Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7587 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7587 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 08/08/1996
avverso la sentenza del 10/05/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma in appello della condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 337 cod. pen., per la mancata applicazione delle esimenti di cui agli artt. 52 e 393 bis cod. pen. – deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi dedotti sono manifestamente infondati. Invero, la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità dell’imputato in ordine al reato contestato evidenziando in modo adeguato le condotte violente e minacciose poste in essere dal predetto per opporsi agli operanti (in particolare egli, detenuto in Istituto penitenziario in regime di isolamento, a fronte del diniego verbalmente ricevuto di ricevere la documentazione relativa a detto collocamento “è passato alle vie di fatto, dapprima spintonando l’agente COGNOME e quindi procedendo con gli spintoni in danno degli altri agenti frattanto intervenuti che lo stavano conducendo in cella”); condotta che, in modo non illogico, la sentenza impugnata ha ritenuto minacciosa e aggressiva e idonea a coartare la volontà degli operanti. In tal modo, la sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio secondo cui sussiste il delitto di cui all’art. 337 cod. pen., e non quelli di ingiuria minaccia, quando il comportamento aggressivo nei confronti del pubblico ufficiale è – come nel caso di specie – diretto a costringere il soggetto a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio, trascendendo la mera espressione di volgarità ingiuriosa o di atteggiamento genericamente minaccioso, essendo invece finalizzato ad incidere sull’attività dell’ufficio o del servizio (Sez. 6, n. 23684 del 14/05/2015, COGNOME, Rv. 263813 – 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato che inammissibile risulta il motivo con il quale si eccepisce la sussistenza della causa di giustificazione della legittima difesa; sul punto, la Corte territoriale ha correttamente evidenziato che, pur essendo risultato il regime detentivo applicato carente dei presupposti di legittimità, nondimeno la reazione violenta posta in essere dall’imputato a fronte del diniego di fornirgli la documentazione esula dall’ambito applicativo dell’art. 52 cod. pen., atteso che la relativa esimente è configurabile quando vi sia un’aggressione ingiusta, che determina l’attualità del pericolo, intesa come l’esistenza di una situazione di attacco illegittimo di un diritto tutelato, la cui cessazione dipende necessariamente dalla reazione difensiva, come atto diretto a rimuovere la causa di imminente pericolo; situazione, questa, all’evidenza insussistente nel caso in esame, poiché, come evidenziato dalla sentenza impugnata, deve escludersi che la illegittimità del
provvedimento di collocamento in regime di isolamento possa giustificare condotte aggressive poste in essere a danno degli operatori di Polizia penitenziaria che stavano svolgendo le proprie funzioni “in contesti spazio-temporali e in specie soggettivi del tutto eterogenei rispetto a quello genetico del provvedimento medesimo”;
Rilevato ancora che, correttamente, la Corte territoriale ha escluso la sussistenza dell’esimente di cui all’art. 393 bis cod. pen. Invero, da un punto di vista oggettivo, questa Sezione ha già precisato come ai fini dell’applicabilità di detta scriminante, la reazione del privato può dirsi giustificata a fronte di un comportamento oggettivamente illegittimo del pubblico agente che sia disfunzionale – anche solo per le modalità scorrette, incivili e sconvenienti di attuazione – rispetto al fine per cui il potere è conferito (Sez. 6, n. 7255 de 26/11/2021 – dep. 01/03/2022, COGNOME, Rv. 282906 – 01); presupposti, questi, all’evidenza non sussistenti nel caso di specie: per un verso, la condotta degli operanti, che non hanno consegnato la documentazione al detenuto, non era di per sé illegittima; per altro verso, la Corte di appello dà atto che i predetti “stavano dando esecuzione in maniera corretta e rispettosa perfino della continenza alle direttive loro impartite per casi simili” (circostanze non smentite nel ricorso). Adeguata è altresì la motivazione con la quale detta causa di giustificazione è stata esclusa anche sotto il profilo putativo. Al riguardo, infatti, tale esimente putativa sussiste nel solo caso in cui ricorra un effettivo errore sul fatto, che deve basarsi non su un mero criterio soggettivo, ma su dati fattuali concreti, che l’imputato ha l’onere di allegare, tali da giustificare, in base a una valutazione “ex ante”, l’erroneo convincimento, in capo all’agente, di trovarsi in tale stato (Sez. 2, n. 22903 del 01/02/2023, COGNOME, Rv. 284727 – 02); Ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/01/2025