Reazione a un Atto Arbitrario: Quando è Giustificata?
La linea di confine tra l’esercizio del dovere da parte di un pubblico ufficiale e un atto percepito come ingiusto può essere sottile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3972/2024) offre un chiarimento cruciale sulla cosiddetta reazione a un atto arbitrario, delineando i limiti entro cui un cittadino può legittimamente opporsi. Questo caso, nato da una perquisizione per sostanze stupefacenti, ci aiuta a comprendere quando una reazione violenta può essere scriminata dalla legge e quando, invece, integra un reato.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un uomo condannato in Corte d’Appello per le lesioni personali provocate a un carabiniere. L’episodio si era verificato durante una perquisizione condotta dalle forze dell’ordine per accertare l’eventuale possesso illecito di sostanze stupefacenti. Durante le operazioni, l’imputato aveva reagito fisicamente, causando lesioni all’agente. La difesa dell’uomo si basava sull’applicazione della scriminante prevista dall’articolo 393-bis del codice penale, sostenendo che la sua fosse stata una legittima reazione a un atto arbitrario posto in essere dai Carabinieri.
La Decisione della Cassazione sulla reazione a un atto arbitrario
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna emessa dalla Corte d’Appello di Firenze. Gli Ermellini hanno ritenuto che il ricorso non facesse altro che riproporre argomentazioni già esaminate e correttamente respinte nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha sottolineato che non vi era alcuna prova di una ‘manifesta arbitrarietà’ nella condotta dei Carabinieri, elemento indispensabile per poter invocare la causa di giustificazione.
Le Motivazioni: L’Assenza di ‘Manifesta Arbitrarietà’
Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione del concetto di ‘manifesta arbitrarietà’, requisito chiave dell’art. 393-bis c.p. La Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui la scriminante non si applica quando i pubblici ufficiali agiscono nell’ambito delle loro funzioni, anche se con modalità che possono apparire energiche. Nel caso specifico, i Carabinieri stavano eseguendo una perquisizione legittima, finalizzata a un accertamento di reato, e le loro azioni erano volte a contenere l’imputato.
Perché la reazione possa essere considerata giustificata, l’atto del pubblico ufficiale deve essere palesemente e inequivocabilmente illegittimo, un vero e proprio abuso di potere slegato da qualsiasi finalità istituzionale. Non è sufficiente una mera percezione soggettiva di ingiustizia da parte del cittadino. In questo contesto, il tentativo di contenere un soggetto durante una perquisizione non integra quella ‘manifesta arbitrarietà’ che la legge richiede per escludere la punibilità della reazione. Resta, invece, incontroverso il fatto che l’imputato abbia causato le lesioni all’agente, come descritto nel capo di imputazione.
Conclusioni: I Limiti della Reazione del Cittadino
L’ordinanza in esame consolida un importante principio giuridico: la reazione violenta di un privato contro un pubblico ufficiale è giustificata solo in circostanze eccezionali e ben definite. La causa di giustificazione prevista dall’art. 393-bis c.p. non è un salvacondotto per opporsi all’autorità, ma una tutela per il cittadino di fronte a palesi abusi di potere. La decisione chiarisce che le normali attività di polizia giudiziaria, come una perquisizione per droga, non rientrano in questa categoria. Di conseguenza, il cittadino che reagisce con violenza in tali contesti risponde penalmente delle proprie azioni. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Quando è giustificata la reazione fisica di un cittadino contro l’atto di un pubblico ufficiale?
Secondo questa ordinanza, la reazione è giustificata solo ed esclusivamente quando l’atto del pubblico ufficiale è ‘manifestamente arbitrario’, ovvero rappresenta un abuso di potere palese e ingiustificato, non un semplice esercizio delle sue funzioni.
Una perquisizione per droga può essere considerata un atto arbitrario che legittima una reazione violenta?
No. La Corte ha stabilito che una perquisizione finalizzata a ricercare sostanze stupefacenti, così come le azioni di contenimento del sospettato, rientrano nelle legittime funzioni della polizia e non costituiscono un atto manifestamente arbitrario.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere argomenti già respinti nei gradi precedenti?
Come avvenuto in questo caso, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la conferma definitiva della sentenza impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3972 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3972 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I dato avviso alle parti; t
Ritenuto che il ricorso presentato dal difensore di NOME COGNOME riproduce deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudic di merito e, in particolare, che la Corte di appello ha giustificato il disconoscimento d scriminante ex art. 393-bis cod. pen. evidenziando che non emerge una manifesta arbitrarietà della condotta da parte dei Carabinieri che cercarono di contenere l’imputato occasione della perquisizione volta a accertare se detenesse Mediamente sostanze stupefacenti mentre resta incontroverso che egli provocò all’appuntato che procedeva le lesioni personali descritte nel capo di imputazione;
ritenuto, pertanto, che il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
NOMEQ, NOME.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2023
Il Consiglier estensore
Il r sidente