LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reazione ad atti arbitrari: quando è giustificata?

Un cittadino viene condannato per oltraggio, minacce e percosse ai danni di un medico durante una visita domiciliare alla madre anziana. La reazione era scaturita da una frase ritenuta non professionale del sanitario. La Corte di Cassazione ha escluso la scriminante della reazione ad atti arbitrari, ritenendo la frase del medico non sufficientemente grave e la reazione del cittadino manifestamente sproporzionata. Tuttavia, ha annullato la sentenza con rinvio per un errore nel calcolo della pena.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reazione ad Atti Arbitrari: la Cassazione traccia i confini della legittimità

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 8628/2025, offre un importante chiarimento sui limiti della reazione ad atti arbitrari di un pubblico ufficiale. Il caso, che vede un cittadino reagire in modo violento a una frase ritenuta inopportuna di un medico, permette di analizzare quando un comportamento possa essere considerato ‘arbitrario’ al punto da giustificare una reazione e quali siano i confini della proporzionalità. La Suprema Corte, pur riconoscendo la natura non professionale dell’espressione usata dal sanitario, ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità, sottolineando la sproporzione della condotta dell’imputato.

I Fatti di Causa

Un uomo veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di oltraggio a pubblico ufficiale, percosse e minaccia, commessi ai danni del medico che stava visitando la sua anziana madre. Durante la visita, il medico pronunciava la frase: «ma insomma è anziana ‘sta donna, come dobbiamo fare?». Questa espressione, percepita come offensiva e poco professionale, scatenava la reazione dell’uomo, che si traduceva in insulti, minacce e un’aggressione fisica.
La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado e riducendo la pena a sei mesi di reclusione, confermava la responsabilità penale dell’imputato, escludendo che la condotta del medico potesse integrare un atto arbitrario o una provocazione giuridicamente rilevante.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Erronea applicazione dell’art. 393-bis c.p.: Si sosteneva che la frase del medico costituisse un atto arbitrario, in quanto contraria ai doveri di cura e rispetto del paziente, tale da giustificare la reazione del figlio.
2. Mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione: In subordine, si chiedeva di riconoscere che la condotta del medico, violando i doveri deontologici, avesse causato uno stato d’ira tale da integrare l’attenuante prevista dall’art. 62, n. 2, c.p.
3. Mancata applicazione delle pene sostitutive: Si contestava la decisione della Corte di non applicare pene alternative alla detenzione, senza una motivazione adeguata riguardo all’inadeguatezza di tali misure rispetto ai precedenti penali dell’imputato.

L’analisi della reazione ad atti arbitrari secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i primi due motivi di ricorso, fornendo una chiara interpretazione dei presupposti per l’applicazione della scriminante della reazione ad atti arbitrari. I giudici hanno specificato che, per essere definito ‘arbitrario’, un atto non deve essere solo illegittimo, ma anche connotato da un difetto di congruenza tra le modalità e le finalità della funzione pubblica, violando elementari doveri di correttezza e civiltà. Nel caso di specie, la frase del medico, seppur giudicata ‘non professionale’, è stata qualificata come una ‘cruda presa d’atto’, priva di quella ‘marcata inurbanità e sconvenienza’ necessarie per essere considerata un atto arbitrario capace di giustificare la reazione.

La Proporzionalità della Reazione e l’Attenuante

Anche riguardo all’attenuante della provocazione, la Corte ha sottolineato un principio fondamentale: la proporzionalità. La reazione dell’imputato è stata giudicata ‘manifestamente sproporzionata’. Essa non si è limitata a una risposta verbale, ma è trasmodata in un crescendo di minacce e percosse, esondando dai limiti di un collegamento psicologico ed eziologico con il fatto scatenante. In sostanza, anche se provocata, la reazione deve mantenersi entro certi limiti di adeguatezza, cosa che non è avvenuta nel caso in esame. La Corte ha comunque evidenziato che i giudici di merito avevano già tenuto conto del contesto concedendo le attenuanti generiche.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i motivi di ricorso relativi alla qualificazione della condotta del medico e alla proporzionalità della reazione. Tuttavia, ha rilevato d’ufficio un profilo di illegalità nella determinazione della pena. La condanna includeva il reato di percosse (art. 581 c.p.), che rientra nella competenza del Giudice di Pace ed è punito con la sola pena pecuniaria. La Corte d’Appello, nel calcolare l’aumento di pena per la continuazione tra i reati (art. 81 c.p.), aveva erroneamente applicato un aumento di pena detentiva (sedici giorni) invece di considerare la natura pecuniaria della sanzione per le percosse e applicare i corretti criteri di ragguaglio. Questo errore procedurale costituisce un’illegalità della pena che non poteva essere sanata.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza viene annullata, ma solo limitatamente al calcolo della pena, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello per la corretta rideterminazione. Il resto del ricorso è stato rigettato. La decisione riafferma due principi cardine: primo, la nozione di ‘atto arbitrario’ ai sensi dell’art. 393-bis c.p. richiede una condotta del pubblico ufficiale palesemente ingiusta e prevaricatrice, non una mera inopportunità o mancanza di professionalità; secondo, qualsiasi reazione, anche se provocata, deve essere proporzionata al fatto ingiusto subito, altrimenti non può essere né giustificata né attenuata oltre i limiti già valutati dal giudice.

Un’espressione non professionale di un medico è sufficiente a costituire un ‘atto arbitrario’ che giustifica una reazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per configurare un atto arbitrario non basta un comportamento non professionale, ma è necessaria una condotta connotata da ‘marcata inurbanità e sconvenienza’ che violi elementari doveri di correttezza e civiltà, tale da poter essere qualificata come illegittima.

La reazione violenta del cittadino può essere giustificata se la frase del pubblico ufficiale è ritenuta offensiva?
No. La reazione deve essere proporzionata al fatto scatenante. Una reazione che trasmoda in minacce e percosse a fronte di un’espressione verbale, per quanto inopportuna, è considerata ‘manifestamente sproporzionata’ e non può essere scriminata né beneficiare dell’attenuante della provocazione in modo assorbente.

Cosa accade se la pena per un reato continuato viene calcolata in modo errato?
Se la pena viene calcolata illegalmente, ad esempio applicando un aumento di pena detentiva per un reato satellite punito solo con pena pecuniaria (come le percosse), la Corte di Cassazione annulla la sentenza limitatamente a tale punto e rinvia il caso a un’altra Corte d’Appello per la corretta rideterminazione della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati