Reazione Atti Arbitrari: la Cassazione traccia il confine
L’ordinamento giuridico prevede una speciale causa di non punibilità per chi reagisce a un atto ingiusto e illegittimo di un pubblico ufficiale. Ma quali sono i limiti di questa tutela? La reazione atti arbitrari può giustificare la violenza? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, respingendo il ricorso di un uomo condannato per lesioni a seguito di un controllo di polizia.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un controllo di polizia durante il quale venivano rinvenute delle armi all’interno dell’autovettura di un soggetto. Invitato a seguire i militari in caserma per gli accertamenti di rito, l’uomo tentava per la seconda volta la fuga. Una volta raggiunto dagli agenti, opponeva una violenta resistenza, cagionando loro lesioni giudicate guaribili in cinque giorni. Condannato nei primi due gradi di giudizio, l’imputato presentava ricorso in Cassazione, sostenendo la legittimità della sua condotta.
Il Ricorso in Cassazione: i motivi della difesa
La difesa dell’imputato si basava principalmente su due argomenti:
1. L’applicazione dell’esimente ex art. 393-bis c.p.: Si sosteneva che la condotta dell’uomo fosse una reazione legittima a un atto percepito come arbitrario da parte delle forze dell’ordine.
2. La contestazione di un’aggravante: Si criticava il riconoscimento di una specifica circostanza aggravante che, secondo la difesa, era insussistente.
L’obiettivo era quello di ottenere l’annullamento della condanna, facendo leva sulla presunta illegittimità dell’operato dei pubblici ufficiali.
Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Reazione Atti Arbitrari
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici hanno smontato punto per punto le argomentazioni difensive, offrendo importanti principi di diritto.
In primo luogo, la Corte ha sottolineato come la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello fosse logica e coerente. L’invito a recarsi in caserma dopo il ritrovamento di armi non costituiva affatto un atto arbitrario, bensì un’azione pienamente legittima e doverosa da parte dei militari. Di conseguenza, la successiva fuga e la condotta violenta non potevano in alcun modo essere giustificate come una reazione atti arbitrari.
La Cassazione ha inoltre ribadito un principio fondamentale del processo penale: la sede di legittimità non è il luogo per una nuova valutazione delle prove, come l’esame dei testimoni. Il ricorrente, invece, aveva tentato proprio questo, proponendo una rilettura dei fatti già adeguatamente valutati dai giudici di merito.
Infine, riguardo alle aggravanti, la Corte ha evidenziato come quella determinante ai fini della procedibilità del reato (art. 576, n. 5-bis c.p., per lesioni a pubblico ufficiale) non fosse stata nemmeno specificamente contestata. La critica all’altra aggravante (art. 61, n. 10 c.p.) è stata ritenuta irrilevante, poiché non aveva inciso sulla determinazione concreta della pena.
Conclusioni: cosa impariamo da questa ordinanza?
La decisione della Suprema Corte è chiara: la causa di non punibilità per la reazione atti arbitrari non è un’esimente invocabile a piacimento per giustificare la violenza contro le forze dell’ordine. Affinché possa trovare applicazione, è necessario che l’atto del pubblico ufficiale sia oggettivamente e palesemente illegittimo, esulando dalle sue funzioni. Un legittimo atto di polizia, come un controllo o un invito in caserma a seguito di un illecito, non può mai essere considerato ‘arbitrario’.
Questa ordinanza rafforza la tutela della funzione pubblica e stabilisce che la reazione violenta a un’azione legittima dello Stato è sempre e comunque un reato. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende suggella l’inammissibilità di un ricorso basato su premesse fattuali e giuridiche palesemente infondate.
È possibile giustificare la violenza contro un pubblico ufficiale come reazione ad un suo atto?
Sì, ma solo se l’atto del pubblico ufficiale è oggettivamente arbitrario, cioè compiuto al di fuori delle sue funzioni e in violazione di legge. In questo caso, l’invito a seguire i militari in caserma dopo il ritrovamento di armi è stato ritenuto un atto legittimo, rendendo la reazione violenta ingiustificata.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito di alcune prove?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti o le prove (come le testimonianze), ma solo controllare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge. Proporre una nuova lettura dei fatti rende il ricorso inammissibile.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la condanna precedente diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5058 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5058 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NOME il 17/02/1990
avverso la sentenza del 16/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME;
OSSERVA
Ritenuto che il primo ed il secondo motivo con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in ordine alla mancata applicazione dell’esimente di cui all’art. 393-bis cod pen., anche solo putativamente ritenuta sussistente, risultano manifestamente infondati e riproduttivi di doglianze adeguatamente confutate dalla Corte di appello che, previa ricostruzione’ in fatto della vicenda non collimante a quella che il ricorrente vorrebbe accreditare in sede d legittimità attraverso la diretta sottoposizione al vaglio di questa Corte di frammenti dell’esam dei testi escussi in dibattimento (operazione anch’essa preclusa), ha dato conto delle ragioni che hanno implicitamente fatto ritenere assenti le giustificazione addotte, là dove ha evidenziato che il ricorrente, immediatamente dopo il rinvenimento delle armi all’interno dell’autovettura, aveva per la seconda volta tentato la fuga dopo l’invito a seguire i militari in caserma al fine di redig i necessari atti di polizia, così ponendo in essere, una volta raggiunto dai verbalizzanti, un condotta violenta che ebbe a cagionare lesioni guaribili in cinque giorni ai medesimi;
rilevato che manifestamente infondato risulta il terzo motivo in cui, a prescindere dalla sussistenza della aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 10, cod. pen., determinante ai fini della procedibilità risulta quella di cui all’art. 576, primo comma, n. 5-bis cod. pen. cui accenna il Tribunale, la cui sussistenza – in quanto ritenuta in fatto – è stata correttamen richiamata dalla Corte territoriale ai fini della sola procedibilità della fattispecie, mentre nes incidenza risulta aver avuto sulla determinazione della pena individuata a titolo di continuazione in tre mesi di reclusione, per il solo capo B); rilevato che il ricorrente, pur deducendo la sussistenza di uno specifico interesse in ipotesi elisione della ritenuta aggravante di cui all’a 61, n. 10 cod. pen. (e non anche in ordine a quella di cui all’art. 576, primo comma, n. 5-bis cod. pen. che non risulta essere oggetto di ricorso) non pone concrete critiche in merito alla determinazione della pena quantificata ex art. 133 cod. pen. in mesi tre di reclusione per il delitto di lesioni (pag. 4 sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025.