Reazione ad atto arbitrario: Non sempre giustificata
La legge prevede una causa di non punibilità per chi reagisce a un atto ingiusto di un pubblico ufficiale, nota come reazione ad atto arbitrario. Tuttavia, è fondamentale comprendere i limiti di questa norma. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che tale giustificazione non può essere invocata quando l’intervento delle forze dell’ordine è legittimo, come nel caso di una segnalazione per lite familiare.
I fatti del caso
La vicenda ha origine da un intervento dei Carabinieri presso l’abitazione di un cittadino, richiesto per sedare una lite familiare in corso. All’arrivo della pattuglia, l’uomo ha reagito in modo violento, rivolgendo ingiurie e causando lesioni ai militari. Per questi fatti, veniva condannato sia in primo grado che in appello.
L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. La sua difesa si basava su un punto specifico: sosteneva che la sua condotta dovesse essere scriminata ai sensi dell’art. 393-bis del codice penale, ovvero quale reazione ad atto arbitrario dei pubblici ufficiali.
La decisione della Corte di Cassazione sulla reazione ad atto arbitrario
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni dell’imputato, dichiarando il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Secondo i giudici, il ricorso non faceva altro che riproporre una questione già ampiamente e correttamente analizzata dalla Corte d’Appello.
La Cassazione ha confermato che non vi erano i presupposti per applicare la causa di non punibilità della reazione ad atto arbitrario. L’intervento dei Carabinieri non era stato arbitrario, ma pienamente legittimo e doveroso, essendo stati chiamati per porre fine a una lite familiare.
Le motivazioni della decisione
Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra un atto legittimo e un atto arbitrario di un pubblico ufficiale. La Corte ha spiegato che l’art. 393-bis c.p. è stato introdotto per proteggere il cittadino da abusi di potere, non per giustificare reazioni violente a interventi legittimi delle forze dell’ordine.
Nel caso specifico, i Carabinieri si sono recati presso l’abitazione dell’imputato per adempiere a un loro dovere: tutelare la sicurezza e l’incolumità delle persone coinvolte in un dissidio domestico. La loro azione era quindi fondata sulla legge e finalizzata a un interesse pubblico. Di conseguenza, la reazione violenta e oltraggiosa dell’uomo non poteva trovare alcuna giustificazione legale, configurandosi a tutti gli effetti come un’azione illecita.
La Corte ha quindi ribadito un principio fondamentale: la reazione è scriminata solo se l’atto del pubblico ufficiale è oggettivamente ingiusto e contrario ai suoi doveri d’ufficio. Poiché l’intervento per sedare una lite non rientra in questa categoria, la condanna è stata confermata.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
L’ordinanza ha conseguenze chiare: l’inammissibilità del ricorso ha reso definitiva la condanna. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa decisione sottolinea che opporsi con violenza a un legittimo intervento delle forze dell’ordine, anche se avviene tra le mura domestiche, costituisce reato. La tutela prevista per la reazione ad atto arbitrario è una garanzia per il cittadino contro gli abusi, non uno scudo per sottrarsi alle proprie responsabilità di fronte a un’azione legale e doverosa dello Stato.
È possibile reagire con violenza a un intervento delle forze dell’ordine nella propria abitazione?
No, non è possibile se l’intervento è legittimo. La reazione è giustificata solo se l’atto del pubblico ufficiale è arbitrario, cioè compiuto in violazione dei propri doveri d’ufficio.
Quando un intervento dei Carabinieri per una lite familiare è considerato legittimo?
Un intervento per sedare una lite familiare è sempre considerato legittimo, in quanto rientra nei doveri delle forze dell’ordine di tutelare la sicurezza e l’incolumità pubblica e privata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che la Corte non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4447 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4447 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CASTELVETRANO il 04/11/1993
avverso la sentenza del 22/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato perché ripropone questione alla quale la Corte di appello ha già risposto con adeguata motivazione spiegando che non è applicabile l’art. 393-bis cod. pen., perché legittimamente i Carabinieri si recarono presso l’abitazione dell’imputato per sedare una lite in famiglia, sicchè illecita fu la sua reazione con le ingiurie e le lesioni descritte nei capi di imputazione;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29 novembre 2024
Il Consi ere estensore
Il Pyéite