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Reazione ad atto arbitrario: quando è giustificata?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per resistenza, violenza, oltraggio a pubblico ufficiale e lesioni. La Corte ha rigettato la tesi difensiva basata sulla reazione ad atto arbitrario, precisando che tale giustificazione richiede un errore oggettivo e concreto sulla condotta dell’agente pubblico, non una mera percezione soggettiva. La condanna è stata quindi confermata.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reazione ad Atto Arbitrario: Quando è Davvero Giustificata la Resistenza?

La linea che separa la legittima protesta dalla resistenza a pubblico ufficiale è spesso sottile e complessa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante occasione per approfondire la scriminante della reazione ad atto arbitrario, delineandone i confini e i presupposti di applicazione. Questo principio, codificato nell’art. 393-bis del codice penale, non può essere invocato sulla base di una mera percezione soggettiva di ingiustizia, ma richiede solidi elementi oggettivi. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio quando una reazione può essere considerata legittima.

I Fatti del Caso: Una Reazione Spropositata

Il caso trae origine dal ricorso di un uomo condannato in appello per una serie di reati gravi commessi contro alcuni carabinieri: resistenza, violenza, oltraggio e lesioni personali. Durante un controllo, l’imputato aveva posto in essere condotte minacciose, violente e oltraggiose nei confronti degli operanti, arrivando a cagionare lesioni a due di essi. La sua aggressività, secondo quanto accertato dai giudici di merito, era proseguita a lungo, denotando un’elevata intensità della volontà criminale.

L’Appello e i Motivi del Ricorso

Di fronte alla Corte di Cassazione, la difesa dell’imputato ha sostenuto principalmente la tesi della reazione ad atto arbitrario. Secondo il ricorrente, il suo comportamento sarebbe stato giustificato da una presunta condotta illegittima dei pubblici ufficiali. Oltre a ciò, il ricorso lamentava il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, il diniego delle attenuanti generiche e un’errata commisurazione della pena. Tali argomentazioni, tuttavia, sono state ritenute dalla Suprema Corte una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, basate su una valutazione alternativa delle prove.

Le Motivazioni della Cassazione: Limiti alla Reazione ad Atto Arbitrario

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo manifestamente infondate tutte le doglianze. Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione dell’art. 393-bis c.p. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: la causa di giustificazione della reazione ad atto arbitrario, anche in forma putativa (cioè quando si crede erroneamente di subirlo), non può fondarsi su un mero criterio soggettivo.

Perché la reazione sia scusabile, è necessario che l’imputato si trovi in una situazione di errore effettivo sul fatto. Questo errore deve basarsi su dati fattuali concreti e oggettivi, che l’imputato ha l’onere di allegare. Tali dati devono essere in grado di giustificare, secondo una valutazione “ex ante” (cioè basata sulle circostanze note al momento dell’azione), il convincimento di essere vittima di un abuso.

Nel caso specifico, i giudici hanno stabilito che l’operato dei carabinieri era stato pienamente legittimo. Di conseguenza, la reazione dell’imputato è stata giudicata del tutto sproporzionata e priva di qualsiasi fondamento, non potendosi basare sulla “ragionevole convinzione di essere vittima di un atto arbitrario dei pubblici ufficiali”.

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati respinti. La particolare tenuità del fatto è stata esclusa a causa delle gravi modalità della condotta, mentre il diniego delle attenuanti generiche e la dosimetria della pena sono stati confermati in virtù dell’elevato livello di aggressività, della durata dell’azione illecita e del danno cagionato ai militari.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce un concetto fondamentale: la tutela offerta dall’art. 393-bis c.p. è una garanzia per il cittadino contro abusi di potere reali e documentabili, non uno scudo per reazioni violente basate su percezioni personali di ingiustizia. La valutazione della legittimità dell’azione del pubblico ufficiale e della conseguente reazione del privato deve ancorarsi a elementi oggettivi e verificabili. Questa decisione serve come monito: la resistenza e la violenza contro le forze dell’ordine sono reati gravi e la loro giustificazione richiede presupposti rigorosi, che vanno ben oltre il semplice dissenso o la convinzione di aver subito un torto.

Quando è giustificata la reazione violenta contro un pubblico ufficiale?
La reazione è giustificata ai sensi dell’art. 393-bis del codice penale solo se rappresenta una risposta a un atto effettivamente arbitrario del pubblico ufficiale. La giustificazione sussiste anche in forma putativa, ma solo se si basa su un errore di fatto fondato su dati concreti e oggettivi, tali da ingenerare il ragionevole convincimento di essere vittima di un abuso.

È sufficiente credere soggettivamente che l’atto di un pubblico ufficiale sia ingiusto per poter reagire?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha specificato che la giustificazione non può basarsi su un mero criterio soggettivo. L’imputato deve dimostrare l’esistenza di dati fattuali concreti che, valutati ex ante, possano giustificare il suo erroneo convincimento di subire un atto arbitrario.

Per quale motivo la Cassazione ha ritenuto infondata la richiesta di applicare l’art. 393-bis c.p. nel caso specifico?
La Corte ha ritenuto la richiesta manifestamente infondata perché i giudici di merito avevano accertato, in modo non illogico, la piena legittimità dell’operato dei carabinieri. Di conseguenza, la reazione dell’imputato è stata considerata del tutto sproporzionata e priva di qualsiasi fondamento nella “ragionevole convinzione di essere vittima di un atto arbitrario”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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