Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11083 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11083 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato a Canicattì il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Caltanissetta il 04/0 4 /2023, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; letta la memoria difensiva di replica depositata dal difensore dell’imputato, a AVV_NOTAIO, che ha ribadito e puntuaiizzato le argomentazioni svolte
nel ricorso introduttivo;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Caltanissetta, in riforma della sentenza del Tribunale di Gela, che lo aveva assolto dal reato di cui all’art. 336 cod. proc’ pen. perché il fatto non costituisc reato, ne ha disposto la condanna alla pena di mesi 4 di reclusione, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva.
All’imputato è contestato il reato di cui all’artt. 336 cod. pen., per avere minacciato di morte i pubblici ufficiali che procedevano all’arresto del figli NOME, sorpreso al di fuori della abitazione sebbene sottoposto alla detenzione domiciliare, profferendo le espressioni: “…ora trovo un fucile e ti ammazzo, anzi a tutti e due! Non capite un cazzo, è uscito per prendere degli attrezzi per motore dell’acqua” ed ancora, durante il l’accompagnamento in caserma “vi ammazzo, vi faccio ammazzare, portatemi in carcere che parlo con dei miei amici e, appena esco vi faccio ammazzare, basta essere carabinieri, pezzo di bastardi!”, e ciò al fine di costringere i militari ad omettere atti del l ufficio, consistenti nella identificazione e comunicazione all’Autorità giudiziaria dei fatti cui avevano assistito.
dut GLYPH 2. Il ricorso proposto dal difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, consta di motivi, di seguito sintetizzati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. pen.
2.1 Con il primo, la difesa lamenta violazione dell’art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. ed illogicità motivazionale
La Corte di appello, riformando la sentenza assolutoria di primo grado, ha violato l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva resa dal teste NOME COGNOME (limitando la rinnovazione al solo esame dei testi NOME COGNOME e NOME COGNOME) e l’obbligo di motivazione rafforzata.
I Giudici di appello hanno omesso di valutare anche solo la deposizione resa in primo grado da COGNOME, mentre è stata ritenuta imprecisa e lacunosa quella del teste COGNOME, il quale ha negato che NOME avesse profferito minacce.
2.2. Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione, con riguardo alla esclusione da parte del giudice di secondo grado della causa di giustificazione di cui all’art. 393-bis cod. pen. in forma putativa, ai sensi dell’art. 59, comma 4,
cod. proc. pen., che avrebbe dovuto essere invece essere riconosciuta in ragione della assoluzione di NOME dal reato di evasione.
Il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso nei termini in epigrafe riportati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per le ragioni che di seguito si espongono.
2.Va premesso che, con una pronuncia estremamente sintetica, il Tribunale di Gela aveva applicato a NOME COGNOME la scriminante di cui all’art. 393-bis cod. pen., in forma putativa, sul presupposto che l’imputato avesse ragionevolmente percepito come un sopruso la privazione della libertà de! figlio, tratto in arresto per evasione dalla detenzione domiciliare nelle immediate adiacenze dell’abitazione ove era ristretto, dalla quale si era allontanato solo per restituire un attrezzo adoperato per una riparazione.
A riprova del carattere vessatorio e prevaricatore dell’agire dei militari operanti, senza mai vagliare la condotta dagli stessi tenuta, il Tribunale richiamava la intervenuta assoluzione, con sentenza divenuta irrevocabile, del figlio del ricorrente dal reato di evasione,
Tanto precisato, il primo motivo, inerente alla violazione del duplice obbligo, di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva e di motivazione rafforzata, è generico e manifestamente infondato.
Le due decisioni di merito non divergono nella ricostruzione della condotta dell’imputato, pacificamente ritenuta nella sua materialità oggettiva anche dal giudice di primo grado, bensì in relazione alla configurabilità dell’esimente, sicché non era in discussione la valutazione della prova dichiarativa, quale presupposto dell’obbligo di riedizione della prova ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen.
Sotto altro profilo, deve evidenziarsi che in sede di appello è intervenuta rinuncia ad esaminare il teste COGNOME, il cui esame era dunque ultroneo, avendo questa Corte già avuto modo di affermare che il giudice di appello, che, in base a una diversa valutazione della prova dichiarativa, condanni l’imputato assolto in primo grado, non deve procedere al nuovo ascolto dei testimoni, quando le parti abbiano concordemente rinunciato alla rinnovazione dell’istruttoria. (Sez. 5, n. 46855 del 11/11/2022, COGNOME, Rv. 283879 – 01; nello stesso senso Sez. 5, n. 2493 del 16/12/2019, dep. 2020, Romei, Rv. 278294 – 01). Ciò perché la
violazione dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. radica una nullità generale a regime intermedio, che non può essere eccepita da chi, con la propria rinuncia, ha contribuito a darvi causa e non può, dunque, essere rilevata d’ufficio dal giudice di legittimità.
Parimenti insussistente è la dedotta violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata, del quale non ricorrono i presupposti costitutivi, come delineati dalla giurisprudenza di questa Corte.
4.1. Il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare nella motivazione della sentenza le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 3:3748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679 – 01 ). In seguito, si è ritenuto che, anche la riforma ai soli fini civili d sentenza assolutoria di primo grado, operato sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, determina l’obbligo di rinnovare l’istruzione dibattimentale, anche d’ufficio. (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489 – 01).
Deve .poi aggiungersi che l’obbligo di motivazione rafforzata della sentenza di appello, previsto in caso di riforma della sentenza assolutoria, è concorrente, e non alternativo, con quello di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la sentenza di appello che ribalti la decisione assolutoria di primo grado, con condanna dell’imputato, postula sia l’adozione di una motivazione rafforzata che la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep. 2023, B., Rv. 284493 – 03).
Tuttavia, deve anche evidenziarsi che l’obbligo de quo vertitur va parametrato sui contenuti della sentenza di primo grado e non sussiste nel caso in cui il provvedimento assolutorio abbia un contenuto motivazionale generico e meramente assertivo, atteso che, in tale ipotesi, non vi è neppure la concreta possibilità di confutare argomenti e considerazioni alternative del primo giudice, essendo la decisione di appello l’unica realmente argomentata (Sez. 6 n. 11732 del 23/11/2022, dep. 2023, S., Rv. 284472 – 01; Sez. 5, n. 12783 del 24/01/2017, Caterino, Rv. 269595).
Nel caso in esame, il Tribunale aveva ritenuto in termini del tutto assertivi che la condotta dei militari operanti fosse stata improntata a vessazione, sopruso, prevaricazione e prepotenza nei confronti del figlio del
ricorrente, valorizzando il solo dato della assoluzione di costui, senza nulla specificare in ordine alle ragioni di tale esito proscioglitivo.
Il ricorrente aveva l’onere di allegare possibili indicatori di arbitrio, quali non è traccia nella motivazione della sentenza di primo grado.
Al contrario, con motivazione stringata, ma esauriente, la Corte d’appello ha ritenuto attendibile la persona offesa COGNOME, per avere reso dichiarazioni esaustive, lineari e costanti nel tempo nella ricostruzione del nucleo essenziale della vicenda. Ha poi motivato la legittimità dell’operato arresto, evidenziando che il detenuto domiciliare si tratteneva al di fuori del luogo di esecuzione della misura e che le modalità esecutive dell’intervento, eseguito nell’esercizio delle prerogative dei pubblici ufficiali, non potevano di certo giustificare le espressioni intimidatorie avute dal ricorrente.
Alla luce di tali elementi non può negarsi che la sentenza impugnata . r i e tedew-e , :.”Te evidenzi una superiore forza esplicativa rispetto a quella ptt sc gUriZqí- resa in primo grado.
5. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto ch regolano l’applicazione della scriminante putativa invocata dalla difesa.
L’art. 393-bis cod. pen. prevede una causa di giustificazione fondata sul diritto del cittadino di reagire all’aggressione arbitraria dei propri diritti, che essere applicata anche nelle ipotesi putative di cui all’art. 59, comma quarto, cod. pen., quando il soggetto “abbia allegato dati concreti, suffraganti il proprio ragionevole convincimento di essersi trovato, a causa di un errore sul fatto, di fronte ad una situazione che, se effettiva, avrebbe costituito atto arbitrario del pubblico ufficiale”. (Sez. 2, n. 22903 del 01/02/2023, COGNOME, Rv. 284727-02; Sez. 5, n. 45245 del 25/10/2021, COGNOME, Rv. 284222-02; Sez. 6, n. 25314 del 20/05/2021, COGNOME, Rv. 282687-01; Sez. 6, n. 25309 del 19/05/2021, COGNOME, Rv. 281955-02; Sez. 6, n. 4457 del 16/10/2018, COGNOME, Rv. 274983-01).
Va evidenziato che, a tali fini, l’errore del privato che può assumere rilevanza è solo l’errore sul fatto, e non invece l’errore che si traduca in un errore di diritto. Non può pertanto rilevare l’errore del privato nel qualificare come arbitrario un atto in realtà legittimo; il privato, a causa dell’errore, deve riten di versare concretamente in una situazione di fatto, che se effettiva, renderebbe applicabile la causa di giustificazione.
Come per tutte le cause di giustificazione, di cui si invochi l’applicazione in forma putativa, fa carico all’imputato un onere di allegazione, non potendo tale applicazione basarsi su un mero criterio soggettivo, bensì su dati di fatto
concreti, tali da giustificare l’erroneo convincimento (tra le molte,Sez. 6, n. 4114 del 14/12/2016, dep. 2017, G, Rv. 269724-01).
Per altro verso, va ribadito che l’accertamento relativo alla scriminante in forma putativa deve essere effettuato con un giudizio “ex ante” calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in sé considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all’azione che possano aver avuto concreta incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover reagire ad un atto arbitrario (Sez. 4, n. 24084 del 28/02/2018, COGNOME, Rv. 273401; Sez. 6, n. 4457 del 16/10/2018, COGNOME, Rv. 274983-01).
Tale onere di allegazione non è stato assolto.
6. Alla inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma, determinata in via equitativa nella misura di euro tremila, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. :186 del 13/06/2000).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/11/2023