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Reazione a pubblico ufficiale: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per lesioni e violenza a seguito di un controllo di polizia durante la crisi pandemica. Il ricorrente aveva invocato la scriminante della reazione a pubblico ufficiale, ma la Corte ha confermato la decisione di merito, sottolineando che l’appello non specificava in cosa consistesse l’asserita illegittimità dell’operato degli agenti e che la condotta violenta escludeva la concessione di attenuanti.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reazione a pubblico ufficiale: quando il ricorso è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21242 del 2024, ha affrontato un caso di violenza e lesioni durante un controllo di polizia, chiarendo i limiti della causa di non punibilità per reazione a pubblico ufficiale. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere quando un ricorso contro una condanna può essere ritenuto inammissibile, specialmente se le argomentazioni sono una mera riproposizione di questioni già valutate e respinte nei gradi di giudizio precedenti.

I fatti del caso

Un giovane veniva condannato dalla Corte d’Appello di Palermo per i reati commessi ai danni di alcuni agenti di polizia. I fatti si erano svolti durante un controllo per il rispetto delle normative anti-pandemia. L’imputato, invece di collaborare all’identificazione, aveva reagito con una condotta violenta e minacciosa, causando lesioni agli agenti.

Contro la sentenza di condanna, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa principalmente su due punti: l’esistenza della causa di giustificazione prevista dall’art. 393-bis del codice penale (reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale) e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione della Corte territoriale. Gli Ermellini hanno ritenuto che i motivi del ricorso fossero semplici riproduzioni di questioni già esaminate e correttamente rigettate dalla Corte d’Appello, senza introdurre elementi di novità o critiche pertinenti alla logicità della sentenza impugnata.

La reazione a pubblico ufficiale nel caso specifico

Un punto centrale dell’analisi della Corte riguarda l’applicazione dell’esimente della reazione a pubblico ufficiale. La Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente escluso tale giustificazione. Il motivo è semplice ma decisivo: il ricorrente non era stato in grado di specificare quale fosse stato l’atto illegittimo o arbitrario commesso dai pubblici ufficiali. Gli agenti stavano semplicemente svolgendo il loro dovere, cercando di identificare una persona in violazione delle norme vigenti in un periodo di grave emergenza sanitaria. Pertanto, in assenza di un atto arbitrario, la reazione violenta non può essere giustificata.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una logica giuridica stringente. In primo luogo, è stato ribadito che per invocare l’esimente dell’art. 393-bis c.p., non è sufficiente una percezione soggettiva di ingiustizia, ma è necessario dimostrare l’esistenza concreta di un atto arbitrario del pubblico ufficiale, ovvero un’azione che travalica i limiti delle proprie funzioni.

In secondo luogo, la Corte ha confermato la natura dolosa delle lesioni. L’azione violenta posta in essere dall’imputato durante l’intervento delle forze dell’ordine era chiaramente intenzionale e non poteva essere considerata di natura colposa.

Infine, è stato negato il riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte ha sottolineato che nessun elemento positivo era stato fornito dalla difesa. Anzi, la condotta gratuitamente violenta e minacciosa assunta durante il controllo rappresentava un fattore ostativo alla concessione di qualsiasi sconto di pena.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione stabilisce che un ricorso basato sulla ripetizione di argomenti già confutati è destinato all’inammissibilità. La conseguenza diretta per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. La decisione riafferma un principio cruciale: la tutela accordata ai cittadini contro eventuali abusi dei pubblici ufficiali non può mai diventare un pretesto per giustificare reazioni violente e sproporzionate a fronte di legittimi controlli di polizia.

Quando è possibile invocare la scriminante della reazione a un atto arbitrario del pubblico ufficiale?
Secondo la Corte, per invocare tale causa di giustificazione, è necessario che l’atto del pubblico ufficiale sia oggettivamente arbitrario e illegittimo, e la persona che reagisce deve essere in grado di specificare in cosa consista tale arbitrarietà. Nel caso di specie, il ricorrente non ha saputo indicare alcun atto illegittimo compiuto dagli agenti.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano una mera riproduzione di questioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove e fondate critiche alla logicità della sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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