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Reazione ad atti arbitrari: quando è legittima?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino accusato di resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato sosteneva di aver agito per una reazione ad atti arbitrari, ma i giudici hanno confermato che l’operato degli agenti, volto a impedire l’accesso a un alloggio occupato abusivamente, era legittimo e non arbitrario, rendendo ingiustificabile la violenta reazione.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reazione ad atti arbitrari: la Cassazione chiarisce i limiti

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 7516 del 2025, offre un’importante occasione per approfondire il concetto di reazione ad atti arbitrari (art. 393 bis c.p.), una causa di non punibilità che giustifica la reazione del cittadino contro un pubblico ufficiale. Il caso esaminato riguarda un individuo che, accusato di resistenza e lesioni, ha invocato tale esimente sostenendo che l’azione degli agenti di Polizia Municipale fosse illegittima. La Corte ha però rigettato questa tesi, delineando con chiarezza i confini tra un legittimo atto d’ufficio e un comportamento arbitrario.

I fatti del caso

La vicenda ha origine da un controllo di Polizia Municipale relativo all’occupazione abusiva di un alloggio popolare. Gli agenti, giunti sul posto, impedivano all’indagato di accedere all’immobile. Ne scaturiva una reazione inizialmente intimidatoria e verbale da parte dell’uomo, che degenerava rapidamente in atti di aggressione fisica. La situazione culminava quando l’individuo, a bordo di un’auto, tentava di investire i due agenti per darsi alla fuga, spinto anche da un’altra persona che lo incitava a ‘buttarli all’aria’.

Il Tribunale del Riesame confermava la misura cautelare per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali, pur escludendo il più grave reato di tentato omicidio. Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso in Cassazione.

La tesi difensiva sulla reazione ad atti arbitrari

Il ricorrente basava la sua difesa su tre punti principali:

1. Violazione di legge per mancato riconoscimento dell’esimente: Si sosteneva che la reazione fosse scaturita dall’atteggiamento arbitrario degli agenti, che gli avevano impedito di rientrare in casa.
2. Errata valutazione dei fatti: L’investimento del Vice Commissario veniva descritto come accidentale, data la moderata velocità del veicolo e la conformazione dei luoghi.
3. Carenza delle esigenze cautelari: La valutazione negativa sulla personalità dell’indagato si sarebbe fondata unicamente su un precedente isolato e datato.

L’argomento centrale era dunque quello della reazione ad atti arbitrari, secondo cui il comportamento degli agenti avrebbe superato i limiti del legittimo esercizio delle loro funzioni, giustificando la reazione violenta.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure una mera rilettura dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Nel merito, i giudici hanno smontato la tesi difensiva punto per punto.

Innanzitutto, la Corte ha definito cosa si intende per ‘atto arbitrario’: un comportamento che, anche solo nelle modalità, si ponga in maniera disfunzionale rispetto al fine per cui il potere è conferito, ovvero con uno ‘sviamento di potere’. Nel caso specifico, l’azione degli agenti di impedire l’accesso a un alloggio occupato abusivamente e di procedere all’identificazione del soggetto rientrava pienamente nei loro doveri d’ufficio. Non vi era, pertanto, alcun elemento di arbitrarietà che potesse giustificare la reazione dell’imputato.

La reazione violenta, inoltre, non era un gesto estemporaneo ma si inseriva in una continuità di atteggiamenti intimidatori e provocatori assunti sin dall’arrivo degli agenti. L’ipotesi dell’investimento accidentale è stata categoricamente smentita, evidenziando come l’imputato avesse agito deliberatamente per fuggire, anche a costo di travolgere gli ufficiali, come confermato dalla frase ‘va vai buttali all’aria’.

Infine, la valutazione sulla pericolosità sociale è stata ritenuta corretta, non solo per i precedenti specifici, ma soprattutto per la ‘ingravescenza immotivata’ della reazione, indicativa di una personalità restia al rispetto delle regole.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’esimente della reazione ad atti arbitrari non può essere invocata quando il pubblico ufficiale agisce nell’ambito delle proprie legittime funzioni. Per potersi parlare di arbitrarietà, è necessario che l’atto del pubblico ufficiale sia palesemente ingiusto e sproporzionato, eccedendo i limiti del potere conferitogli. Un cittadino non può opporsi con la violenza a un legittimo atto d’ufficio, come un controllo o un’identificazione, anche se percepito come sgradito. La decisione sottolinea come la valutazione dei fatti spetti ai giudici di merito e come la Cassazione non possa sostituire la propria interpretazione, ma solo verificare la logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato.

Quando la reazione di un cittadino a un atto di un pubblico ufficiale è considerata legittima?
Secondo la sentenza, la reazione è legittima solo se l’atto del pubblico ufficiale è ‘arbitrario’, ovvero quando il comportamento, anche solo per le modalità di attuazione, è disfunzionale rispetto allo scopo per cui il potere è stato conferito. Un atto legittimo, seppur sgradito, non giustifica mai una reazione violenta.

Impedire l’accesso a un alloggio occupato abusivamente è un atto arbitrario da parte della polizia?
No. La Corte ha stabilito che impedire a un soggetto di accedere a un alloggio popolare occupato abusivamente, al fine di compiere atti d’ufficio come l’identificazione e l’accertamento del fatto, non è un atto arbitrario, ma rientra nei doveri del pubblico ufficiale.

Un ricorso in Cassazione può essere basato su una diversa interpretazione dei fatti rispetto a quella dei giudici di merito?
No, il ricorso in Cassazione è precluso se si limita a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la legittimità e la coerenza logica della motivazione della decisione impugnata, non di riesaminare e reinterpretare le prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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