale non può essere invocata quando l’intervento delle forze dell’ordine è fondato su elementi oggettivi e legittimi. La semplice percezione soggettiva di un abuso non è sufficiente se smentita dai fatti. Il caso evidenzia come la presenza di un complesso di indizi (somiglianza, luogo, precedenti) possa rendere un controllo di polizia pienamente giustificato, vanificando qualsiasi tentativo di appellarsi alla scriminante della reazione legittima. La decisione serve da monito: prima di reagire a un controllo, è fondamentale valutare la legittimità dell’azione pubblica, poiché un’errata percezione può portare a conseguenze penali significative.
Quando la reazione a un intervento delle forze dell’ordine non può essere considerata giustificata ai sensi dell’art. 393-bis c.p.?
La reazione non è giustificata quando l’intervento degli agenti è legittimo, ovvero basato su elementi oggettivi come la somiglianza con un ricercato, la presenza in un luogo segnalato e altri indizi convergenti, anche se gli agenti sono in borghese, purché si siano qualificati.
Quali elementi possono rendere legittimo un controllo di polizia su una persona?
Un controllo è legittimo se fondato su una serie di fattori, tra cui: la somiglianza fisica con un destinatario di un provvedimento cautelare, il fatto di trovarsi nel luogo dove è stata segnalata la presenza del ricercato, e la condivisione di elementi quali nazionalità e precedenti penali specifici.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito del ricorso. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una somma di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23483 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23483 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che i motivi di ricorso proposti nell’interesse di COGNOME NOME, ribadit memoria depositata, con i quali si contesta la motivazione posta a fondamento dell’affermazione di responsabilità e della mancata applicazione dell’art. 393-bis cod. pen. sono inammissibili per genericità e manifesta infondatezza;
considerato che il primo motivo è meramente reiterativo, in quanto ripropone la tesi della non verificata somiglianza del ricorrente al destinatario dell’ordinanza cautelare e del insufficiente qualificazione solo orale degli operanti, trascurando la congrua risposta resa s con riferimento alla permanenza della qualifica di pubblici ufficiali degli operanti all’infondatezza del sospetto che si trattasse di malintenzionati (v. pag. 4-5 ove si rimarca c gli operanti si erano subito qualificati, ma il ricorrente si era dato alla fuga; il ri comprendeva la lingua italiana, sicché aveva compreso la qualifica degli operanti; si trovava nello stesso luogo ove era segnalata la presenza del latitante; la somiglianza con il destinatar del provvedimento cautelare, riscontrata dall’operante, era stata confermata in giudizio; l nazionalità albanese e i precedenti per furto in abitazione erano elementi comuni con il destinatario del provvedimento da eseguire);
rilevato che l’esclusione dell’art. 393-bis cod. pen., anche in forma putativa, risu sorretta da motivazione adeguata, in ragione della legittimità dell’intervento eseguito all’es del servizio di pedinamento e osservazione e dell’inesistenza di un errore sul fatto (v. pag. 5)
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il Presideni
Così deciso il 31 maggio 2024
Il consigliere stensore